MAMAKASS – DALL’ALTRA PARTE
Fabio Dalè e Carlo Frigerio sono i due produttori che hanno collaborato sin dall’inizio al progetto Coma_Cose e che hanno “messo le mani” su diversi lavori di artisti italiani come Meg, Andrea Nardinocchi, Dargen D’Amico, Fred De Palma e J-Ax. Gli abbiamo chiesto della genesi di ‘HYPE AURA’ e del loro approccio alla produzione
di Enrico S. Benincasa
I Mamakass sono Fabio Dalè e Carlo Frigerio, la coppia di produttori conosciuti soprattutto per il loro lavoro con i Coma_Cose. La loro liason con Fausto Lama e California sin dai primi momenti di questo fortunato progetto, dai primi provini che hanno poi portato all’EP Inverno Ticinese. La collaborazione è proseguita anche per HYPE AURA, il primo album dei Coma_Cose uscito la scorsa primavera per Asian Fake, occasione per portare a termine un percorso comune che ha visto impegnati i quattro negli ultimi due anni. Fabio e Carlo sono due produttori ma anche due musicisti e portano nei loro progetti – e quando serve anche dal vivo – la loro esperienza con gli strumenti “veri”.
Come sono nati i Mamakass? Tutto parte dall’esperienza nel progetto Smoking Presidents, giusto?
Sì, entrambi suonavamo negli Smoking Presidents e solo dopo nasce il progetto Mamakass. Inizialmente abbiamo prodotto qualche brano e abbiamo pubblicato un EP nel 2012, Notte Scura. Poi da lì in poi abbiamo iniziato a collaborare con altri artisti in veste di produttori e, col tempo, questa è diventata la nostra attività predominante. Mamakass per ora è più un “brand di produzione”, però nasciamo come entità artistica in forma di band.
C’è un momento particolare in cui siete diventati produttori?
No, non c’è stato un momento di svolta, è successo tutto gradatamente. Dall’esterno hanno continuato a chiederci questo tipo di contributo e alla lunga è diventato il nostro lavoro principale. Su tutto quello che produciamo tendiamo a metterci il nostro “marchio musicale”, ovvero seguiamo tutta la filiera di quello che è il lavoro di produzione, dalla composizione e dall’arrangiamento iniziale alle fasi di mix e mastering. È una formula che ha funzionato e che gli artisti con cui abbiamo collaborato hanno accettato.
Come avete incontrato Fausto Lama e com’è nato il progetto Coma_Cose?
Avevamo prodotto delle canzoni per Dargen D’Amico e suonato live in un suo tour estivo. Fausto collaborava con lui nell’etichetta Giada Mesi e, a un live, ci ha chiesto di provare a fare qualcosa assieme. Lo conoscevamo e stimavamo già per il progetto Edipo e ci ha fatto molto piacere ricevere questa proposta. Abbiamo cominciato a fare un po’ di esperimenti, i Coma_Cose erano ancora a uno stato più che embrionale.
Come avete proceduto?
Gli esperimenti sono divenuti a mano a mano canzoni che mettevamo a punto con Fausto nella massima libertà, senza schemi prestabiliti. Poi, su un brano – che non ha mai visto la luce – è balenata l’idea di una voce femminile, una suggestione comune tra noi e lui. Fausto è tornato a casa e, per fare in fretta, ha fatto fare le voci a Francesca aka California. Il giorno dopo le abbiamo montate nel progetto ed è parso chiaro a tutti come la voce di California si sposasse bene con l’idea di produzione musicale che avevamo e con l’intero progetto che stava prendendo forma. In maniera molto naturale, canzone dopo canzone, California è diventata parte integrante del tutto. La naturalità che la sua voce ha nei Coma_Cose dipende forse dal fatto che sia entrata nel progetto senza alcuna forzatura.
È una conseguenza del vostro approccio alla produzione il fatto che il live dei Coma_Cose funzioni molto bene con una band alle spalle?
Il nostro imprinting da musicisti nell’arrangiamento e nella composizione musicale è una cosa quasi involontaria, che mettiamo perché ci piace e perché ci viene quando lavoriamo. Noi produciamo così qualsiasi cosa facciamo, se serve suonare uno strumento lo prendiamo in mano e lo suoniamo. È naturale, quindi, che i pezzi dei Coma_Cose fossero predisposti per essere eseguiti dal vivo con una band. In alcune occasioni siamo stati e saremo presenti a suonare sul palco insieme.
Come avete lavorato per HYPE AURA?
Abbiamo lavorato in pre-produzione in uno studio di appoggio a Milano, poi nel nostro quartier generale in Brianza e successivamente, tutti insieme, siamo andati una decina di giorni in Liguria dove abbiamo allestito un piccolo studio mobile. È stata un’esperienza voluta da tutti e totalizzante. I dettagli li abbiamo definiti nel nostro studio e pensiamo che HYPE AURA sia un album fatto come si deve, un lavoro portato a termine con la coscienza del fatto che doveva essere un disco. Lo abbiamo fatto tutti con molto entusiasmo e divertendoci.
A distanza di tempo, vi capita mai di riascoltare le vostre produzioni con un orecchio critico?
Quando consideriamo un progetto chiuso è perché siamo soddisfatti e felici di quello che è stato prodotto. Capita comunque che, riascoltando qualcosa già andato alle stampe, ci siano dettagli che avremmo fatto in maniera diversa, ma se abbiamo consegnato un lavoro vuol dire che in quel momento eravamo convinti di aver fatto il massimo. Non ci sono rimpianti, insomma, proprio perché siamo severi e maniacali nei giudizi.
Quali sono i presupposti per far sì che un lavoro dei Mamakass ottenga l’ok da parte dei Mamakass stessi?
In generale, la naturalezza è un concetto importante, così come l’autenticità. Possiamo anche lavorare con artisti molto distanti da noi, però se ci sono queste due componenti le cose vengono meglio. Le cose naturali e autentiche hanno sempre qualcosa in più.
La figura del produttore è cresciuta tanto negli ultimi anni e anche per il pubblico finale è diventato un aspetto importante. Come vivete questo momento di crescita di interesse?
È una cosa che riflette la realtà, il mercato e la comunicazione hanno fatto il modo che la figura del produttore diventasse più importante, a cominciare da cose come il credit su Spotify. Anche gli artisti stessi sono più volenterosi nel comunicare chi li ha accompagnati nel loro percorso creativo. Oggi si è più consapevoli che componenti come il suono, le scelte degli strumenti e delle armonie costituiscano una parte importante di quella che è una canzone o un disco.
Avete mai pensato a realizzare un album a vostro nome con diversi guest?
È una cosa che è un po’ latente, che è li insomma, ma ci piacerebbe molto portarla a compimento. Non possiamo ancora dare tempi certi su quando vedrò la luce.
Adesso cosa state facendo in studio?
Stiamo scrivendo molto e facendo diverse sessioni di scrittura con artisti e autori. Ci sono diversi progetti in ballo con artisti di varia natura, alcune cose più rap altre più pop, passiamo da artisti emergenti e indipendenti ad alcuni decisamente più grandi. Cambiare genere e persone ci stimola molto, amiamo poterci esprimere variando. Penso che si senta molto, in un lavoro come quello fatto con i Coma_Cose, che ci piacciono tante cose diverse tra loro.
La foto in alto dei Mamakass è di Camilla Vazzoler
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