PLASTIC DREAMS – AVERE VENT’ANNI AL TEMPO DEI RAVE
Plastic Dreams di HeadBangers Publishing raccoglie 440 foto scattate tra il 1991 e il 1999 durante eventi di musica elettronica in Francia. Il messaggio è chiaro, ribadito anche dall’autore, Olivier Degorce: «La cosa più importante era ballare e divertirsi». Ma c’è dell’altro
di Luca Gricinella
Negli anni Novanta, a Parigi, Olivier Degorce è uno dei tanti ventenni che non si perde mai un evento legato ai ritmi elettronici. A differenza degli altri raver e clubber, però, lui ha sempre con sé una macchina fotografica e, nonostante ogni scatto abbia un costo (la pellicola va comprata, sviluppata e stampata), non si limita facendo mettere semplicemente in posa i protagonisti di quelle notti: Degorce ruba smorfie gaudenti, atteggiamenti scomposti e immortala una miriade di sguardi, dai più accesi ai più spenti, tuffandosi, intrufolandosi o, ancora meglio, confondendosi tra i corpi plastici di questo movimento. Le foto del suo Plastic Dreams ritraggono 220 dj e una folta schiera di raver e clubber in azione durante i set. «Ho fotografato tutti questi artisti – racconta Degorce – prima che diventassero famosi. Molti di loro sono stati anche dimenticati o hanno scelto di interrompere la carriera. Per me hanno tutti il loro posto in questa grande avventura elettronica. Il mio libro rende omaggio a questa pluralità di stili musicali e di attori, all’entusiasmo degli inizi, alla spensieratezza e a quella spontaneità che è tangibile in queste 540 pagine».
Può suonare strano ma questo libro, di riflesso, mette in mostra anche il processo che porterà alla fine delle tribù metropolitane: i loro incontri, innescati dal concetto di crossover, all’epoca molto in voga in campo musicale, fanno vacillare i confini per poi, nei due decenni successivi, non permettere più, per esempio, di associare senza esitazione un genere musicale a un look. Sarebbe riduttivo, dunque, usare definizioni come “Rave Culture” o “House Nation” per circoscrivere il lavoro di Degorce in Plastic Dreams anche perché, tra gli artisti ritratti, ci sono Laurent Garnier, Jeff Mills, Carl Cox o i Daft Punk (meglio ancora, i loro pantaloni e un pezzo delle loro schiene…) così come Kid Loco, Squarepusher, Howie B o Dj Shadow. «Erano molte le tribù che facevano parte dell’ampio spettro dei ritmi elettronici – continua il fotografo parigino. Si partiva dai BPM più lenti del trip hop, dell’ambient o dell’hip hop astratto di Dj Krush e si arrivava ai ritmi più chiassosi degli Spiral Tribe».
Scorrendo le foto si nota un’evoluzione: se nei primi anni Novanta spiccano entusiasmo ed esuberanza, come se si percepissero le novità del momento e la rivalsa dell’underground, nella seconda metà del decennio aumentano le pose, i sorrisi appaiono più misurati e tutto sembra più incanalato in dinamiche meno spontanee. Il fermento della prima parte del decennio inizia a perdere energia e Degorce ha una sua visione in merito: «Noi abbiamo accompagnato l’apparizione di una nuova corrente musicale e questo ha reso la nostra generazione era di un fenomeno che viveva in diretta! Eravamo tutti avidi di novità e da questo punto di vista eravamo accontentati: ogni settimana c’erano nuove musiche e nuovi suoni, l’evoluzione era costante. Le mie foto sono in pellicola ma, verso la ne dei Novanta, la digitalizzazione stava pian piano arrivando mentre il mondo del web si affacciava e immaginavamo degli sviluppi: ci venivano offerte delle possibilità e, nel bene e nel male, era eccitante. Va detto, però, che nella misura in cui non esistevano la geolocalizzazione e il cellulare, regnava un vento utopico sotto forma di libertà di spostarsi dove si voleva senza che nessuno lo sapesse. Questo non è più successo dopo».
I temi della privacy, del presunto potere diseducativo delle musiche giovanili, dello spaesamento delle nuove generazioni non sono assenti nelle foto di Plastic Dreams. Degorce parla di un passato che è padre del nostro presente: «L’elettronica – prosegue – è stata denigrata e criticata dai media e dal pubblico, eppure oggi è entrata nel nostro paesaggio sonoro quotidiano (i jingle alla radio, le pubblicità in tv, ecc). Non ce ne rendiamo più conto, oggi è diventata una musica come un’altra mentre noi, all’inizio dei Novanta, andavamo ad ascoltarla e a fare festa in luoghi come aree industriali, magazzini e chiatte. Mi ricordo che scattavo queste foto dicendomi che non sarebbero servite a nulla… e adoravo questa cosa. Ho radiografato questo periodo in immagini, ritraendo non solo i rave e i dj ma anche le persone che mi circondavano, gli oggetti, il cibo, lo stile, le situazioni. Tutto andava molto veloce, le pellicole scorrevano nella mia macchina e non immaginavo questo successo perché noi, prima di tutto, difendevamo questa musica con corpo e anima!».
In due foto del libro appare anche uno sbarbato Pedro Winter, allora neo manager dei Daft Punk, futuro fondatore di Ed Banger e oggi editore di Plastic Dreams. «Conosce molto bene questa musica e ha vissuto il movimento dall’inizio. Non ci ha pensato molto prima di accettare di pubblicare il libro con grande entusiasmo», ci svela Degorce, che poi conclude: «Quando incontro dei ragazzi patiti dei Novanta e nati nel periodo in cui facevo queste foto e gli chiedo il motivo di questa passione, viene spesso fuori una parola: autenticità… forse oggi manca».
Articolo pubblicato su WU 88 (maggio 2018). Segui Luca su Facebook