MARGHERITA VICARIO – HA RAGIONE LIZZO, GENRE IS DEAD
Margherita Vicario, con la sua nuova ‘Pincio’, ninna nanna elettronica sviluppata insieme a Dade, fornisce un’altra ottima prova di come la strada maestra, per lei che si divide tra musica e recitazione, sia per forza l’ibridazione.
di di Filippo Duò e Mariarita Colicchio
Approcciarsi all’immaginario artistico di Margherita Vicario significa essere pronti a continue sorprese e cambiamenti radicali, che delineano una personalità forte e dalle molte sfaccettature. Margherita, infatti, nasce come attrice: studia all’Accademia Europea di Arte Drammatica e poi partecipare a numerose produzioni televisive e cinematografiche. La sua anima creativa non si esaurisce però qui e, nel 2014, esordisce con il suo primo album da cantautrice, dimostrando negli anni di essere in grado di affinare il proprio stile uscita dopo uscita. È questo il caso di Pincio, il suo nuovo singolo pubblicato il 17 aprile, che propone un mood ancora nuovo rispetto ai lavori precedenti, grazie a un testo ricco di riferimenti biografici e a un sound elettronico opera di Davide “Dade” Pavanello, bassista e frontman dei Linea 77 e collaboratore di Salmo.
Il risultato di questa nuova canzone di Margherita Vicario è delicato ed emozionante fin dal primo ascolto, con intense immagini d’affetto nei confronti di una figura coraggiosa, simbolo di speranza e umanità. Il tutto ha come sfondo la famosa terrazza romana che dà il titolo al pezzo, fra ricordi e slanci verso il futuro. Pincio è accompagnata da un videoclip figlio dei tempi che stiamo vivendo, in cui l’artista balla e canta dal tetto del suo palazzo, per una perfetta fotografia di questo periodo di quarantena forzata. Ciò dimostra che le possibilità creative non si esauriscono di fronte alle difficoltà, ma possono essere riadattate per descrivere in modo lucido il presente, e Margherita Vicario questo lo sa fare indubbiamente bene. Abbiamo così fatto quattro chiacchiere con lei, scoprendo qualcosa in più sul singolo e sulla sua figura artistica.
In Pincio, tuo nuovo singolo, parli di affetti e di contatti, e come sfondo troviamo uno degli scorci più belli del nostro Paese. Com’è nata questa nuova canzone di Margherita Vicario? È l’assenza che crea l’ispirazione?
Questo brano in realtà è nato diverso tempo fa. Ho deciso di pubblicarlo solo ora perché il momento che stiamo vivendo penso sia adatto a un brano intimo che ha una dedica speciale: ho scritto Pincio infatti per mia cugina, da sempre per me simbolo di coraggio e di forza, specialmente in questi giorni particolari. Nel testo la definisco “severa come una strega” e l’ispirazione – essendo lei ostetrica di professione – arriva da quelle figure, come le curatrici, le mammane, le erboriste, storicamente considerate sempre in bilico tra la cura delle altre e la stregoneria.
La produzione del brano è curata da Dade e c’è un’evidente attenzione per il sound design. Raccontaci un po’ com’è avvenuto il processo di realizzazione del pezzo.
Inizialmente ho proposto a Dade il brano in una versione in tre quarti, un valzer. Ci abbiamo lavorato un bel po’, ma sentivamo che mancava qualcosa. Lui ha poi proposto di spostarla in quattro quarti, pensava che la cassa dritta potesse dare l’andamento giusto al pezzo. A quel punto abbiamo abbandonato qualsiasi veste acustica e ci siamo concentrati su un mondo elettronico, morbido ma incisivo: l’effetto che abbiamo ottenuto è quello di una ninna nanna delicata, ma anche ballabile ed energica, proprio come quei pezzi da fine concerto. Siamo entrambi molto soddisfatti del risultato.
Sei un’artista decisamente eclettica, hai infatti una carriera e degli studi da attrice. Quanto ti ha aiutato ciò nel successivo approccio alla creatività musicale?
Sicuramente questi due lati del mio percorso comunicano molto tra loro: ho un approccio molto cinematografico nella scrittura, che procede per immagini. Ma viceversa, anche nella mia carriera da attrice, ricerco quella spontaneità e naturalezza tipiche della musica. Quello che i due mondi hanno in comune è la presenza del pubblico, il fatto di star facendo qualcosa per qualcuno che potrà fruirne. Con la musica però il contatto è più diretto, con la musica riesco a veicolare i miei messaggi, i miei pensieri, la mia visione del mondo.
Nel tuo recente covid freestyle dici di non essere una rapper ma un ibrido. Ti va di spiegarci un po’ meglio questo concetto?
Credo che di questi tempi i confini tra generi musicali siano sempre più labili, è questo il bello del gioco. Come dice Lizzo, «Genre is dead». E io stessa ho “approfittato” di questa mescolanza per passare da un genere all’altro, per “interpretare” diversi ruoli ed esplorare realtà differenti che mi affascinavano. Per giocare ecco, dall’inglese ‘to play’ che vuol dire anche suonare e recitare. Ho sempre però mantenuto ben salda la mia identità: cambia il linguaggio, ma il mio universo è sempre quello, che stia rappando o che stia eseguendo un brano in versione piano e voce.
La tua musica ha delle immagini molto chiare ed è sempre accompagnata da video con un preciso concept alle spalle. Come crei il tuo immaginario estetico e lirico?
Credo che in questo aspetto giochi un ruolo fondamentale la mia esperienza cinematografica: come accennavo prima, quando scrivo un brano, in qualche modo gli sto già accostando delle immagini in movimento, che molto spesso sono diventate quelle dei videoclip. Questi sono inscindibili dai brani, aggiungono valore e ulteriore significato. Con Francesco Coppola – che ha diretto anche il videoclip di Pincio – ho trovato l’artista ideale per completare le storie di cui scrivo e canto attraverso le immagini.
In Romeo, uscito lo scorso anno, hai collaborato con Speranza, partendo da uno dei testi più noti di Shakespeare. Come riesci a conciliare due anime apparentemente così lontane?
In Romeo, ma anche con altri miei brani, come per esempio Abauè (morte di un trap boy) o Mandela, è molto forte l’aspetto “teatrale”: mi sono calata in una parte e ho adottato quella prospettiva per esprimere ciò che volevo dire, senza perdere però la mia voce, il mio linguaggio e i miei riferimenti, che molto spesso passano attraverso l’ironia. Pensa che in Romeo, tra le righe della storia d’amore sofferta ci sono delle parti che alludono ai dissing tra rapper, però io mi vanto di aver fatto il classico e di saper masticare il francese. È chiaro che sia una provocazione, però è il mio modo di dire la mia su questo tipo di contenuti. Con Pincio, invece, emerge un lato più intimo, non filtrato, decisamente cantautorale.
Purtroppo siamo ancora lontani da avere una vera parità di numero tra artisti uomini e donne. Pensiamo per esempio alle lineup dei festival e nelle playlist. Credi che esista un problema e, se sì, come pensi possa essere risolto?
Il problema non è solo dell’industria musicale, credo sia culturale in senso più lato. Per una donna è più difficile esprimersi e riuscire ad ottenere una propria credibilità, mantenendo ben salda la propria identità e la propria libertà: bisogna studiare, approfondire, fino a trovare il coraggio di esprimere a pieno la propria voce. Stiamo facendo dei passi avanti, a livello mondiale, e l’industria musicale seguirà questo “trend” positivo. O almeno me lo auguro. L’unico modo che vedo per contribuire a risolverlo è lavorare con passione e determinazione ai miei progetti.
Come sta vivendo Margherita Vicario questo periodo di quarantena? Che effetti pensi possa avere sul mercato musicale?
Inizialmente ero un po’ spaesata, poco produttiva. Nelle ultime settimane invece ho avuto un nuovo slancio! Ho allestito anche un piccolo studio domestico per continuare a lavorare alla mia musica. Purtroppo navighiamo tutti a vista, in attesa di risposte concrete su come la nostra industria, che è tra quelle con maggiori difficoltà, debba affrontare questo periodo di gran cambiamento.
Futura 1993 è il network creato da Giorgia e Francesca che attraversa l‘Italia per raccontarti la musica come nessun altro. Seguici su Instagram e Facebook!
Nella foto in alto: Margherita Vicario