DONATO DOZZY – PURA SPONTANEITÀ
Il dj, musicista e producer italiano ci parla del futuro del suo progetto Il Quadro di Troisi e del ritorno in consolle dopo lo stop forzato dovuto alla pandemia. Questa estate lo troveremo al Terraforma (1-3 luglio) e al Polifonic (28-31 luglio)
di Enrico S. Benincasa
Donato Dozzy attraversa un momento importante della sua carriera artistica. Il primo album de Il Quadro di Troisi, il progetto che lo vede impegnato insieme a Eva Geist (e non solo), ha avuto ottimi riscontri e soprattutto ha un futuro davanti, con un disco di remix e una nuova uscita prevista per il prossimo anno. È da poco tornato in consolle e ha condiviso con noi le sue sensazioni post crisi sanitaria, descrivendoci quello che sta osservando dalla sua “postazione privilegiata”. Il suo pubblico lo potrà ritrovare al Terraforma a Villa Arconati (in programma dall’1 al 3 luglio) e al Polifonic in Valle d’Itria (28-31 luglio), dove si esibirà per la prima volta.
È uscito da qualche giorno il video di Intenzioni de Il Quadro di Troisi, il progetto che ti vede protagonista insieme a Eva Geist. È uno dei lavori che ti ha impegnato di più in questi ultimi due anni?
Sì, Il Quadro di Troisi ha richiesto grande impegno, ma è stato un piacere immenso dedicarci tanto tempo. Produrre un disco con attitudine pop e confrontarmi con la forma canzone era un tassello mancante della mia storia musicale. È una cosa che è potuta avvenire grazie alla sintonia che ho trovato con Eva Geist ed è un nuovo capitolo della mia amicizia con Pietro Micioni (che ha collaborato con Dozzy agli arrangiamenti e alla produzione, NdR). Il video di Intenzioni lo abbiamo girato a gennaio, volevamo far riaffiorare i ricordi alle persone che ci hanno seguito. A breve uscirà un disco di remix del primo disco, ma manca ancora un po’ all’uscita del prossimo e non volevamo essere dimenticati (ride, NdR).
Un disco di spessore, pubblicato da un’etichetta tedesca, che ha nel nome quello di un artista italiano come Troisi: è un quadro perfetto.
Alla Raster si sono fidati del nostro gusto e del concetto del progetto. Siamo contenti se questo lavoro è stato l’occasione per le persone di scoprire o riscoprire un artista come Massimo Troisi, ma è stato anche un’opportunità per far ascoltare, anche fuori dai confini, canzoni in italiano. Abbiamo suonato dal vivo al Sonar invernale e vedere molte persone cantare questi pezzi nella nostra lingua è stato bellissimo.
È un progetto che parte dalla collaborazione…
È stato uno sforzo di gruppo, è nato dalla volontà di tutti noi questo risultato. I musicisti che hanno collaborato sui singoli brani sono stati entusiasti di farlo. Questo ha reso il progetto corale, al quale hanno partecipato persone di diverse età e generazioni. Molte persone sono tornate ciclicamente nella mia carriera: il mio primo progetto corale, The Kitchen Tools, uscito alla fine degli anni Novanta, mi ha visto insieme a Corrado Rizza, Michele Braga e Jacopo Carreras, che per esempio ritroviamo ne Il Quadro di Troisi. È bello vedere come, anche se cambia il contesto e il momento, l’energia e la convinzione per fare una cosa bella rimangono le stesse.
Siamo tornati al pre-pandemia del mondo della notte?
Negli ultimi due mesi, da quando sono tornato a suonare, ho notato che il bpm è aumentato, sembra quasi che si voglia rincorrere questi due anni persi. È stata una mia sensazione che ho condiviso con amici, alcuni sostengono che sia solo una situazione momentanea. Non sono mancati momenti dove c’era piena libertà espressiva, come a Le 6b, ma sono stato anche in line up prettamente techno dove la gente aveva bisogno di un’energia maggiore, di velocità, di “botte in faccia”. La musica, però, è fatta anche di spazi e di silenzi, che aiutano a inserire elementi ed è quello che ricerco quando faccio un set.
Questa estate ritorna Terraforma. È un festival a cui partecipi sin dalla prima edizione: cosa rappresenta per te?
Mi piace parlare di Terraforma prendendo in prestito le parole che Suzanne Ciani usò, nel 2017, mentre passeggiavamo nei giardini di Villa Arconati. Mi disse che lo spirito di quei giovani le ricordava quello che avevano loro sul finire degli anni Sessanta in California. Per me è un’affermazione importante e sottolinea la bravura degli organizzatori, capaci di introdurre in questo laboratorio a cielo aperto uno spirito di avventura e scoperta che coinvolge non solo i musicisti, ma anche il pubblico. In Italia abbiamo posti meravigliosi dove fare un evento del genere, ma contano ancora di più gli intenti e la coscienza di chi li organizza, in modo da introdurre i contenuti culturali nel giusto contesto.
Un altro evento che ti vedrà protagonista questa estate è il Polifonic. È la prima volta per te in questo festival?
Questo luglio, per me, sarà un mese più caldo del solito (ride, NdR). Sono molto contento di poter partecipare: ero nella line up del 2020 ma poi non si è potuto suonare per via della pandemia. Debutto quest’anno, sarà la prima volta e sono sicuro che sarà indimenticabile. Posso dirvi che suonerò in una cava per il set di chiusura. Amo esibirmi all’aperto e mi farò ispirare dal contesto. So a che ora inizio ma non so a che ora finirò. Per scaldarmi ho bisogno di almeno due ore, tutto quello che verrà dopo sarà pura spontaneità.
Articolo pubblicato su WU 114 (giugno – luglio 2022)
Donato Dozzy su IG
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