CHVRCHES – THE POWER OF POP
I Chvrches hanno pubblicato questa primavera ‘Love is Dead’, il loro terzo album in studio. Ce lo presenta la cantante Lauren Mayberry, che con i suoi compagni Iain Cook e Martin Doherty sarà sul palco del Fabrique a metà novembre per la loro unica data italiana di questo autunno
di Carlotta Sisti
Il 2018 rimarrà, per i Chvrches, l’anno in cui hanno messo in atto il tentativo di smarcarsi dalla definizione di band alternative pop, abbracciandone solo la metà “pop”. Scuro, raffinato, talvolta imponente, ma comunque pop, perché il terzo lavoro in studio della band scozzese composta da Lauren Mayberry, Iain Cook e Martin Doherty, dal titolo piuttosto diretto di Love Is Dead, ha visto alla regia il mega produttore Greg Kirstin ovvero l’uomo dietro ai successi di gente come Sia, Rita Ora, Adele, Lily Allen. Naturale, dunque, che dopo due lavori autoprodotti (l’acclamatissimo debutto The Bones of What You Believe e Every Open Eye del 2015), lo spostamento stilistico ma anche di intenzione verso qualcosa di più accessibile, spiazzi un po’, al primo ascolto di questo disco dei Chvrches. Ci sono, tuttavia, anche in questo Love Is Dead dei riferimenti famigliari, come la voce sempre eccezionale di Lauren Mayberry o alcuni pezzi che guardano maggiormente al passato del trio synth pop, come God’s Plan, che mantengono l’hype altissimo in vista della prima e unica data italiana dei Chvrches, il 14 novembre al Fabrique di Milano. «Dove – come mi racconta al telefono una Lauren Mayberry parecchio ciarliera e carica, nonostante sia in tour no stop da mesi – finalmente potremo incontrare i nostri fan italiani a casa loro».
Voi Chvrches siete famosi per i tour interminabili: come si regge a un ritmo del genere?
Siamo una band che viene dalla gavetta vera, quindi ci siamo fatti le ossa. Alcune esperienze, come quella del 2013 che ci ha visti fare da apertura ai Depeche Mode, sono state davvero formative, tanto più che ai tempi ci avevano raccontato cose terribili sui fan dei Depeche, che sarebbero molto poco gentili verso i gruppi spalla. E invece con loro è sempre stato tutto meraviglioso. Quindi, tornando a oggi: sì, può essere stancante viaggiare parecchio, cambiare di continuo letto e fuso orario, suonare quasi ogni giorno, ma se in cambio si riceve così tanta energia come accade a noi, beh, in qualche modo ci si rigenera sempre.
Ormai dopo tre album avete un ampio repertorio da cui attingere: come selezionate i brani da mettere in scaletta?
Semplicemente suoniamo quello che pensiamo le persone vogliano sentire. Non mi piace chi, in nome del voler essere creativo a tutti i costi, evita di fare le cosiddette hit. Il nostro desiderio è che i fan vadano a casa pienamente soddisfatti, felici di essere venuti, quindi il criterio di scelta è questo: fare contenta le gente.
Questo disco dei Chvrches è molto politico nei testi: qual è stata l’urgenza che l’ha ispirato?
Da un alto io mi sono resa conto di voler essere maggiormente onesta nelle liriche dei pezzi, non che nei precedenti non lo fossi stata, ma stavolta ho usato meno metafore, preferendo andare dritta al sodo. Mi sono voluta ritrovare al cento per cento nelle canzoni di Love Is Dead, perché se tu credi in ciò che canti, allora è molto probabile che anche chi ti ascolta ci crederà. Bisogna essere autentici, nella musica e nell’arte in generale.
Perché un titolo così forte come Love is Dead?
Perché il pensiero che mi affligge è che oggi si stia perdendo sempre di più l’empatia verso l’altro, in favore della paura. Paura cavalcata e fomentata da tanti leader politici che dicono di voler, per esempio, ergere muri, isolare, al fine di “proteggere” la popolazione che governano. Ma ciò che vogliono davvero è creare il nemico: se la tua vita fa schifo e qualcuno ti dice che è per colpa di qualcun altro, iniziando a crederci darai il via a quel meccanismo di perdita di compassione umana ed è una cosa che a me spaventa tanto.
Come mai, dopo due dischi autoprodotti, avete deciso di lavorare con Greg Kurstin?
Perché è scattata subito un’alchimia fortissima. Dal primo momento in cui siamo entrati in sala di registrazione con questo ragazzo fantastico, lui ha iniziato a suonare con una vecchia keyboard il riff iniziale di Get Out e noi abbiamo iniziato a dire: «Oddio, è incredibile, è bellissimo». Man mano che uscivano le tracce ci sembrava che ci fosse sempre stato anche Greg, nel seminterrato di Glasgow dove tutto ha avuto inizio.
La canzone a mio avviso più coinvolgente è Graves, dove canti: «They’re leaving bodies in stairwells / And washing up on the shore»…
Sì, anche per me lo è. I versi di questo pezzo sono arrivati molto rapidamente, e l’ispirazione è stata vedere persone di potere non essere mai ritenute responsabili di nulla, cavarsela sempre, anche quando accadono fatti terribili, come la sparatoria nella scuola in Florida. Ho guardato la CNN e ho sentito un ragazzino di 15 anni dire cose molto più giuste e sensate di mille politici messi insieme, a proposito del problema fuori controllo delle armi da fuoco in America.
Rimanendo sul politico, tu hai parlato di sessismo e misoginia ben prima di #MeToo: pensi che oggi siano stati fatti passi avanti?
Il #MeToo è stato qualcosa di molto importante, perché ha sollevato il velo su un grossissimo tabù come sono le molestie sessuali, ma mi importa di più ciò che accadrà nei prossimi anni. Voglio vedere se la gente metterà i soldi dove finora ha messo le parole, perché se è vero che ci sono persone realmente in prima linea su questa battaglia, molte altre stanno sfruttando il movimento per far parlare di sé. Spero, insomma, che gesti simbolici come i vestiti neri di qua, le rose bianche di là, si tramutino in atti concreti.
Vi chiamate Chvrches e in questo disco ci sono canzoni come God’s Plan e Heaven/Hell: che rapporto hai con la religione?
Non mi posso definire un persona religiosa: essendo scozzese sono cresciuta in mezzo a valori cristiani, ma non mi sento di appartenere ad alcuna chiesa. Mi interessa moltissimo, però, provare a capire in che cosa la gente crede o non crede, da che cosa nasce questa fede e se fa compiere azioni belle oppure orribili.
Tra l’altro anche Drake ha fatto un pezzo, molto famoso, che si chiama God’s Plan …
Sì, incredibile, non ci potevamo credere! Mi piace Drake, lo apprezzo, ma la nostra canzone non è una citazione, come in tanti ci stanno chiedendo. Questa cosa è davvero buffa, ma la verità è che avevo già finito di registrare le tracce quando la hit di Drake è uscita. Tant’è. Di sicuro hanno lo stesso titolo, ma suonano in modo molto, molto diverso.
In molti definiscono la tua voce “dolce”: ti piace questo aggettivo?
Mi piace l’idea che possa essere dolce, ma cantare di cose toste. Se avessi una voce dolce e cantassi cose sdolcinate, forse sarebbe troppo, invece avere un timbro così e dire di essere molto incazzata, beh, lo trovo intrigante.
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