12H, LA PLAYLIST DEL 21 APRILE
12H è una playlist con i pezzi più interessanti usciti negli ultimi giorni, perché ci sono sempre nuove e belle canzoni da ascoltare
di Carlotta Sisti
Tra tutte le cose ragionevolmente vomitevoli del video in cui Beppe Grillo sbraita e sputacchia, dando della bugiarda alla ragazza che ha accusato suo figlio Ciro e i di lui amici di stupro di gruppo, ce n’è una che trovo sublime, nella sua insensatezza. E cioè che il leader (perché anche se non ricopre cariche istituzionali, sempre capo carismatico rimane) di un partito che sta al governo e che è partito nella costruzione del proprio programma dal fatto che un individuo è colpevole già dalla fase istruttoria, oggi invochi il garantismo per la propria progenie.
È una parabola da caso di studio. Oppure, direbbero i malpensanti, that’s karma, bitch. Il resto di quei due minuti che, se Grillo fosse persona disponibile al contraddittorio quale notoriamente non è, sembrano presi da Il dio del massacro di Yasmine Reza, è pura cultura dello stupro, e quando ci sono etichette che spiegano alla perfezione il contenuto, è giusto usarle. Negli anni Settanta la scrittrice e giornalista Susan Brownmiller nel ibro Against our will: Men, women and rape, parlò di «cultura solidale con lo stupro», sostenendo che che lo stupro è «un processo cosciente di intimidazione attraverso il quale tutti gli uomini mantengono tutte le donne in uno stato di paura». C’è la dimensione sessuale, dunque, ma anche quella psicologica, di cui s’è reso ottimo rappresentante lo stesso Beppe dei Vaffa day, quello che sbraitava e sputacchiava contro la casta, e che da membro potente e influente se non di una casta, quantomeno di una classe sociale ben precisa, e cioè quella degli uomini ricchi e privilegiati, si è comportato.
Il Grillo padre, pieno di seguito e di alleati, se n’è battuto dell’altro padre, dell’altra famiglia, ma in generale delle vittime tutte di violenza, aggredendo verbalmente la vittima (dobbiamo dire presunta? Ok, presunta) e portando come elementi probatori del suo essere bugiarda i soliti argomenti di chi ama dare il beneficio del dubbio all’accusato, e cioè i troppi giorni trascorsi tra i fatti e la denuncia. In questo caso otto. Otto giorni. Per la legge si può sporgere denuncia entro sei mesi dalla violenza. Ma ci sono stati avvocati difensori che hanno contestato persino 48 ore, come tempo eccessivo, anche se, come non fosse sufficiente a urlare di rabbia, durante queste ci fu pure un ricovero in ospedale. Non ci stupiamo più di niente? Sì, invece, ci stupiamo moltissimo, per esempio, che un’uscita come quella di Grillo raccolga consensi (Di Battista, can you hear me?) e non abbia conseguenza alcuna, che se proprio non ce ne deve fregare niente della 19enne che accusa Ciro Grillo e altri tre ragazzi di abusi gravissimi, ce ne potrebbe fregare di quello che è anche un tentativo di fare pressioni su chi dovrà giudicare la colpevolezza dei quattro.
Continuiamo a stupirci, perché evidentemente esistono motivi per sperare che uomini di questo tipo stiano pian piano, ma molto molto piano, diventando sempre meno, ci stupiamo perché conserviamo la speranza in molte cose che non c’è bisogno di ripetere, ci stupiamo ma non significa che il signor Grillo, che mica potrà prendersela visto che ci ha basato una campagna elettorale, non debba essere mandato proprio in quel luogo a lui tanto caro.
Le buone notizie di questi giorni, invece, sono che René Ferretti s’è impossessato di Mario Draghi, che ha deciso che è giunto il tempo della locura, e allora «Biascica, apri tutto». Ciò vuol dire che il prossimo 12H lo potrei scrivere, se quello che ci governa non si sveglia stanotte pensando ma che mi sono bevuto scrivere, nel dehors di un ristorante, se solo non facessi parte di quel pezzo di umanità che non riesce a fare nulla di intellettualmente impegnativo nei luoghi sociali (in biblioteca non studiavo, pensavo a che faccia fare per far sembrare agli altri che stessi studiando). Ma ciò, se si dovesse avverare, vuol soprattuto dire che le uscite fighe di questa settimana potremmo sentirle nella playlist del nostro baretto preferito, mentre ci beviamo una cosa e scacciamo la paura.
IL RISVEGLIO: ‘LA CANZONE DEI LUPI’, DEI COMA COSE
I Coma Cose che limonano con i Beach House fanno nascere La canzone dei lupi, un pezzo dream pop, vivido di quelle immagini che Fausto e California sappiamo essere così bravi a tratteggiare. Di lei hanno detto: «Volevamo fare una nostra canzone d’amore, per certi versi, “definitiva”. Un punto fermo: fatta questa, potremmo anche non farne più». E hanno ragione, perché qui, anche tra anni, sapremo ritrovare il senso delle storia, della nostra e di tutte, che vorremmo non si addomesticassero mai, come i lupi, ma chissà.
LA PAUSA CAFFÈ: ‘LUNA PICCOLA’ DI POPULOUS
Questa traccia di cinque e minuti e mezzo è così avvolgente, così stordente, che sembra volare via in trenta secondi. In questo luogo, che ondeggia tra l’ambient e l’indefinito, Populous si muove con l’istinto di chi è a casa, e sa guidare anche te, anzi, ti convince a partire per un viaggio, la cui fine è annientata dal reload, ancora e ancora.
PRANZO: ‘PEZZO DI NOI’ DI GIOVAPIÙGIOVA
Come abbiamo fatto tutt*, o almeno come abbiamo fatto più del solito, in questo anno pandemico, Giovapiùgiova, affiancato dal producer Grindalf, ci butta in mezzo ad un dialogo che con se stesso, diviso tra la paura del cambiamento, e la voglia di cambiamento. Ed il tappeto sonoro su cui si gioca questo match interiore è perfettamente irrequieto e nervoso.
APERITIVO: ‘PROBLEMS’ DI HEY VIOLET E ‘BEST THING’ DI JAWNY
Da quando si è trasformato da quintetto a trio, Hey Violet ha continuato a creare brani alt pop vincenti grazie all’abilità di composizione delle sorelle Rena e Mia Lovelis. Problems cattura astutamente gli inizi della frustrazione romantica, che per sono cominciati a 15 anni, quando il mio primo grande amore mi lascio, dopo un mese e mezzo, dicendomi: «Scusa, mi sono stufato, voglio stare con i miei amici». Se ve lo state chiedendo, no, non penso abbia lasciato traumi, ma proverò a fare una sessione di quella terapia americana sblocca-ricordi. Tornando a questo pezzo, il più catchy di questa puntata, ha quella cosa che o odi o ami, che sono le strofe di in ogni verso balbettate, che io odio e amo insieme. Jawny, da Los Angeles con molta voglia di fare party, sa come si fanno i ritornelli. In questa Best Thing, che come ha spiegata segna il passo del suo nuovo mondo musicale, canta che «Ragazza, mi rinfreschi come Cola gelata / Il mio cuore chiede che tu venga da me / So che sono ossessionato dal fatto che sia finita / Perché sei la cosa migliore, sei la cosa migliore», e la implora in un vertiginoso ritmo estivo, che ci fa già sentire il caldo e il sole addosso.
PRIMA DI ANDARE A DORMIRE: ‘COMFORT’ DI KHAZALI O ‘SEND ME’ DI TIRZAH
Khazali, londinese di West London, nato da mamma marocchina che lo ha cresciuto da sola «ed era spesso costretta a lasciarmi nelle hall degli alberghi mentre andava a pulire le camere», non sognava di fare il cantante. Ha iniziato a scrivere quelle che sarebbero diventate le sue canzoni su un taccuino che usava per gestire un disturbo d’ansia generalizzato. Gli appunti, diventati poesie, si sono trasformati in musica, e buon per lui ma anche per noi. In Comfort, pezzo grandissimo e dolcissimo di elegante alt-pop, ondeggiano delicati groove di pianoforte su un sottile ritmo elettronico, con la malinconica consegna vocale di Khazali che ci trascina attraverso un flusso sonoro di coscienza che è solo all’inizio. Da South London, invece, ecco il ritorno di Tirzah, colei che ha detto che «non devi per forza fare casino, per andare avanti». Ed infatti la sua Send Me è lieve, delicata, sostenuti da una batteria scheletrica e da una chitarra accennata, con un bel flusso r&b a tenere insieme tutto. Eppure questo è anche un pezzo che richiede attenzione, e ti fa domandare come come qualcosa di così intimo possa anche sembrare così estraneo. Alla fine, un ringhio di chitarra elettrica distorta, arriva, a pochi secondi dalla fine, a ricordarci che se vuole, Tirzah sa anche fare casino.
BONUS INSONNIA: ‘TEMPORALI’ DI CRISTINA ERHAN
Cristina è sbucata fuori e mi sono chiesta come avessi fatto, finora, a mancarla. La metto qui, nello spazio dell’insonnia, perché i temporali, per me, sanno sempre di notte e dei suoi tormenti. La metto qui, perché ha una voce incantevole, che vorrei poter ascoltare quando i pianeti non sono allineati. Di Temporali lei stessa ha scritto che si tratta di «una storia fragile che vuole diventare forte, un lieto fine che si trasforma in un nuovo inizio permettendo di trovare se stessi. È la storia di qualcuno che è abituato a perdere e non crede di meritarsi una vittoria».
Nella foto in alto: Coma Cose, foto di Mattia Guolo
Clicca qui per la playlist di settimana scorsa
La playlist 12H di WU curata da Carlotta la trovate anche su Spotify, qui sotto il player
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