AQUARAMA – AL TELESCOPIO, SENZA CONFINI
Teleskop è l’ultimo lavoro degli Aquarama: abbiamo incontrato Guglielmo e Dario per farci raccontare meglio la loro ultima fatica in studio
di Alessandra Giordano
Guglielmo Torelli e Dario Bracaloni sono i due musicisti dietro al progetto Aquarama, che dal 24 gennaio scorso si è arricchito di un nuovo capitolo, Teleskop, uscito su tutte le piattaforme di streaming per l’italiana Fresh Yo! Records, la francese Sand Music e la tedesca Pop Up Records (la distribuzione è di Peer Music). Un triplice sostegno al progetto che ben sottolinea l’internazionalità di Aquarama: già con il primo disco, Riva (Irma Records, 2017) Guglielmo e Dario avevano avuto la possibilità, grazie al supporto di Italia Music Export di SIAE, di suonare all’estero insieme a Vinicio Capossela, Lo Stato Sociale e Calibro 35, totalizzando a fine tour oltre 90 date tra il nostro Paese e la Francia. Riferimenti alla black music e ai suoni tropicali, ma anche tanto pop scelto con cura, sono gli “ingredienti” che compongono la ricetta di Teleskop: al suo interno ci troviamo nove tracce, sempre con testi in inglese, e non mancano incursioni vocali esterne, in questo caso ci sono quelle di Erika Boschi, Kavinya Monthè Ndumbu e Serena Altavilla. Dopo i primi concerti in Francia, abbiamo incontrato Dario e Guglielmo al termine delle date che hanno fatto a Milano, Varese e Torino.
Iniziamo dal principio: come vi siete conosciuti?
Ci siamo conosciuti a Firenze, tra locali e concerti. Dopo lo scioglimento della vecchia formazione in cui militava Dario, si è presentata l’opportunità di fare qualche jam assieme. In breve ci siamo resi conto di avere riferimenti e gusti musicali molto simili e, annoiati di suonare assieme senza una progettualità precisa, abbiamo iniziato a pensare ad Aquarama per sognare il mare dalla città.
Tra Riva, uscito ad aprile del 2017, e il recente Teleskop, ci sono stati cambiamenti che hanno influenzato il vostro modo di pensare alla musica? A livello personale, quanto vi sentite trasformati?
Sicuramente gli oltre 90 concerti di Riva ci hanno fatto fare numerosi passi in avanti come musicisti ed esecutori. In generale tutta l’esperienza fatta con il primo album ci ha fatto entrare nelle dinamiche del mondo della discografia e della musica vissuta in senso professionale. Si tratta di un approccio ben diverso da quello ricreativo ed evasivo, che in precedenza ha caratterizzato entrambi se non per qualche sporadica esperienza. Questo, ça va sans dire, ha avuto degli effetti sulle nostre vite e persone.
La vostra proposta è per sua natura contaminata, nei testi così come nelle diverse influenze che la compongono. È una visione che vuole sorpassare diversi confini. Cosa rappresenta per gli Aquarama il concetto di confine?
Quello che facciamo è senz’altro figlio dei nostri ascolti. Sebbene adoriamo molta musica italiana, la grande maggioranza della musica che ascoltiamo è americana, inglese, brasiliana, africana, ecc. La scelta di cantare in inglese ne è una conseguenza ma è anche un intento programmatico: volevamo e vogliamo girare il mondo con e grazie alla nostra musica e, in questo senso, i confini sono soltanto un impiccio. In generale non crediamo molto nelle divisioni, ci piacciono di più le dinamiche comunitarie.
Il mare è un elemento ricorrente e quasi indispensabile nelle vostre creazioni…
Su Riva era decisamente indispensabile! Rappresentava un’idea di esotica evasione e di sogno melanconico ma, se si leggono bene i testi del nuovo lavoro, ci si accorge che lo sguardo è stato rivolto altrove. In questo senso Summer’s Gone su Teleskop è un piccolo manifesto surreale di questo intento.
Troviamo il mare nel vostro nome (Aquarama è un tributo a un motoscafo storico italiano, NdR) e anche nei vostri artwork, sia in quello di Riva, curato dall’illustratrice francese Clèmente Chatel, che in quello di Teleskop, di cui si è invece occupato Cripsta. Cosa racconta l’immagine che avete scelto per la cover del vostro ultimo lavoro?
Descrive una posizione geografica, una stagione dell’anno e indica una direzione verso cui è rivolto lo sguardo dell’osservatore. Mostra i due campi di indagine per eccellenza del telescopio: il mare – come detto a noi caro – ed il cielo.

La cover di ‘Teleskop’ degli Aquarama realizzata da Cripsta
In Bubble-Gun, brano costruito sulle citazioni di Muhammad Ali, ci sono i cori di Erika Boschi. Perché questo brano necessitava di una voce in più?
Bubble-Gun è un brano pop che con la melodia invita a ribellarsi alle storture del mondo digitale in cui siamo, più o meno consapevolmente, immersi. Citiamo Ali perché meglio di chiunque altro ha incarnato l’eccellenza nel proprio campo e la fede incrollabile in convinzioni che noi stessi sposiamo: la libertà di culto, l’uguaglianza e l’autodeterminazione. Ma citiamo anche i tropicalisti brasiliani e il loro manifesto, molto importante perché professava la libertà di espressione nel peggior momento della storia politica brasiliana. Il brano aveva bisogno di un respiro corale e una voce femminile ci sembrava la scelta più adatta per ottenerlo; Erika è una bravissima cantante dalla voce cristallina, potete andare ad ascoltare la sua band Sinedades per averne ulteriore prova. Nel disco compaiono altre due coriste, la keniota Kavinya Monthè Ndumbu – per la cui voce non troviamo aggettivi, se non “sbalorditiva” – e la divina Serena Altavilla che, fra gli altri, ha collaborato anche con i Calibro 35. Averle sul disco è stata un’opportunità eccezionale.
In Teleskop, per ricreare le sfumature da voi ricercate, avete utilizzato delle strumentazioni in particolare?
Rispetto al suo predecessore la palette sonora si è sicuramente allargata, seppure il sound complessivo sia rimasto fedele al tragitto già intrapreso. È sempre importante, per far sì che ogni brano abbia la propria identità all’interno di una cornice globale, sperimentare con i nostri strumenti. Immaginare altri modi e altri suoni è la parte più divertente del lavoro!!!
Rappresentate bene l’eterogeneità che delinea la scena contemporanea italiana: che cosa pensate distingua il vostro progetto rispetto ad altri? Qual è, insomma, la vostra sfida musicale?
Abbiamo cercato di fare una sintesi fra i nostri ascolti, che sono piuttosto vari, mantenendo un’attitudine alla melodia che denunciasse la nostra provenienza geografica. Questa è un po’ la sfida alla base di Aquarama, cercare di creare qualcosa di made in Italy in un formato internazionale, comprensibile e apprezzabile all’estero, un po’ quello che rappresenta il “motoscafo Aquarama”!!!
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