MADE IN KOREA, LE FOTO DELLA COREA DEL SUD DI FILIPPO VENTURI
Il Festival della Fotografia Etica di Lodi è stato l’occasione per Filippo Venturi di presentare il suo lavoro sui due stati coreani che è da poco diventato un libro. Gli abbiamo chiesto di raccontarci la genesi di questo progetto, focalizzandoci sul macrocapitolo che interessa la Corea del Sud
di Enrico S. Benincasa
La Corea del Sud è un Paese di cui sappiamo meno di quello che forse dovremmo, su cui i riflettori sono poco puntati anche per via dell’esposizione mediatica che i loro “dirimpettai” nordcoreani hanno, dato soprattutto il protagonismo politico di Kim Jong-un. Altre nazioni come Cina e Giappone sono state più raccontate: ci sono quindi poche foto della Corea del Sud e pochi progetti rispetto ad altri Paesi della stessa area. Filippo Venturi, fotografo documentarista originario di Cesena, se n’è accorto quasi per caso qualche anno fa: «La mia compagna stava studiando per lavoro i comportamenti dei turisti sudcoreani in Italia e mi raccontava spesso i fenomeni strani di questo Paese, così ho cominciato a interessarmene».
Questo interesse di Filippo si è tramutato presto in uno studio approfondito, focalizzato in particolare sugli strati più giovani della popolazione di un Paese che produce fenomeni musicali come il k-pop e multinazionali che conquistano il mondo come Samsung. A questo periodo durato circa un anno è seguito un viaggio di 15 giorni nel 2015, sia nelle grandi città come Seul e Busan, sia nei centri più rurali. La società coreana è uno strano mix, fatto di cultura occidentale soprattutto di matrice statunitense – a Seul per ogni mille abitanti c’è un americano – un senso del dovere molto sentito, sia in ambito familiare sia nei confronti del Paese stesso, e un mito della perfezione da raggiungere in ogni campo. Questo si riverbera per prima cosa negli studi: «C’è un detto coreano che riguarda l’anno nel quale gli studenti svolgono i test di ammissione all’università. Dice più o meno così: se dormirai tre ore a notte potrai ambire a entrare nelle SKY, le tre università più prestigiose (Seul University, Korean University e Yonsei University), se ne dormirai quattro potresti riuscire a entrare in un’università normale, se ne dormirai cinque o più scordati l’università», continua Filippo. Aspettative alte che poi continuano anche nel mondo del lavoro e, se non si riesce a soddisfarle, subentra un senso di colpa e vergogna: «Si percepisce, inoltre, quasi una paura di distinguersi dalla massa, cosa che in altre culture è condizione necessaria per emergere. Qui forse è il contrario: per emergere devi seguire gli standard».
Questa ossessione per la perfezione coinvolge anche il lato estetico, tanto che è difficile, camminando per la capitale, non notare come la quasi totalità delle donne più giovani abbia fatto interventi di chirurgia estetica agli occhi per “occidentalizzarli”. Ma è anche causa di forte stress che porta a grosse piaghe sociali come l’alto tasso di suicidi e l’alcolismo. In Corea del Sud il superalcolico più diffuso è il soju e, nonostante sia presente solo nella penisola, è tra i più consumati al mondo. Si beve per alleviare lo stress o per abitudine, magari in compagnia del capo a cui non si può mai dire di no. Ci sono però anche situazioni dove si può provare a uscire da queste situazioni di stress: «Esistono dei centri di recupero che ho visitato – ci racconta Filippo – dove si sta per un periodo di tempo variabile che va da pochi giorni a qualche settimana. Si trovano fuori dai grandi centri. All’entrata si consegnano tutte i device tecnologici e si passa il tempo a meditare, camminare nei boschi o a socializzare con gli altri ospiti. Le camere sono piccole e assomigliano alle celle di una prigione. Si supera lo stress con l’isolamento, insomma».
Queste foto della Corea del Sud di Filippo sono diventate Made in Korea, progetto a cui poi è seguito un analogo reportage sull’altra Corea, quella del Nord, intitolato invece Korean Dream. I due progetti sono stati presentati per la prima volta insieme durante l’ultima edizione del Festival della Fotografia Etica di Lodi e da poco sono stati inclusi in un volume edito da Emuse. Anche per il macrocapitolo sulla Corea del Nord il focus è prevalentemente sui giovani di questa nazione che, rispetto ai loro cugini del sud, hanno idee differenti su una possibile riunificazione: «Ho intervistato entrambi sull’argomento – ci risponde Filippo – quelli del nord hanno il sogno della riunificazione perché vedono i sudcoreani come i fratelli da liberare invasi dagli Stati Uniti. Al sud c’è disinteresse nei confronti della riunificazione: parlano del loro stato apostrofandolo solo come Corea, in quanto per loro è l’unica. C’è chi considera dannosa per la crescita economica del Paese: ci sono studi che dicono che ci vorrebbero 50 anni per non far viaggiare i due Paesi a velocità “economiche” diverse. In ogni caso non è un argomento tabù».
Articolo pubblicato su WU 92 (novembre 2018). Tutte le foto della Corea del Sud in questa pagina sono di Filippo Venturi