IL TECNO-CIMITERO PER I GADGET DEL CUORE
A Mosca ha aperto il cimitero della tecnologia, uno spazio in cui seppellire i propri device, smartphone, computer e videogame. E voi a quali tecno-amici vorreste dare degna sepoltura?
di Camilla Sernagiotto
È stato da poco inaugurato il primissimo cimitero per robot, uno spazio preposto alla sepoltura dei nostri cari robotici. Questo pioniere di quella che potrebbe diventare una prassi si trova a Mosca, presso l’Istituto di Fisica e tecnologia. A inaugurare questa macabra sezione del Phystech Park è stato il funerale di un robot colpito alla testa mentre era in servizio. Infortunio sul lavoro, la causa numero uno della dipartita dei robot, stakanovisti per loro stessa conformazione.
Ma oltre all’ultimo saluto dato al collega robotico, questo cimitero che stravolge l’acronimo R.I.P. in Robot in Peace è gettonatissimo anche dai tanti bambini che vogliono dare proprio lì l’estrema unzione alla macchinina radiocomandata o alla Playstation che è stata per loro un amico più fedele del gatto. Aspettando di scoprire se questo caso da isolato diventerà invece l’antesignano di una consolidata pratica, quella dell’addio a compianti computer e smartphone, ecco i cinque “cadaveri” tecnologici a cui si dovrebbe dare degna sepoltura.
Game Boy, videogame in modalità mobile antelitteram
La mitica console portatile nata in casa Nintendo nel 1989 (e arrivata in Europa dal Giappone l’anno seguente) è un capitolo fondamentale dell’epos tecnologico. Assieme al videogioco in dotazione agli inizi della sua commercializzazione, ossia Tetris, il Game Boy è stato un must che si meriterebbe l’onore dell’imbalsamatura anziché una semplice sepoltura.
Perché seppellirlo?
Perché ha insegnato a una generazione intera a muovere agilmente le dita, preparandoci a una performance eccellente sui tasti di quelli che sarebbero poi diventati i cellulari. Inoltre ci hanno insegnato che i veri supereroi sono gli idraulici.
Il Tamagotchi, vera madeleine proustiana
Chi non si è svegliato a notte fonda per dare da mangiare al proprio cucciolo tecnologico targato Nineties? In pochi, dato che c’è stato un momento in cui vedevi più Tamagotchi in mano che ciucciotti di plastica colorati appesi ai Jolly dell’Invicta. Questo gioco elettronico portatile vide la luce nel 1996. Il padre putativo è il giapponese Aki Maita anche se poi i genitori di fatto sono stati i milioni di bambini-quasi-ragazzini (ma anche Young Adult più attempati con sindrome di Peter Pan in stadio avanzato) che si sono occupati fin dalla nascita di questa specie aliena chiamata appunto Tamagotchi.
Perché seppellirlo?
Ha dato un assaggio alle allora bambine e bambini di cosa significa la genitorialità. È stata insomma una prima tartina di quello che poi è diventato un mega buffet di responsabilità e sòle, con la differenza che per il Tamagotchi ci svegliavamo volentieri nel cuore della notte mentre quando nostro figlio piange per la poppata notturna scleriamo.
My Magic Diary, l’archetipo dello smartphone (che però non telefonava)
Un’altra chicca risorta dalle ceneri degli anni Novanta è il My Magic Diary, una tra le prime agende elettroniche destinate a un pubblico giovane. Varata da Casio verso la metà del decennio, questo versatile dispositivo è immediatamente diventato uno degli accessori più amati dagli under 20, in particolare dal pubblico in gonnella. Con funzioni che anche oggi spopolerebbero (ti diceva se c’era affinità di coppia con un amico, mandava messaggini attraverso gli infrarossi e permetteva di fare i ritratti dei contatti in rubrica), il My Magic Diary vivrà in eterno nei cuori di chi lo ha utilizzato.
Perché seppellirlo?
Perché ci ha insegnato a essere multitasking quando ancora un simile vocabolo sarebbe stato impronunciabile dai più, almeno in Italia. L’innata indole all’organizzazione patologica che chiunque di noi ha in nuce è emersa proprio grazie allo spacchettamento sotto l’albero di Natale del My Magic Diary, mentre in sottofondo cantava Kurt Cobain.
Il primo Nokia non si scorda mai
Il Nokia 3310 non è certo stato il primo cellulare, nemmeno il primo di marca Nokia, ma senza dubbio è stato il primo grande amore di milioni di adolescenti. Uscito nel 2000 con lo slogan Connecting People, ha davvero connesso tantissime persone, per lo più giovanissime, a suon di bip di SMS e squillini che significavano “ti penso”. Il trentatrédieci (per gli amici) è stato uno dei cellulari più popolari della storia dell’umanità, con ben 126 milioni di esemplari venduti fino al suo tragico ritiro dal mercato nel 2005 che gettò nella disperazione un sacco di fedelissimi.
Perché seppellirlo?
Perché per molti di noi è stato il Cyrano de Bergerac grazie al quale abbiamo conquistato la nostra dolce metà, scrivendo per noi messaggi d’amore più fulminei e fulminanti di una freccia di Cupido. E perché ci ha insegnato a essere parsimoniosi in materia di caratteri, in previsione di Twitter. Nel caso del Nokia 3310 i caratteri erano soppesati a peso d’oro dato che gli SMS, se ben vi ricordate, si pagavano!
L’iPod, il primo vero morso alla grande mela
Il 23 ottobre 2001 segnò l’inizio di una nuova era: quella degli zombie 2.0 dalle cui orecchie penzolano auricolari bianchi. Galeotto fu l’iPod, il lettore di musica digitale lanciato sul mercato proprio quel fatidico giorno dalla casa madre, la Apple. Da quel primo frutto proibito (e abbastanza proibitivo, come tutte le successive primizie vendute dal fruttivendolo più ricco della storia: Steve Jobs) sono nati poi tutte le varie diavolerie tecnologiche della Apple. Tutte così tentatrici che è un vero peccato non averle collezionate tutte.
Perché seppellirlo?
Perché ci ha permesso di guardare il mondo con orecchie diverse, quelle in cui riversavamo no stop la musica del nostro cuore senza sembrare dei reietti della società con cuffie da dj e walkman preistorici nel marsupio. Grazie all’iPod abbiamo vissuto con la colonna sonora della nostra vita sempre a disposizione, quelli in cui la tecnologia sembrava avere ancora quell’aurea sacra dell’analogico.
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