‘SALENTO MODERNO’, LE FOTO DELLE “CASE STRANE” DEL SALENTO
Abitazioni dal gusto esotico, dai toni pastello e dai motivi dissonanti. Siamo nel Salento più profondo, tra le strade assolate che delimitano i centri storici e turistici. Case che stridono con il paesaggio, suscitano polemiche e si offrono a sguardi curiosi. Le loro foto sono oggi racconte in ‘Salento Moderno’
di Chiara Temperato
Abitazioni uni e bifamiliari, al massimo di due piani, sono le protagoniste dell’inventario fotografico Salento Moderno, un progetto corale nato dalla condivisione di riflessioni e di esigenze espressive degli autori Matteo Poli e Antonio Russo, dei curatori Davide Giannella e Massimo Torrigiani e dei tre fotografi Antonio Ottomanelli, Allegra Martin ed Emanuele Colombo. Il libro, edito da Humboldt, indaga i confini tra l’abitare privato e la dimensione pubblica e, portandoci a spasso tra le facciate estrose di case strane, decisamente “sui generis”, ci introduce a temi non solo architettonici, ma anche sociali e urbanistici. Abitazioni spontanee, quasi anarchiche, in aperto conflitto visivo con l’immaginario salentino canonico. In circa due settimane sono state scattate così tante foto da farci una raccolta e metabolizzate abbastanza suggestioni da scriverci delle riflessioni.
Quando si pensa all’universo paesaggistico di questa parte della Puglia, l’equazione Salento=masserie contadine di età greco-romana è di facile deduzione, sarà per questo che «quando incappi per la prima volta in queste abitazioni così incompatibili con quelle della tradizione, credi siano il frutto di abusi edilizi e di un’estetica kitsch», racconta Matteo Poli, uno degli autori di Salento Moderno nonché architetto e docente al Politecnico di Milano. «E poi succede che le guardi meglio e finisci per emozionarti, quei prospetti eccentrici altro non sono che l’ardita proiezione di desideri genuini e animi sinceri», continua Poli.
I primi “particolari” esemplari di queste abitazioni hanno iniziato a punteggiare il territorio nel 1950 e oggi, nella zona, se ne contano centinaia. I proprietari sono pugliesi emigrati in Germania, Svizzera e Danimarca, persone che lavoravano nell’edilizia e che hanno riposto i loro sacrifici e risparmi nella costruzione della “casa dei sogni in terra natia”. Facile pensare che gli interni di queste case strane siano ugualmente eccentrici, invece sono assolutamente modesti e ordinari. Spesso, inoltre, sono oggi quasi tutte disabitate. Le avranno costruite per lasciarle ai figli nella speranza che tornassero a casa? O semplicemente per sentirsi più legati alle proprie radici? Potremmo azzardare diverse supposizioni, ma i dettagli delle storie che conservano non li conosciamo. Eppure a incantare, suggerisce l’architetto, «è la fattura con cui sono state realizzate, la cura per il particolare e la perfetta conservazione» come a renderle immuni al tempo che passa.
Molti gli elementi ricorrenti: fregi, colonnine, rivestimenti di pietra locale e di ceramica, scale a sbalzo, tutti a definire un nuovo canone estetico, un mix di stili (classico, moderno, barocco e razionalismo), diventato poi un vero e proprio trend, nell’atto di essere ricalcato, amato o odiato. «Uno stile eclettico che ridefinisce il concetto di vernacolare – racconta Poli – si tratta di architetture vernacolari, in disaccordo con il canone estetico dominante, frutto di un retroterra culturale diverso, ma in armonia con un’identità artigianale locale».
Gli altri abitanti, quelli della Puglia più tradizionale e conservatrice, vorrebbero queste case strane demolite perché non condividono l’estetica sfacciata e irrispettosa. Poli si chiede: «Perché in un ordinario contesto urbano queste abitazioni, semplicemente originali e diverse, devono essere bollate come sbagliate? Hanno un tocco così pazzo e gioioso che è impossibile restare immuni alla loro unicità». Il suo pensiero si iscrive in una riflessione ben più ampia, quella che ragiona su quali siano i canoni ai quali ci rifacciamo per esprimere un giudizio, e su quanto essi siano spesso lontani dall’essere oggettivi. Chi siamo noi per definire cosa ha la dignità per essere considerato bello e giusto? «La certezza delle proprie convinzioni è anacronistica, è importante non essere ancorati a dei canoni estetici troppo rigidi ma metterli in discussione» secondo Poli. E mentre l’altro autore di Salento Moderno, Antonio Russo, traccia un parallelismo tra le abitazioni e l’architettura barocca, Poli non fa mistero di quanto sia stato istruttivo «tuffarsi in queste case senza autore e senza nome, per essere liberi di osservare un’invenzione, un vezzo senza necessariamente prendere una posizione».
Abitazioni dalle facciate fantasiose e dissacranti, in grado di essere esotiche e locali al tempo stesso, che raccontano un volto diverso del Salento. Chissà se mai riusciranno a inserirsi nel tessuto urbano e sociale o se saranno destinate a essere eternamente discriminate. Di sicuro hanno il merito di incuriosire nel loro tentativo di ristabilire un contatto con quelle origini che appaiono sempre più sfocate…
La foto in alto è di Antonio Ottomanelli. Le tre foto qui di seguito sono (nell’ordine) di Allegra Martin, Emanuele Colombo, Antonio Ottomanelli
Il libro ‘Salento Moderno’ è acquistabile sul sito di Humboldt
Articolo pubblicato su WU 95 (aprile – maggio 2019). Segui Chiara su Facebook
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