MATTIA ROSSI – 42.5: IL DOC SUL MONDO SNEAKERS ITALIANO
42.5 è un documentario che mostra l’evoluzione del mondo delle sneakers in Italia, dando la parola a chi ha più titolo per poterne parlare: gli appassionati. Abbiamo chiesto al suo autore com’è nata l’idea di quella che è una fotografia attuale dello sneaker game del nostro Paese
di Gianluca Vitiello
Raccontare un mondo particolare come quello delle sneakers non è un compito facile. Uno dei rischi dietro l’angolo è quello di fare un prodotto autoreferenziale, per pochi “eletti”, viceversa avere un approccio troppo blando e didascalico non consente di mettere in luce la complessità che ormai ha assunto. Mattia Rossi, autore e regista televisivo, ha cercato, con il suo 42.5, di creare un racconto accessibile a tutti di quella che è la realtà italiana. Il tutto senza andare dietro a facili sensazionalismi e sottolineando più volte come il trait d’union dello sneaker game dello Stivale sia la passione. A parlare in questo documentario, presentato per il momento a Milano e a Roma, sono alcuni tra i protagonisti della scena di casa nostra, dai primi collezionisti fino ai più giovani sneakerhead, cosa che consente a 42.5 di rappresentare bene tutte le anime di questo mondo, che è più sfaccettato di quanto si pensi.
Qual è il tuo rapporto con le sneakers?
Sono uno a cui le sneakers piacciono, che le porta e che un pochino le conosce. Sapevo dell’esistenza di un mondo di appassionati e collezionisti, del “game” insomma, ma prima di allora non ci ero mai entrato “stabilmente”.
Perché hai voluto fare un doc sugli sneakerhead italiani? A tuo parere la nostra scena ha delle peculiarità rispetto a quelle di altri Paesi?
Una sera passarono al telegiornale le immagini dei tafferugli avvenuti per una release davanti a Nikelab. «Ecco, quelli sono come te», mi disse mia mamma guardando quelle immagini. Perfetto pensai, cerchiamo di approfondire, magari le faccio capire come funziona. All’estero erano già stati realizzati dei documentari sulle sneakers, qua da noi no. Pochi giorni dopo Sneakerness 2018, iniziarono in televisione una serie di servizi dedicati al resell: la gente rimase colpita dalla possibilità di vendere una scarpa a prezzi assurdi. Ho cercato di raccontare tutto quello che è stato prima di quella notizia “acchiappa massa”, di svelare a più persone possibili dell’esistenza di questo mondo senza ridurlo a una mera transazione economica, che da sempre è parte integrante del “game”. In Italia un buon 70% del pubblico è interessato alla parte economica, mentre all’estero c’è più attenzione per l’oggetto, non stretta- mente legata al valore di resell. Si vive la sneaker come una sorta di estensione del proprio essere.
Come hai incontrato tutti gli sneakerhead presenti in 42.5? Come li hai contattati?
Grazie alle community sui social ho capito come si muovevano questi appassionati, ho individuato un paio di persone che pensavo potessero fare al mio caso. Dopo aver contattato Attilio Ceccacci, uno degli OG presenti nel video, si è creato un “effetto domino” tra i partecipanti al docufilm per cui l’uno mi suggeriva di intervistare l’altro: persone diverse per trascorsi, età, modi di pensare e vivere la loro passione.
Quanto tempo ci hai messo a realizzarlo?
Quasi due anni, ho iniziato a informarmi nella prima metà del 2018, e poi ho sviluppato il progetto.
Nel doc 42.5 ci sono collezionisti, OG, titolari di negozi, reseller, organizzatori di eventi, customizzatori, esperti di cura e manutenzione… c’è qualche figura di questa scena che manca e che avresti voluto includere?
Avrei potuto includere altre figure, ma questo avrebbe portato a tempistiche di realizzazione e costi non sostenibili.
C’è un parere abbastanza comune su quello che sarà il futuro dello sneaker game: sei d’accordo sulle previsioni che i vari protagonisti hanno fatto?
È difficile fare una previsione ma, come dice nel doc Marco Rizzi, la crescita è stata tale che non si tornerà mai ai tempi dei 30-40 patiti che si scannavano su blog e forum. Si comprerà in maniera diversa e si collezionerà altro rispetto a oggi, ma lo sneaker game ormai è uscito allo scoperto, e non credo ritornerà negli scantinati.
Stai presentando 42.5 con degli eventi a tema, nel mese di febbraio fatto uno a Roma: la versione che andrà in distribuzione sarà la stessa o pensi di fare modifiche?
La prima è stata a Milano allo Special Sneaker Club, a cui è seguita Roma organizzata dai ragazzi di Ginnika. La versione che vorrei distribuire sarà con meno dettagli da “sneakernerd”, ma manterrà gli snodi e gli elementi che permettano a tutti di avere una visione chiara e definita di cosa sia lo sneaker game.
C’è una sneaker che per te ha un significato particolare?
Me ne vengono in mente due: la mia prima scarpa da scherma, una Diadora n. 38 che ancora deve essere nella cantina di casa dei miei genitori, e una New Balance 1600 OG, che era la scarpa che avevo indosso quando partii con la mia Vespa per andare ad Atene a vedere i giochi olimpici.
Articolo pubblicato su WU 100 (febbraio – marzo 2020). Segui Gianluca su Instagram
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