MONEGROS, DAL TRAMONTO ALL’ALBA
Si è conclusa con successo l’edizione del 31° compleanno del Monegros Desert Festival. Più di 50.000 partecipanti di 90 nazionalità si sono riuniti nel deserto di Los Monegros in Spagna per dare vita per un altro anno al grande sogno della famiglia Arnau
di Stefano Ampollini
Il Monegros Desert Festival ha registrato ancora una volta, per il terzo anno consecutivo, il tutto esaurito nel deserto di Aragona. Quello che era iniziato come un piccolo rave tra amici si è affermato come uno dei migliori festival techno internazionali.
«In questa edizione abbiamo accolto un pubblico di 90 nazionalità diverse nelle terre deserte di Fraga, realizzando così uno degli obiettivi principali dei fondatori del festival. Siamo molto grati a tutto il pubblico che ogni anno ci sostiene e che viaggia da ogni angolo del mondo per unirsi a questo grande evento che organizziamo con tanto amore da 31 anni. Il nostro obiettivo era posizionare Aragón e il Monegros Desert Festival nel circuito dei festival internazionali della scena elettronica più attuale, e sembra che ci siamo riusciti. Se oggi festeggiamo il nostro 31° compleanno è grazie ai nostri fedeli monegrinos e ad una squadra senza eguali», hanno dichiarato gli organizzatori.
«Il Monegros Desert Festival continua a crescere e consolidarsi come punto di riferimento nel panorama della musica elettronica, attirando un pubblico diversificato e appassionato. Ringraziamo tutti i partecipanti e i collaboratori per aver reso questa edizione un successo senza precedenti».
Il debutto sui palchi di Awakenings x Gashouder, il più grande brand techno al mondo con una storia di oltre 30 anni, è stato uno degli spazi più attesi e frequentati del festival. Un’esperienza a 360 gradi che trasporta in paradiso, questo spazio ha affascinato i partecipanti con la sua produzione impressionante e l’atmosfera senza eguali. D’altronde anche La Pinada, l’area d’ombra naturale che ospita il suono psytrance del collettivo Own Spirit, è stata incoronata come uno degli spazi più desiderati dai monegrini, offrendo un rifugio perfetto e un’esperienza sonora unica nel deserto di Monegros.
«Trentuno anni fa, la famiglia Arnau ha realizzato uno dei suoi sogni. Dopo aver vissuto esperienze indimenticabili nei grandi rave in Inghilterra e in Europa centrale, inclusa una notte memorabile al club Florida 135 con rinomati artisti della musica techno, i nostri genitori hanno fatto visita alla nostra tenuta di famiglia nel deserto di Los Monegros. L’alba stava sorgendo, le stelle ancora splendevano nel cielo, e seduti su un fienile nel cuore di quella zona remota, hanno preso una decisione audace: trasformare quel luogo in una vasta pista da ballo. Era un’idea folle, specialmente considerando l’anno, il 1992. Mentre molti giovani fuori dai nostri confini organizzavano feste illegali, noi, la famiglia Arnau e i nostri clienti, avevamo il nostro progetto. Quella che all’inizio era una semplice festa tra amici con la passione per la musica, con il tempo è cresciuta fino a diventare un punto di riferimento internazionale nella scena della musica elettronica». Così scrivono Juan and Cruz Arnau sul sito del festival diventato una vera e propria icona per la tribù itinerante dei raver e per un pubblico sempre più ampio che ha iniziato a vivere e apprezzare questo modo di far festa.
Già, perché di festa si tratta, inutile girarci troppo attorno. Non ce ne vogliano gli altri festival in giro per il mondo, ma Monegros ha qualcosa che lo rende unico e, probabilmente, inimitabile. Finalmente ci siamo stati e abbiamo potuto vederlo con i nostri occhi. Questo festival messo in piedi dal colosso Elrow (lo stesso che organizza le serate più cult a Ibiza), non avrà la storia del Sonar, non la stessa potenza a livello di produzione del Tomorrowland, l’atmosfera glamour di Coachella o le coreografie folli del Burning Man. Ma il Monegros ha tutto questo insieme e a renderlo possibile è innanzitutto la location, il deserto di Aragona, uno sforzo in produzione pazzesco (11 palchi) e soprattutto la sua gente, il popolo dei “monegrini”, quest’anno oltre 50 mila, che per 20 ore non stop popolano questo luogo magico sprigionando un’energia pazzesca che ti resta incollata per giorni.
La stessa formula (tutto in un giorno e una notte) rende questo festival così unico e per molti una sfida fisica che quasi tutti superano molto più con l’adrenalina che con le droghe. Le ragioni della formula sono dovuto essenzialmente a motivi logistici: non ci si può accampare, la città più vicina, Fraga, città natale dei fondatori, ha solo 12 mila abitanti e le poche strutture ricettive sono tutte per l’organizzazione. Il risultato sembra la versione rave del film Dal tramonto all’alba di Tarantino, e l’energia è sprigionata tutta dalla musica. Gli 11 palchi hanno accontentato ogni gusto. La nostra preferita alla fine è stata Indira Paganotto, il cui stile sviluppato dal background di Goa, dove la dj spagnola si è formata artisticamente, è risultato perfetto per una situazione come quella del deserto di Los Monegros.
Ma anche gli italiani si sono fatti valere, eccome: dalle sonorità tribali della romana Adiel (sempre bello vedere chi non rinuncia al vinile), Ilario Alicante, che sul palco di Elrow con le sue coreografie carnevalesche, tra maschere, coriandoli e trampolieri, ha fatto impazzire i monegrini, i 999999999, che all’alba hanno dato la giusta sveglia molto techno agli zombie del deserto, infine Joseph Capriati, che ha chiuso la scena e ha fatto bruciare le ultime energie rimaste. A nostro avviso sotto tono l’attesa Charlotte De Witte, a riprova forse che questo non è un festival da superstar, e se anche sei superstar ti devi calare nella suggestione del momento ed entrare in sintonia con la gente del deserto. Anche se solo per una notte.
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