GENTE – LA NUOVA SFIDA, TUTTA BOLOGNESE
Gente è il nuovo progetto di Renato Stefano del quale è uscito da poco un singolo, ‘Genere’. Ne abbiamo approfittato per parlare di questa avventura musicale e di come si potrebbe evolvere. Con Bologna protagonista, ovviamente
di Francesca Zammillo
Aspetto Renato in uno dei tantissimi bar della zona universitaria di Bologna. Ci siamo già incontrati ma oggi sarà un po’ diverso: voglio parlare di Gente, il suo progetto, quello cha ha convinto un po’ tutti, compreso Spotify. Con appena tre brani alle spalle e ascolti streaming in tempo record, Gente sembra essere la risposta bolognese a quel “cantautorato con flow” che conquista il pubblico negli ultimi tempi. Gente sperimenta, rifiuta i confini delle etichettature e miscela testi istintivamente rap a basi incisive e mai scontate. Sembra sapere come convincere chi lo sta ascoltando, il tutto senza mai allontanarsi troppo dai portici della sua città.
Parlami di Genere, il tuo nuovo singolo, e del video che gira in questi giorni online.
Genere è un pezzo che ho scritto svariati anni fa ed è il mio primo vero banco di prova perché anche la produzione è curata da me, totalmente. È una canzone che per me significa molto: parla del mio vissuto e di quello del mio gruppo di amici, della situazione in cui ci si trova quando si è categorizzati ed etichettati come qualcosa, quando si ha la sensazione che gli altri abbiano dei pregiudizi al tuo riguardo. Parla proprio di questo e della sconfitta del pregiudizio stesso, di come si può superare questo enorme problema. Il video invece è nato dalla follia mia e di Andrea Ranzi (ride, NdR) con cui ho realizzato altri due video. Abbiamo voluto fare qualcosa di diverso, per cambiare e non riproporre le solite cose. Abbiamo realizzato qualcosa di totalmente improvvisato, come va molto adesso: non so se avete visto i video di Achille Lauro giusto per fare un esempio. Abbiamo fatto la stessa cosa: siamo arrivati sul set senza idee ed è venuta fuori una cosa pazzesca, in cinque take.
A proposito di categorizzazione, nella musica però non è sempre un qualcosa di negativo. So per esempio che Gente è stato inserito nella playlist Graffiti pop di Spotify, una bella vetrina che ti ha permesso di essere conosciuto da più persone. Cosa ha voluto dire per te? E quanto credi sia influente Spotify in questo tipo di dinamiche?
Spotify è una realtà che ormai sta prendendo il possesso del mercato musicale, o perlomeno di una fetta di esso, anche se il business model non permette loro di avere dei guadagni veri e propri di anno in anno. Per me è stato molto figo, nonostante abbia sempre cercato di evitare le etichette, perché Spotify ha visto nel progetto Gente qualcosa di super contemporaneo e ha voluto dargli credibilità. La cosa interessante, però, è che queste sono frutto di un lavoro di più di due anni fa: è un po’ come se avessi previsto il futuro (ride, NdR). Poi, certo, è importante perché è un contenitore che ti permette di raggiungere molte persone nonostante tu produca canzoni dalla cameretta, come me fino a qualche tempo fa.
Quindi tutto quello che hai scritto risale a qualche anno fa?
Non tutto, però la maggior parte sono testi di quel periodo, con produzioni che ovviamente si sono sviluppate nel tempo. Poi ci sono cose che ho fatto anche recentemente, e sto facendo ora.
Era un periodo particolare?
Subito dopo il liceo non avevo inizialmente voglia di continuare a studiare, sono andato a lavorare e in quel momento avevo molta voglia di esprimermi a livello artistico. Anche se potrà sembrare un po’ banale, per me la scrittura è sempre stata una terapia d’urto, il mio psicologo personale. Scrivere così tanto è sempre stato il mio modo di comunicare. È un po’ per sconfiggere questo stereotipo dell’uomo apatico che non esprime mai i suoi sentimenti (ride, NdR).
Hai sempre prodotto musica di questo genere?
Da ragazzino ho conosciuto persone come Inda, Drefgold, la Proevolution Joint, il collettivo che ci riuniva un po’ tutti. Pensavo, da grande appassionato e fruitore di rap, che il rap fosse quello che mi rappresentava di più, intendo proprio quello di strada, spinto. Poi una mia canzone, senza motivo, divenne una hit. Ai tempi facemmo una cosa come 50 mila visualizzazioni su YouTube, la gente ci fermava per strada, una cosa assurda. A ripensarci ora mi rendo conto che tutto prendeva già il suo corso.
Com’è nata la collaborazione con Parix Hilton?
Ci siamo conosciuti in uno studio. Lui lo frequentava per imparare cose più tecniche di mastering, mentre io cercavo di migliorare la qualità delle mie registrazioni; questo studio che ora fa cose molto underground, mi ricordo che in passato lavorava tipo per Zucchero. Lui è un mostro, ed è strano che abbia preso sotto la sua ala un ragazzino come lo ero io all’epoca. Ci siamo innamorati l’uno dell’altro, nonostante lui faccia tutt’altro genere ha avuto la sensibilità di capire una cosa diversa. Anzi, per lui sono forse uno stimolo, i suoi clienti di solito chiedono la stessa cosa omologata, poi arrivo io ed è tipo la ricreazione (ride, NdR).
Quali sono le collaborazioni che vorresti fare?
Irrealizzabili: Anderson.Paak, anche domani, io canto lui suona la batteria. Tra quelle realizzabili mi piacerebbe molto rovinare gli equilibri che ci sono tra i Coma Cose, mettermi in mezzo a quella coppia perfetta (ride, NdR).
Tutti noi abbiamo visto che sui social non sei mai comparso: perché? Come credi che si evolverà questa cosa nei prossimi mesi? E come credi dovrebbe rapportarsi un artista ai suoi social?
I social ora sono molto importanti, sono la nuova tv; se pensi alle stories di Instagram ti permettono di familiarizzare unilateralmente con i tuoi fan. Vedono la tua faccia, le tue cose, la tua personalità, e per loro diventi un amico anche se non li conosci. Questo non è il mio caso perché non sono ancora arrivato a quei livelli lì, ovviamente, però in genere secondo me è questo l’impatto che i social hanno sul rapporto artista-fan. Non comparire è stata una trovata particolare. Alcuni hanno detto: «Ah, vuoi fare come Liberato, funzioni come lui». Il concetto in realtà era un altro: volevo mandare avanti la mia musica, vedere come questa veniva percepita dagli altri e solo in seguito mostrare la mia immagine. Non sono un modello ma non ho timore di farmi vedere o storie del genere. Era semplicemente per far sì che la mia musica potesse ricevere un giudizio oggettivo, volevo scindere la mia immagine dalla mia musica: una sorta di esperimento, anche se so che è impossibile farlo fino in fondo. La risposta ad ogni modo è stata positiva, poi il prima possibile ho mostrato il mio volto, senza problemi: non c’è nessun Bloody Beetroots, nessun Liberato, nessun concept di questo genere.
Quanto è stato importante per te iniziare a fare musica a Bologna? Perché rimanere oggi ancora qui?
Eh, qui si apre un vaso di Pandora! Bologna è una bomba, città studentesca per eccellenza, città storica e che ha fatto la storia della musica. Adesso è un po’ ferma perché si sono costruite mentalità molto fondamentaliste, molto chiuse. Bologna è la super sfida: quella di riuscire a ribaltare questa situazione che si è creata, per riportarla veramente in alto. Banalmente, abbiamo citato prima Drefgold: lui per poter fare il salto di qualità, come tutti, è dovuto andare a Milano. La figata sarebbe prendere Bologna e farla diventare, anzi, farla ritornare, uno dei poli della musica italiana.
Credi che possano davvero coesistere generi molto diversi all’interno di uno stesso festival, oppure credi sia una forzatura fatta per accontentare il pubblico pagante?
È un argomento molto delicato. Secondo me è una figata la contaminazione dei vari generi nella stessa serata, vedi l’Home Festival, vedi il MiAmi, però ultimamente se ne sta facendo un abuso. Fighissimo, però a volte si ha la sensazione che ci siano situazioni improvvisate che non rispondano davvero al concetto di “festival”. Dal punto di vista dell’artista invece è una bella opportunità, ti permette di far ascoltare la propria musica a più gente possibile, di modo che la cerchia si allarghi.
Ti aspettavi 50 mila ascolti per il primo singolo di Gente?
È stato stranissimo, veramente. Vedo anche persone che conosco, che fanno uscire le proprie cose e purtroppo non hanno lo stesso riscontro che ho avuto io. È stata una figata, bisogna cercare di migliorarsi sempre di più ed arrivare a sempre più persone.
Se dovessi farti “contaminare” da un genere totalmente diverso dal tuo, quale sceglieresti?
Totalmente diverso no, ma il soul è un terreno che mi piacerebbe molto sondare. Espandersi verso quel tipo di suono sarebbe una svolta, avvicinarsi alla black music in generale. Però ovviamente non è molto lontano da quello che faccio io, nonostante in molti adesso potrebbero pensarlo.
Dimmi dell’album di Gente: cosa sta per accadere e cosa dobbiamo aspettarci!
È appena uscito Genere, il mio nuovo singolo, quindi aspetto di vedere come verrà recepito. Nessuna strategia segreta, vedremo andrà!
Tre pezzi da mandare in radio durante il nostro programma?
Ultra Light Beam di Kanye West, Suede degli Nxworries, che è la combo di Anderson.Paak e Knxwledge, e il terzo… Uno dei Rex Orange County.
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