MANA – A CLUB TO CLUB DENTRO LA MIA BOLLA
Creature è il primo disco che Daniele firma con il suo nome, lasciandosi alle spalle, per ora, lo pseudonimo Vaghe Stelle, perché, ci ha raccontato, aveva voglia «di fare un disco in grado di emozionare, che a C2C cercherò di mantenere intimo creando una sorta di bolla in cui, se vuole, il pubblico potrà entrare per conoscermi meglio»
di Carlotta Sisti
Nel roster della Hyperdub, insieme a Burial, Lee Gamble, Fatima Al Qadiri, Lauren Halo e Jesse Lanza, il suo nome ci sta più che bene. L’esordio di Daniele Mana senza moniker è arrivato l’8 settembre per l’etichetta di Kode9 ed è stato accolto più che bene da stampa e critica. Al Club to Club si esibirà il 4 novembre sul palco della Red Bull Music Academy al Lingotto, lo stesso che ospiterà le performance di Actress e del suo amico Lorenzo Senni. Sarà il suo debutto italiano e per questo sta preparando qualcosa di speciale con anche il supporto visual. Noi, che ci fidiamo di lui, sappiamo che sarà speciale.
Daniele, sono le tre del pomeriggio, per me la giornata è iniziata da un pezzo, per te?
Io, al contrario, sono sveglio da poco.
C’è un orario più congeniale alla scrittura della musica?
In realtà lavoro sempre, faccio continuamente musica, ma in generale preferisco la notte, semplicemente perché mi scrive meno gente, ricevo meno mail e sono meno “disturbato”. Di conseguenza tutto il resto slitta avanti: mangio tardi, vado a dormire tardi e mi sveglio tardi. Sono sempre stato notturno e non ho mai amato troppo dormire.
A un paio di mesi dall’uscita di Creature, tuo primo disco non più come Vaghe Stelle ma semplicemente come Mana, qual è il bilancio?
Subito dopo l’uscita sono stato malissimo, perché questo è un disco molto personale. Anche il fatto di usare il mio nome e non più un nickname ha significato mettermi più a nudo di fronte a chi ascolta. L’impatto è stato violento e difficile, forse perché verso certe cose eccedo in sensibilità. Ora sono decisamente più sereno, anche perché i feedback positivi le belle recensioni che mi sono arrivate hanno aiutato.
Da quale esigenza è nato il passaggio da Vaghe Stelle a Mana?
Era un passaggio necessario per usare la musica in maniera diversa. Con Vaghe Stelle partivo da concetti estranei alla mia persona, usando Mana mi sono concertato sull’onestà, sull’accettare le mie idee e me stesso per quello che sono. Avevo bisogno di una nuova attitudine. Quindi, per quanto il suono sia simile, il presupposto di partenza è diverso: questo è un dialogo più diretto e sincero con l’ascoltatore.
Come ti spieghi che la tua musica elettronica non risulti fredda, anzi, molto “sensoriale”?
La mia idea era proprio quella: questo è un disco molto “emo”, molto emozionale, ci sono sensazioni che vivo quotidianamente che rendono il disco più umano e meno robotico. Desideravo fortemente lavorare sull’empatia, tanto che ci sono anche un sacco di parti in cui ho voluto mettere direttamente la mia voce.
Creature è anche un disco “visivo”, nel senso che stimola a immaginare scenari. Quando componi parti anche da cose che osservi o solo da riflessioni interiori?
Credo che la parte visiva sia più una conseguenza: ho sempre ascoltato colonne sonore, probabilmente questo mi ha dato un’attitudine vicina alla musica da lm e anche il fatto che sia un disco molto astratto lascia parecchio spazio all’immaginazione. Però l’ispirazione è venuta da dentro, non dall’esterno. Una delle fonti a cui ho attinto è una sorta di malinconia che mi porto dietro come una coperta di Linus. La chiamo “malinconia delle idee”, perché non sento nostalgia per le persone ma per le idee e le sensazioni associate a loro. Per esempio, mi manca come una determinata persona mi faceva stare, ma non direttamente quella persona. Una malinconia più astratta, ecco.
E un disco così intimo come lo porterai in una situazione come Club To Club?
L’idea è creare una bolla. Lo show che sto preparando per C2C, che fra l’altro è il primo audio-video che realizzo, immergerà, appunto, il pubblico in una piccola sfera che è il mio mondo, ma non posso spoilerare di più.
Chi ti incuriosisce in questa line up?
Actress è uno dei mie prefetti di sempre, Jacques Greene è un amico e lo becco sem- pre volentieri, sono curioso di sentire i Ninos du Brasil con lo show nuovo. E poi Lorenzo Senni, altro amico, Laurel Halo e Gabber Eleganza che è super divertente.
Liberato no?
Capisco tutta la faccenda, ma non mi appassiona, proprio non me ne frega niente.
Che cosa ascolta, soprattutto, Mana?
Parecchia roba, ma raramente c’è un disco che mi emoziona tanto da diventare una vera e propria fissa.
Il tuo ascolto più imbarazzante e inaspettato?
Tu penserai che, magari, non ascolto pop, e invece sì. Una delle mie pop star preferite è Justin Timberlake, mi piace una sacco, ma anche Justin Bieber. Poi ascolto rap, specie Kanye West, e amo Frank Ocean. Ti dirò, di recente ho ascoltato tanto anche Ariana Grande, che trovo abbia delle produzioni grandiose.
Ma è vero che sei un po’ ossessionato dalle tempeste?
Sì, mi piacciono tantissimo e mi ci sento a mio agio in mezzo, mi piace molto guardarle e credo che raffigurino bene come sono io, che cambio spesso umore e sono anche abbastanza imprevedibile. Anche lo show sarà simile a un temporale e quindi poco sotto controllo. Ecco, forse un pregio che mi riconosco appieno è il non avere la mania del controllo, magari mi verrà invecchiando ma spero di no.
Che rapporto hai con la cosìddetta “scena torinese”?
Ne condivido l’attitudine. Torino è molto hardcore, molto underground e molto fedele a se stessa: al contrario di altre città non sente il bisogno di modi carsi per ricevere più apprezzamento dall’esterno. Mi piace la coerenza della mia città.
Ora che sei in Hyperdub hai conosciuto Burial (la cui identità è sconosciuta)?
No, mannaggia, sono andato a Londra qualche settimana fa per suonare allo show dell’etichetta ed ero pronto a fare un selfie con Burial, ma niente, non ce l’ho fatta. La prossima volta andrò sotto casa sua.
Daniele, un’ultima cosa: ma è vero che vieni da una famiglia di sensitivi?
Ma l’ho detto io? (ride, NdR)
Eh sì. Ma è vero?
Sì, mia mamma è una sensitiva, ed è una cosa con cui, ovviamente, sono cresciuto, come qualunque figlio che si rapporta al lavoro o alle passioni dei genitori. Penso che questa cosa mi ha, come dire, condizionato. Mia madre quando avevo cinque anni mi faceva vedere tutti i lm horror possibili, mi faceva la scrittura automatica, mi faceva le carte, mi raccontava i suoi sogni assurdi e certo è una roba che mi ha cambiato un po’. Da piccolo non è stato semplice, invece oggi penso di essere stato fortunato ad avere qualcuno che mi aprisse varchi su mondi così oscuri e misteriosi.
La foto di Daniele Mana in apertura è di Piotr Niepsuj
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