CAMERA WORK – SILVIA VIOLANTE ROUGE
‘Camera Work’ è una serie di interviste ai fotografi italiani più attivi in ambito musicale come Silvia Violante Rouge, protagonista di questa seconda puntata
di Futura 1993
Scorrendo Instagram, in questi anni gli appassionati di musica hanno sicuramente avuto modo di imbattersi in almeno uno scatto di Silvia Violante Rouge, giovane fotografa capace di creare uno stile visivo personale e riconoscibile, fatto di colori intensi e saturi, spesso virati al rosso, testimonianze della vitalità notturna di Milano.
Silvia Violante Rouge si è fatta conoscere al pubblico inizialmente per gli eventi live, formandosi infatti grazie a concerti, festival e gente della notte, quando ancora erano possibili assembramenti di questo tipo. Dal MI AMI al Viva Festival, dal Primavera Sound al Club To Club, passando per il clubbing e per i concerti della scena rock alternative e sperimentale.
Da qualche tempo Silvia si è spostata verso immaginari più ampi, legati agli shooting promozionali e all’art direction, non disegnando un’evidente inclinazione per la moda e tutto ciò che è estetico, con una fascinazione costante per elementi surreali e figli della notte, di sicuro impatto sullo spettatore. Tra questi progetti ricordiamo le iconiche rappresentazioni di Venerus, Massimo Pericolo, Lucio Corsi e Mecna. In modo particolare è stretto il sodalizio con la label milanese Grooviglio, con sede in quel pazzesco hub creativo che è Via Tucidide 56, della quale cura l’immagine nel suo complesso. In tal senso i suoi lavori più recenti sono legati alle copertine dei dischi di Voodoo Kid, SPZ e Salamantra, solo per citarne alcuni.
Per approfondire il suo mondo abbiamo fatto quattro chiacchiere con lei per una nuova puntata di camera Work: ecco cosa ci ha raccontato.
Parlaci un po’ di come ti sei avvicinata alla fotografia. Qual è stato il tuo percorso?
A 15 anni mi è stata regalata una piccola macchina fotografica compatta e da allora è stato sempre più naturale e necessario per me documentare quello che mi accadeva. Ho trovato nella fotografia uno strumento per conoscere me stessa, gli altri e ciò che mi circondava.
Quali sono state le tue più grandi influenze nel corso degli anni?
Da adolescente penso che una dei primissimi fotografi per cui ho provato un vero e sincero fascino è stata Francesca Woodman. I suoi autoritratti quasi “performativi” sono una celebrazione della disperata ricerca del sé e dell’essere qui e ora. Successivamente è arrivata Nan Goldin. Di lei ammiro il suo lavoro di reportage personale e punk. Forza, istinto ed intimità sono elementi che accomunano entrambe e sono alla base del mio “credo fotografico”.
Come ti sei avvicinata alla fotografia musicale e, in particolare, alla fotografia di eventi?
Mi sono trasferita a Milano nel 2015 direttamente dopo il liceo. Essendo stata da sempre appassionata di musica indipendente per me era la città “dove accadevano le cose”. Andavo ai concerti molto spesso da sola e osservavo ciò che accadeva. La fotografia è stata lo strumento attraverso cui ho iniziato a capire la notte e questo nuovo mondo che mi circondava. Con un pò di buoni scatti di ricerca sono riuscita a farmi strada iniziando da concerti piccolissimi fino ad arrivare al Circolo Ohibò grazie a Teo Agostino (che nel 2017 aveva preso in gestione la direzione artistica con Costello’s, NdR) che ha creduto in me dal giorno zero. Ohibò è stato il posto che mi ha permesso in maniera più marcata di sperimentare al massimo la fotografia di eventi, che di solito è vista come una tipologia fotografica di serie B. Volevo trovare la mia chiave di lettura.
Quali sono state le occasioni – festival, tour, concerti – che ti hanno dato più soddisfazioni, sia dal punto di vista umano che professionale?
Il mio primo MIAMI da fotografa ufficiale, nel 2018. E chi se lo scorda! Essere dalla parte degli addetti ai lavori è stato per me un onore. Club to Club a Torino nel 2019. Grandissima soddisfazione trovare una dimensione così internazionale in Italia.
So che conosci bene il mondo del clubbing, avendolo frequentato tantissimo ed essendo tu stessa occasionalmente una dj. Cosa ti piace di quell’immaginario?
Penso che la gente di notte sia di più sé stessa ed autentica, lasciandosi andare. Facendo vedere i propri lati nascosti alla luce del sole. Riesco a trovare quell’istinto che tanto ricerco in quello che faccio.
Come hai sviluppato il tuo particolarissimo stile, fatto di toni rossi e intensi? Ha un’origine ben precisa?
La color correction nelle mie foto è un processo equivalente allo scatto stesso. Nel corso degli anni ho capito che attraverso il colore potevo enfatizzare quello che sentivo mentre ero lì in quella scena. È un po’ come cercare di svelare allo spettatore il mio stato emotivo durante la creazione e come voglio vedere la realtà. Intensa. Per quanto riguarda il rosso ho sempre avuto un’attrazione per questo colore, lo dice anche il nome (ride, NdR). Ho iniziato ad usarlo nel 2018 per poi continuare facendo delle varianti nell’utilizzo.
Cosa troviamo nella tua attrezzatura di lavoro?
Quando voglio essere sicura: digitale Nikon a prova di proiettile, flash immancabile e pezzetti di gelatine, scotch, lenti ricavate da oggetti.
Quali sono, a tuo parere, le principali differenze tra lo scattare in un live e occuparsi di shooting promozionali?
Ci sono grandi differenze. Scattare un live per me è reportage: segui le vibrazioni del momento, cerchi di capire in anticipo le mosse dell’artista sul palco per essere li al momento giusto. Gli shooting promozionali sono di per sé “artificiosi”, c’è un lavoro di progettazione e ricerca dietro.
Sul set, com’è la tua giornata tipo? Quanto è importante la fase preparatoria (moodboard, styling, ecc)?
Per me è molto importante. Cerco sempre di capire bene l’artista e su cosa sia meglio per lui. Ogni elemento, dal concept al makeup, supporta gli altri. Ti basta non curare una cosa e crolla tutto. Se, per esempio, lo styling non è in linea con il mood pensato o non lo esalta, per me la foto è rovinata, perde di potenza. È importantissimo curare tutto nel minimo dettaglio.
In particolare segui l’art direction visiva dei progetti della label Grooviglio, ce ne parleresti un po’? Che tipo di lavoro è?
Per me l’empatia è la cosa più importante quando fai art direction nel mondo musicale. Devi restituire visivamente l’anima dell’artista che stai raccontando, infatti di solito passo un pò di tempo assieme all’artista per riuscire a capire quali sono le sue necessità, capire la sua personalità. Occuparsi della coordinazione visiva dei progetti di una label non è semplice. Ci sono molte responsabilità. Serve coerenza, fare in modo che (in maniera sottile) ogni progetto a sé parli all’altro. È importante oggi per una label essere riconoscibile anche a livello visivo, fondare un proprio stile. Sto lavorando su questo.
Mi ha affascinato il lavoro che hai fatto con Voodoo Kid per il suo album, quali suggestioni ti hanno ispirato le scelte estetiche adottate?
Il concept album di VDK era già pregno di immagini forti. Raccontava una storia ben precisa e l’abbiamo sviluppata assieme. Marianna aveva delle immagini precise in testa e le ho rese reali. Si è fidata molto della mia estetica. È stato un bel lavoro di squadra.
Un tuo progetto parallelo è stata la serie Fake Real Night Lovers, veramente potente e vitale. Raccontaci di più.
Quando Perimetro mi ha contattata per una pubblicazione mi hanno proposto un lavoro di archivio. Avevo infinite raccolte di immagini dal 2016 a oggi e sarebbe stato bello racchiuderle in una mini pubblicazione. Da qui è nato il progetto basato sui baci notturni a Milano. Non nascondo che è solo il primo di un qualcosa che verrà in futuro!
Ti affascina anche il mondo della moda? Ti vorresti concentrare maggiormente in set di quel tipo in futuro?
Moltissimo. Mi piacerebbe molto poter riuscire a portare la mia estetica all’interno di una collezione. Sono desideri chissà!
Testo di Filippo Duò
Nella foto in alto: Silvia Violante Rouge.
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