RICCARDO FERRARIS – TORNARE DAI LUPI
Riccardo Ferraris è un regista indipendente, che ha girato i festival con il documentario ‘The War in Between’ (ora disponibile su Chili). Sempre a caccia di storie bizzarre, ci racconta la sua vita tra lupi, veterani e suore che coltivano marijuana
di Matilde Quarti
Riccardo Ferraris con The War in Between racconta le conseguenze del disturbo post traumatico da stress (PTSD) dei veterani statunitensi da un’angolazione inedita: quella di un programma di riabilitazione fondato sul rapporto tra i soldati e i lupi del Lockwood Animal Rescue Center, a nord di Los Angeles. Lupi a loro volta traumatizzati, feriti durante retate di caccia o vissuti in cattività, che trovano un insospettato giovamento nel rapporto con i veterani che li accudiscono. Abbiamo chiesto a Riccardo Ferraris di raccontarci qualche curiosità sulla genesi di The War in Between, in Italia ora disponibile su Chili.
La storia di The War in Between è incentrata sulle figure di due veterani, Jim, che racconta esperienze molto intime, e Juan, che è all’inizio del suo percorso di riabilitazione. Come li hai convinti a farsi filmare?
È stato complicato, soprattutto con Juan: per oltre un mese e mezzo ogni mattina arrivavo al centro e lo salutavo, ci scambiavamo uno sguardo, e poi non mi rivolgeva più la parola. Con Jim, invece, è stato diverso: sentiva il bisogno di raccontarsi, quindi siamo riusciti a fare un’intervista in cui è arrivato al nucleo del suo malessere. I veterani che soffrono di PTSD hanno un filo conduttore comune: hanno vissuto non solo l’esperienza della guerra, ma soprattutto hanno visto da vicino la morte di qualcuno, per la quale si sentono colpevoli
Quanto tempo hai impiegato per guadagnarti la loro fiducia prima di cominciare le riprese?
Per i primi due mesi e mezzo non ho acceso la telecamera. Ci vuole tempo per ottenere fiducia da un veterano che soffre di PTSD: i civili sono sempre guardati con sospetto, perché possono approfittarsi della loro condizione di fragilità.
Negli Stati Uniti è il dipartimento del Veteran Affairs a occuparsi dell’assistenza sanitaria dei veterani. Dal tuo documentario, però, sembra che non basti.
Per le persone affette da PTSD, di solito, la cura prevede delle sedute di gruppo con degli psicologi e l’assunzione di psicofarmaci. Questi dovrebbero essere intesi come un rimedio a breve termine, ma in realtà vengono usati anche per 15 o 20 anni. Difficilmente chi li prende riesce ad avere una vita normale. Al Lockwood Rescue Center hanno pensato a una terapia back to nature: togliere le pillole, l’alcol, il rumore della città e mettere i veterani a contatto con degli animali che hanno vissuto un trauma simile.
E i lupi come hanno reagito alla presenza del tuo team?
Avevano molta paura di noi, paura che era reciproca. L’incontro con un lupo è una cosa unica: il tuo corpo percepisce che deve controllarsi come non ha mai fatto prima. Ci sono delle regole nel rapportarsi con questo animale, occorre sapere come muoversi, cosa indossare, non mettere profumo, non fumare. Quando entri nel suo recinto, il lupo si muove in un cerchio che lentamente si chiude su di te, poi si avvicina per annusarti, controllarti. Questa cosa i veterani la percepiscono come un rito di iniziazione e li fa entrare talmente in contatto con i lupi che quasi diventano dei nuovi compagni di plotone.
Un tema del genere può interessare anche un pubblico italiano?
I lupi di cui racconto sono animali che hanno vissuto esperienze traumatiche e il tema della caccia al lupo è molto attuale anche in Italia. Una delle idee cardine di questo documentario è che il lupo non debba essere ucciso: è fondamentale per l’ecosistema. In Italia si discute spesso sulla possibilità di introdurre quote di abbattimento ma non ha senso, la situazione non è paragonabile a quella di altri stati come la Svezia o la Romania. È importante difendere questo animale: negli Stati Uniti oggi è legale comprare una licenza per ammazzare 15 lupi al giorno, a me sembra una follia.
Quali sono gli altri progetti di Riccardo Ferraris?
Ho girato una serie di documentari brevi sul tema della stranezza per l’RSI e sono andati in onda negli Stati Uniti. Sono stati girati in California e sono un viaggio tra chirurgi plastici per cani, sommelier dell’acqua, suore che coltivano marijuana e aziende di RealDoll.
Qual è la “stranezza” che ti ha colpito di più?
C’è un posto che si chiama Cuddle Sanctuary in cui lavorano due ragazze che si fanno pagare 60 dollari all’ora per abbracciare le persone. Si rivolgono a gente che lavora tutto il giorno, torna a casa e non ha nessuno, ma ha bisogno di sentire del calore umano. Una cosa del genere in un posto come Gallarate, da dove vengo io, sarebbe impensabile, invece a Los Angeles fanno la fila.
E un progetto del genere come nasce?
Lavoro sempre facendo proposte ai miei committenti e mi piace andare a caccia delle notizie più strane. Sono contento che questi mini-documentari abbiano la possibilità di essere pubblicati su un sito italiano: quando lavoravo a Milano, ogni tanto proponevo dei servizi simili e mi sentivo rispondere «noi non facciamo strano ma vero». Invece mi sembra che adesso l’attitudine sia cambiata e ci sia più attenzione per le storie particolari.
The War in Between si potrà trovare su vari siti di video on demand: la possibilità di utilizzare questo tipo di piattaforme cambia molto le prospettive di un regista?
Sì, per me fa molta differenza. Prima di tutto cambia l’accessibilità: non si è costretti ad aspettare di andare al cinema, comprare un DVD, avere supporti esterni. Mi scrivono persone dal Portogallo, per esempio, o dal Giappone, e mi chiedono come fare a vedere il film: questo tipo di pubblico si può soddisfare esclusivamente con una distribuzione via streaming. E poi c’è il controllo del film: avere la possibilità di condividere il link su Facebook con le persone che mi seguono, fare degli sconti, inviare singole scene… Per me il fatto che un film sia online è fondamentale.
The War in Beetween di Riccardo Ferraris ora lo potete trovare su Chili
L’intervista a Riccardo Ferraris è stata pubblicata su WU 90 (agosto – settembre 2018). Segui Matilde su Facebook
Dello stesso autore
Matilde Quarti
CONTENTS | 12 Maggio 2022
COSTRETTI A SANGUINARE
CONTENTS | 4 Novembre 2019
I DISEREDATI DELLE BELLE ARTI
CONTENTS | 19 Novembre 2018
RIDERE DIETRO IL MICROFONO