CLAUDYM – AL CENTO PER CENTO
È da poco uscito Incidenti di percorso, il primo album del’artista milanese che arriva a un paio d’anni di distanza dal suo fortunato EP Un-popular. Il suo approccio sincero e non convenzionale può spiazzare, ma sa superare le barriere generazionali
di Carlotta Sisti
Claudym, all’anagrafe Claudia Maccechini, si sente un’abitante di una terra di mezzo. Non sta, mi racconta, né nel panorama musicale alternativo, né in quello mainstream delle pop star nostrane. Di questo territorio tra i due mondi non parla spingendo sulla romanticizzazione, anzi: il suo è un racconto lucido e onesto. Per capirci, alla domanda sul perché nel suo Incidenti di percorso, uscito l’8 marzo, non ci siano featuring, Claudym risponde che tra le ragioni c’è anche non avere chissà che rete di conoscenze. Non è una da pose, insomma, e lo si capisce ascoltando i suoi pezzi. Perché all’autocelebrazione, Claudym, preferisce l’autoironia o la lente dello humor applicato ai vizi e ai mali moderni.
Ora che il disco è uscito da qualche settimana qual è il tuo stato d’animo?
Ne sto prendendo coscienza adesso. Fino alla settimana scorsa non riuscivo ancora a rendermene conto, perché è un disco che ha richiesto tanto tempo, al punto che ormai si scherzava sul fatto che non uscisse mai. Ora, a parte una mia personale sensazione di liberazione, sto vedendo che le reazioni sono positive, anche se in questo panorama musicale è diventato tutto ancora più complesso, anche solo rispetto al 2022 quando avevo fatto uscire l’Ep Un-popular. Però sono felice che sia stato accolto da un pubblico vasto per tipologie, dai più giovani a quelli che come me sono nati negli anni Novanta e proprio di quel periodo riescono a cogliere tutti i riferimenti che ho messo nel disco.
In che senso vedi il panorama musicale più complesso? Trovi che sia troppo saturo?
Sì, ma temo anche che in generale ci sia meno curiosità. Poi penso che la mia difficoltà maggiore sia stare nel mezzo, tra il mondo pop più mainstream e quello, invece, di nicchia. Sono una, per capirci, che non fa il ritornello mega aperto, ma neanche il pezzo iperartistico e cervellotico, quindi faccio fatica ad incontrare entrambi i mondi.
Il discorso che facevi poco fa sul pubblico è interessante: credi che le distanze anagrafiche tra fan e musicisti si siano azzerate?
Questa cosa dell’età, se devo essere sincera, mi ha un po’ mandata in sbatti. Sarà la crisi esistenziale che tocca a tutti quando arrivano i trent’anni e che non mi ha risparmiata, ma di fatto mi sono interrogata a lungo su questa cosa, un po’ perché i miei anni non me li sento, un po’ perché la mia comunicazione è senz’altro più “giovane” che adulta, ma hai ragione, il risultato finale potrebbe essere arrivare ad azzerare il fattore anagrafico e badare solo al “mi piace/non mi piace”. E questo è molto coerente con ciò che l’arte dovrebbe essere, e cioè qualcosa che trascende i dati numerici per andare a prenderti di pancia. Detto ciò, la mia paranoia era più riferita al fatto che ci sono artisti giovanissimi con progetti già belli a fuoco, solidi, mentre io alla loro età ero una rincoglionita!
Quindi la lunga gestazione del disco di cui mi dicevi è figlia del fatto che lo volevi perfettamente aderente alla tua idea oppure deriva anche da una piccola crisi?
Entrambe le cose. Il disco, seppur in modo credo molto coerente, è stato fatto in due fasi: la prima immediatamente successiva all’EP Un-popular, quando ho lavorato con okgiorgio, e poi c’è stato un momento di crisi dovuto al fatto che il progetto di Giorgio è andato molto bene, per cui lo ha assorbito e i nostri tempi non coincidevano più. Poi ho trovato Marcello Guava, con il quale ho felicemente lavorato alla seconda metà del disco. E quelli che fanno parte della seconda vita di Incidenti di percorso sono anche i brani di cui sono più felice, perché mi sentivo, mentre li scrivevo, più lucida, mi piacevo di più in studio, sono riuscita a dare il massimo e senza ansia addosso.
Della prima, però, fa parte una delle tracce che preferisco, Bugia, che ha un suono iper contemporaneo ma personale. La cito per chiederti che rapporto hai con chi mente. E tu, invece, “pratichi”?
Non “pratico”, ma perché non sono in grado, non mi riesce.
Lo so, è decisamente un talento.
Esatto, un talento che mi manca. Sul mentire, come su gran parte delle cose che scrivo, io scherzo molto, mi piace rubare le storie delle mie amiche per fare ironia su certi stereotipi, tipo appunto il ragazzo che mente e tradisce, e la ragazza che lo scopre guardandogli il telefono. Ma in generale, su chi mente ho una visione benevola, perché troppa sincerità a volte diventa stronzaggine, e direi che di quest’ultima se ne può fare tranquillamente a meno. Quel che mi importa davvero è essere onesta con me stessa, perché le bugie che ci autodiciamo possono diven- tare una prigione dalla quale è poi difficile uscire.
Esiste un tema di cui hai pensato di scrivere, ma che poi si è rivelato troppo impegnativo dal punto di vista emotivo?
Sì, mi piacerebbe parlare di più dei problemi di ansia che ho avuto in passato, ma vorrei trovare una strada diversa per farlo, con un tipo di comunicazione meno plateale, ma non sono ancora riuscita a trovarla. E poi ho altri temi che mi sono segnata e che sì, vorrei raccontare, sempre con questo mio tono un po’ da filastrocca. Me li sono scritti, aspettano di essere rispolverati.
Invece come mai, in un periodo in cui i feat sembrano obbligatori per fare un disco, tu hai scelto di fare da sola?
Le ragioni sono diverse: un po’ non ho trovato idee di collaborazioni che si incastrassero naturalmente nel disco, e un po’ io ho una cerchia ristretta di conoscenze, quindi sarebbe stato macchinoso chiedere a sconosciuti, con già alle spalle un processo di costruzione del progetto rivelatosi abbastanza complesso. Quindi alla fine mi sono detta “vabbè, faccio il mio, poi se capita un feat volentieri”. Non è capitato stavolta, ma la collaborazione in sé mi piace molto, nell’EP, per esempio, avevo fatto A/B con Sethu e ci eravamo trovati da Dio, dovesse succedere di incontrare qualcun altro con cui divertirmi così, ben venga. Ma anche di questo sono contenta: mi sono concentrata totalmente sul mio suono, e se arriverò a nuove persone arriverò al 100% come Claudym.
L’intervista di Claudym è stata pubblicata su WU 125 (aprile 2023)
Nella foto in alto: Claudym, foto di Claudia Campoli
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