CHRISTO – IL LUNGO CAMMINO
Christo tende a parlare più dei suoi “progetti”, che delle sue “opere”. E parla sempre al plurale, riferendosi a Jeanne-Claude, la moglie morta nel 2009 con la quale ha condiviso la visione dell’arte e soprattutto la vita, ma anche ai suoi collaboratori con i quali studia e realizza ogni opera. Alla vigilia dell’inaugurazione di The Floating Piers e prima di partecipare alla 24° Conferenza Generale dei Musei ICOM, l’abbiamo raggiunto telefonicamente a Iseo dove invita tutti ad andare
di Carolina Saporiti
Christo non ha sgabelli nel suo studio, praticamente non sta mai seduto, fa su e giù dalle scale tutti i giorni, non ha un computer perché, dice, «non ci capisco niente di quelle cose» e non gli piace stare al telefono. Ce lo svela alla fine di una lunga telefonata durante la quale cammina sul pontile galleggiante tra Sulzano e Monte Isola e che verrà inaugurato il 18 giugno. The Floating Piers è l’ultimo dei lavori di land art del duo Christo e Jeanne-Claude (coppia anche nella vita) «ma non è un progetto nuovo, l’idea è del 1970, quando volevamo costruirlo in Argentina, poi a fine anni Novanta ci abbiamo riprovato in Giappone, ma non abbiamo ottenuto il permesso quelle due volte. Nel 2014 mi è tornata alla mente Monte Isola, l’isola lacustre più alta d’Europa dove abitano duemila persone che possono raggiungere la terra solo con la barca» ed ecco che, per dare loro la possibilità di farlo anche a piedi, diventa realtà.
Perché solo 16 giorni? L’arte non dovrebbe essere eterna?
Questi 16 giorni coprono tre weekend e tutti i nostri progetti sono temporanei, riguardano un momento, poi facciamo altro. Dopo il 3 luglio The Floating Piers non ci sarà più, questo progetto non sarà riprodotto, non è un’opera d’arte trasportabile, perché è pensato per questo spazio.
Perché proprio il Lago d’Iseo?
Negli ultimi 15 anni Jeanne-Claude ed io abbiamo dato vita a 22 progetti, alcuni di essi erano disegnati per spazi particolari, come il Reichstag o le isole della Florida, il Pont Neuf, ma ce ne sono altri che abbiamo concepito in spazi naturali come una montagna e per il quale abbiamo dovuto trovare la montagna “giusta” (per l’opera Rifle, allestita in Colorado, NdR). Con The Floating Piers è avvenuta esattamente la stessa cosa: cercavamo un lago con acque calme e un paio di anni fa ho pensato al nord Italia e finalmente l’abbiamo realizzato.
Su The Floating Piers si camminerà sull’acqua?
Sì, per 16 giorni gli abitanti dell’isola saranno collegati alla terraferma e all’isola di San Paolo. Il tratto più lungo misura 1,1 km, mentre quello più corto 700 metri, i pontili saranno coperti con una stoffa gialla che creerà un effetto molto bello. È un progetto molto fisico, bisogna camminare proprio come sto facendo io adesso, perché credimi è davvero impossibile spiegare questo progetto senza provare questa sensazione fisica. Tutti i numeri della lunghezza possono sembrare noiosi, ma danno il senso all’opera.
I suoi lavori di land art interagiscono con la natura e l’ambiente. Qual è il significato di rivestire o coprire un paesaggio o una costruzione?
È troppa semplificativa come affermazione. Tutti i nostri progetti riguardano come la gente vive; riguardano l’ambiente dove la gente lavora e si muove. Questi progetti sono in sostanza qualcosa che ha a che fare con il modo con cui la gente usa lo spazio, cittadino o rurale. Ogni progetto è unico, non si tratta solo di coprire, The Umbrellas non era un progetto di “impacchettamento”, The Gate nemmeno…
Quindi qual è l’idea dietro i lavori di Christo?
L’idea è di prendere in prestito uno spazio o un paesaggio e fare un intervento. Ogni progetto lavora su tre dimensioni, sono lavori d’arte grafici che coinvolgono lo spazio che può essere una scultura, grande o meno, o un paesaggio naturale. I lavori che facciamo vanno oltre le sculture, riguarda dove viviamo, noi prendiamo in prestito questo spazio e creiamo un “gentile disturbo”: tutto quello che si trova lì fa parte della nostra opera. Mi spiego? Non abbiamo inventato quello che è stato avvolto nel Reichstag, era il vero Reichstag.
Parla di vero Reichstag. Quanto è importante il reale?
È tutto reale. Sono metri o chilometri reali quelli coinvolti nei progetti, è vera acqua, è vero vento, è vero sole, è vero caldo, è vero umido. Tutto ciò è reale, non è virtuale o immaginario: non sono computer, non sono fotografie, non sono film. Sono cose vere, significa prendere in prestito uno spazio che ha diversi livelli di restrizioni e regolamenti, perché non sono inventati da noi, ma dalle persone che lì vivono e dagli urbanisti,. I nostri progetti hanno più similitudini con l’architettura, per questo ci vuole così tanto tempo per realizzarli.
Come nel caso di The Floating Piers?
Certo, non sono tre chilometri di immagini nella testa o su una tela: sono tre chilometri reali nell’acqua. E per comprendere questo devi provare piacere nel fare questa esperienza. Come dicevo, sto camminando su The Floating Piers: per coprire la stessa distanza a New York mi servirebbero 15 minuti, qui ci vuole mezz’ora. Questo è ciò che riguarda questo lavoro, coinvolgere i sensi e trarne piacere e questa è la cosa più bella dei nostri progetti: sono unici, non copriremo mai nessun altro parlamento, non installeremo mai più un altro molo galleggiante.
Sarà uno dei keynote speaker alla prossima Conferenza Generale dei Musei ICOM Milano 2016. Di cosa parlerà?
Questo è quello di cui mi piacerà parlare a inizio luglio a Milano: del fatto che non ci sono illusioni o riproduzioni, sono cose vere e una delle cose che dovrebbe essere più vera è la nostra vita.
È un messaggio politico o sociale?
Ogni progetto ha più messaggi: ci sono diversi livelli di “interpretazione”. Noi non “facciamo” messaggi, nemmeno quando abbiamo coperto il Reichstag. Abbiamo preso qualcosa che era profondamente radicato nella nazione, ma né io, né Jeanne-Claude abbiamo mai saputo quello che la gente pensava di quel progetto o l’interpretazione che gli davano.
Che rapporto ha Christo con la tecnologia e i social network?
Ovviamente abbiamo computer e cose simili, ma non ho nessun piacere nell’essere coinvolto in queste cose immateriali. Noi sappiamo di essere vivi solo perché abbiamo i sensi… Del caldo, del freddo… Il virtuale distorce tutto e se sviluppi questo senso di miopia, niente può sostituirla. Nei nostri uffici non ci sono sgabelli, mi piace muovermi perché amo la sensazione del corpo quando si muove, la connessione tra i piedi e la terra. E lo stesso era per Jeanne-Claude, era quello che ci piaceva fare: muoverci.
Intervista pubblicata su WU 68 (giugno 2016). Segui Carolina su Facebook
La foto in apertura di Christo è di Wolfgang Volz
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