UN DUPLICE SGUARDO SULLA PALESTINA (E SU ISRAELE) AL FILMMAKER FEST
Durante l’ultima edizione del Filmmaker Fest si sono fatte notare due pellicole che parlano di Palestina e Israele: proviamo a metterle a confronto
di Davide Colli
Nell’eterogeneo programma dell’appena concluso Filmmaker Fest molteplici sono le opere che si inseriscono nei grandi dibattiti sollevati dall’attualità, mettendo anche in discussione i canoni formali e rappresentativi del cinema documentario. Era impossibile, quindi, non aspettarsi quindi lungometraggi che denunciassero il genocidio che sta avvenendo a Gaza, ma i due film, entrambi selezionati in sezioni parallele durante l’ultimo Festival di Cannes, presentano sguardi posizionati dalle fazioni opposte del conflitto, oltre a due “confezioni” ben diverse.
Il primo, Put Your Soul On Your Hand and Walk (in Italia dal 27 novembre), si può incasellare nel vasto insieme del documentario: la sua struttura è costituita dalle riprese di diverse videochiamate (distribuite lungo più di un anno) tra la fotogiornalista palestinese Fatima Hassouna e la regista iraniana Sepideh Farsi. I differenti sfondi dietro/attorno a ciascuno dei due interlocutori, la placidità delle stanze borghesi dalle quali gira Farsi e gli squarci sgranati della brutalità israeliana che circondano Hassouna, esplicitano già una crisi della legittimità dello sguardo. Eppure costituisce un lavoro preziosissimo che evidenzia non solo quanto il cinema sia un’arte (in questo caso tristemente) in divenire, nell’imprevedibilità della vita che si tenta di catturare con la camera, ma anche comporre il ritratto di una persona che, nelle condizioni tragiche della sua esistenza, è riuscita fino all’ultimo respiro a raccontare sé stessa attraverso la propria arte.
In Yes di Nadav Lapid l’occhio del regista non solo è esterno al conflitto, ma proviene proprio dallo stato israeliano, che finanzia (assurdamente) il film. Alla sobrietà dell’impostazione registica del documentario della Farsi, qua si sostiuisce una strabordante opulenza di soluzioni visive, dal kitsch al grottesco, con sfondoni nell’osceno, per dare vita a una terrificante paronamica della Tel Aviv post 7 ottobre. Non vi sono censure o forzate edulcorazioni: Yes, nel suo incessante (e talvolta respingente) incedere, denuncia apertamente la disumana aristocrazia israeliana, che fa sprofondare nel suo abisso anche l’asservita piccola borghesia, che sceglie la cecità dinnanzi alla guerra, distante qualche chilometro dagli attici con piscina che intasano. Pur parlando di un prodotto di fiction, la matrice del progetto è spaventosamente reale: la canzone e il videoclip su cui ruota gran parte del film sono autentici, mostrati allo spettatore censurando solo le identità dei bambini coinvolti nel coro.
Trova quindi un senso ben preciso anche questa collocazione all’interno della selezione di Filmmaker: il riuso di materiale audiovisivo preesistente per generare una narrazione ibrida, natura che ne amplifica il senso di urgenza. Seppur partendo entrambi dall’esterno (uno persino dalla fazione incriminata), entrambe le opere, rinunciando al futile inseguimento della verosomiglianza, abbracciano la loro forma incerta e parziale, che paradossalmente li rende proprio documenti inattaccabili e di ampio respiro.
Nella foto in alto: ‘Yes’ di Nadav Lapid, Filmmaker photo courtesy
Dello stesso autore
Davide Colli
EVENTS | 15 Novembre 2025
FILMAKER FESTIVAL 2025, COSA VEDERE
INTERVIEWS | 18 Settembre 2025
VENEZIA 82 – CHARLIE KAUFMAN ED EVA H.D.
CONTENTS | 11 Settembre 2025
BIENNALE 82 – I PREMI
CONTENTS | 4 Settembre 2025
BIENNALE 82 – THE SMASHING MACHINE
CONTENTS | 1 Settembre 2025
BIENNALE 82 – LA GRAZIA DI PAOLO SORRENTINO


