12H, LA VIDEO PLAYLIST DEL 3 MARZO
12H è una playlist con i pezzi più belli usciti nell’ultima settimana, perché ci sono sempre nuove e belle canzoni da ascoltare
di Carlotta Sisti
Propongo di abolire la frase “dopo le proteste dei fan”. Ovviamente mi riferisco alla tristezza della reazione a Ultimo Concerto, quando, fedeli alla linea della repubblica degli indignati, dopo aver capito che non ci sarebbe stato nessun live in streaming, tantissimi spettatori schiumanti di rabbia hanno urlato alla truffa, al tradimento, hanno digitato tutto il loro bisogno non soddisfatto di svago e gne gne gne. Propongo di abolire la frase “dopo le proteste dei fan” perché queste non sono proteste, la protesta era quella dei musicisti, gestori di locali, attrezzisti, fonici, baristi e tutti i lavoratori del mondo della musica live, bensì lagne petulanti scevre di qualunque empatia e di qualunque tentativo di ragionare sul perché della scelta del silenzio invece della musica (che poi: c’è davvero bisogno di spiegarlo?) e quelli non sono manco fan, sono altro, e qui mi fermo, che sento già la shit storm bussare sulla spalla.
Faccio coming out: mi sono collegata al sito di Ultimo Concerto controvoglia, l’ho fatto un po’ mossa dall’idea che andava fatto, non perché bramassi davvero dei concerti in streaming, che quelli, in un anno di tentativi, mi sa che li sa fare giusto Dua Lipa, ma vabbè. Quello che, invece, è successo è stato che le clip degli artisti, tanti e diversissimi tra loro (per dire, c’era pure Lucianone dal Vox di Nonantola, uno dei luoghi del mio cuore di emiliana), immersi nell’atmosfera tipica pre live, mentre accordavano gli strumenti, ripassavano la scaletta ed intorno a loro, tutti gli altri a sbattersi perché ogni cosa fosse al suo posto, ecco loro, con quel finale fatto di silenzio, mi hanno stesa. Mi hanno piallata proprio, facendomi sentire addosso, pesantissima ma ricacciata giù per puro spirito di sopravvivenza, la mancanza dei concerti.
Mi sono sentita triste, ma di una tristezza condivisa e per questo abbastanza commovente, e, giuro, pensavo che a tutti avrebbe pigliato così. E invece, no, eccoli, gli indignati, che volevano lo spettacolino, e ora sono molto, molto offesi perché nessuno ha pensato ai loro sentimenti (e se la pensate come me e volete riallineare i pianeti, andate sulla pagina IG di Diodato, e lì, nei commenti al suo post, troverete, grazie agli dei, del buon senso). Credo che il messaggio, al netto di chi si digita insulti in automatico appena non ottiene esattamente quello che si aspetta (tu chiamala, se vuoi, devianza da capitalismo), fosse proprio l’opposto di: «Ce ne freghiamo di voi, sucate», ma fosse: «Senza di voi, qui, sotto palco, non ha senso suonare». Eh, ma devono prendersela con le istituzioni, non con noi che compriamo i dischi e paghiamo per i concerti (come dice la mia amica Dueditanelcuore: «Che vuoi, una medaglia?»), hanno sempre detto quelli che i giornali chiamano “fan in protesta”.
E invece, raga, no, con le istituzioni ci parleranno i delegati a farlo, è proprio con voi, quelli che “Sì, ok il destino dei club e degli addetti ai lavori ma io voglio vedermi il concerto di Brunori”, che volevano parlare. Fa poi sorridere, ma più incazzare, che ci sia sempre chi abbia tutta questa voglia di insegnare a chi protesta per i propri diritti (e con le dovute proporzioni è successa la stessa cosa con le manifestazione del BLM) come sarebbe giusto che lo facesse. Perché se il modo, come in questo caso, non aggrada, ma il fine in teoria sì, è il modo ad avere la meglio a far ticchettare sul cellulare per dire “Eh no, così non vale, non sono più fan”. Ciò detto, tranquilli, ora arriva il viatico a tutti i mali, l’evento che spazzerà via il ricordo di Ultimo Concerto soprattutto dalle menti di chi lo ha tacciato di alto tradimento, e cioè Sanremo, e cioè Orietta Berti, ma anche la Rettore ospite, ma anche Arisa quota punk (speriamo si mantenga tale), Madame, sulla quale i bene informati dicono farà faville, le sparate da maschio alfa di Renga e il sessismo più nazional popolare di Amadeus. Sarà bellissimo, come sempre. Intanto, però, le migliori uscite della settimana, con un paio di ritorni che fanno bene al cuore come quello di Noname e Shamir.
IL RISVEGLIO: ‘PARAOCCHI’ DI BLANCO
“Sii felice come Blanco che corre in mutande in un prato”, credo possa essere eletto a miglior augurio del 2021. La sua Paraocchi (Island Records) arriva al momento giusto, poco dopo La canzone nostra, pezzo stratificato, complesso e corale. Qui, invece, Riccardo Fabbriconi, 18 anni compiuti a febbraio, da Calvagese della Riviera, 3 mila anime nella provincia di Brescia, è di nuovo solo, anche se sembrano in cento. La sua forza comunicativa è impressionante, la sua faccia da Funny Games di Haneke è ipnotica, il suo stile, tutto, sanguigno, euforico, estremo, iper cinetico, è unico. Essere unici, a 18 anni, è bellissimo, se, come Blanchito, te la vivi così, raccontando le tue “storie selvagge”, e rispondendo, quando si domanda della fama improvvisa ed enorme, che «non è cambiato niente, mangio sempre la pasta con il sugo».
LA PAUSA CAFFÈ: ‘RAINFOREST’ DI NONAME E ‘LUNEDÌ’ DI BLUEM
Noname l’ho vista live in una Santeria sold out nel 2019 ed è stato grandioso. Il suo è uno show che al suo flow, alla sua personalità (che avercene, comunque) somma una big band più tre coristi, per una due ore di musica che spazia tra registri jazz, blues, soul. La voce di Fatimah da Chicago racconta spesso cose brutali, violente, ma dallo scorso anno, dagli omicidi a sfondo razziale e la scesa in piazza del BLM, è diventata molto più politica. Questa Rainforest è una delle sue dichiarazioni più esplicite: con una frase come «Morire così, sulla terra rubata per un dollaro, non è una cazzata (…) fanculo i soldi, lo dirò ogni canzone/Fino a quando non arriverà la rivoluzione e tutti i federali inizieranno a correre/Fanculo una buona volontà/questo è un omicidio nuovo di zecca». La meraviglia della traccia è che nulla sembra fuori posto, anche il ritmo groove, leggermente tropicale, uno dei più ballabili di Noname, ed è questo che la rende così speciale, il gusto di saper mettere insieme elementi lontanissimi e rendere il risultato poesia. Bluem è un’altra ragazza fantastica, che sa fare magie. Lunedì è il suo primo pezzo in italiano, ed è una specie di tappeto volante che ti porta in alto, grazie alla voce eterea di Chiara (che arriva dalla splendida terra di Sardegna e se ne porta appresso la forza, gli spigoli, la luce) e ai suoni che lei, che è anche producer, cura in modo sublime.
PRANZO: ‘OCEAN EYES’ DI SHAMIR
Questa è a tratti la puntata del “sono stata al suo concerto”. Come per Noname, anche Shamir (che lo scorso anno ha pubblicato un ottimo album che porta il suo nome e che NME ha definito «il suono eclettico di un artista che solca felicemente la propria strada») l’avevo visto al Magnolia nel 2015, in apertura ai Run The Jewels e avevo pensato «ma tu guarda questo piccolo Prince». Oggi Shamir, nato a Las Vegas, ha fatto uscire questa cover del pezzo di Billie Eilish e, come aveva anticipato sul suo IG, lo ha reso emo-rock-shoegaze, aggiungendo chitarre belle toste, percussioni, e sì, quando le cover hanno quest’ispirazione, meritano, e comunque Shamir merita sempre.
APERITIVO: ‘DRIVE THE NAIL’ DEI MOGWAI E ‘NOTORIEDAD’ DI BAUTISTA
Amo il fatto che in UK il nuovo e decimo disco degli scozzesi Mogwai, As the Love Continues sia fisso al primo posto dei più venduti. Loro, che sulla presunta morte del rock di cui si ciancia in giro rispondono che «la gente dice queste stronzate per infastidire, lo fa da sempre. Sono venti-trent’anni che si parla della morte del rock, ma basterebbe farsi un giro a Glasgow o entrare in qualche record shop per rendersi conto che non è vero», dopo 25 anni di carriera piantano ancora delle sonore sberle di sound compattissimo e mai stantio. Questo pezzo, in un disco dove c’è l’elettronica ma anche il pianoforte, gli arpeggi di chitarre e i crescendo tipici dei quattro di Glasgow, è puramente post-grunge, evviva il post grunge. Bautista, dal canto suo, ci ricorda che il reggaeton può essere anche malinconico, e con il suo nuovo singolo Notoriedad ci dice anche che il suo mondo musicale è molto più ricco e popolato di quanto potessimo immaginare.
PRIMA DI ANDARE A DORMIRE: ‘ALBUQUERQUE’ DI NICK CAVE
Ok, è vero, ho scelto quella che è probabilmente la canzone più romantica (commovente si può dire?) di Carnage, nuovo disco di Sua Immensità Nick Cave. Essenzialmente minimalista, quasi scarno, è un album fatto di brani sottili, che per lo più si reggono solo su tappeti di sintetizzatori e qualche nota di piano. Oltre al lutto e all’orrore però, come sempre più spesso succede nei dischi del cantautore australiano, c’è anche la dolcezza, ed è tutta in questa canzone, già un classico di Nick Cave, già al fianco di The Ship Song.
BONUS INSONNIA: ‘SHE WALKS IN BEAUTY’ DI MARIANNE FAITHFULL CON WARREN ELLIS
Primo estratto dall’album di poesia e musica di Marianne Faithfull e Warren Ellis, con la collaborazione di Nick Cave, Brian Eno e Vincent Ségal. Marianne Faithfull che recita Lord Byron con quella voce in cui tutte le sfumature della poesia, dell’amore, dell desiderio, dell’intossicazione e dell’ispirazione, riescono ad emergere in tutta la loro bellezza.
Nella foto in alto: Blanco, foto di Matteo Gardosi
Clicca qui per la playlist di settimana scorsa
La playlist 12H di WU curata da Carlotta la trovate anche su Spotify, qui sotto il player
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