LADAN TOFIGHI – UN PORTO SICURO PER LA MIA FANTASIA
Un’artista dal tratto personale, che riesce a esprimersi in diversi contesti e con differenti tecniche, che qui da noi ha trovato un punto di equilibrio grazie, soprattutto, a una maggiore libertà e all’aggiunta di un elemento che prima le mancava: quello narrativo
di Chiara Temperato
Ladan Tofighi nasce a Teheran nel 1984. In Iran consegue la laurea in Graphic Design e matura le prime esperienze come grafica e pittrice figurativa. Nel 2012 si trasferisce a Milano per frequentare l’Accademia di Brera e lo IED, ma soprattutto per potersi raccontare attraverso i suoi dipinti. Riservata e passionale, con le sue originali pennellate rievoca scene di vita in Iran, racconta mondi scivolosi e dà voce a personaggi goffi ma onesti che prendono forma e vita su diversi supporti. È una scomoda verità quella che Ladan Tofighi oggi dipinge e scrive: in Iran era prigioniera di una cultura ostile, in Italia è finalmente libera di emozionare anche grazie a una ritrovata voglia di dare colore.
Chi è Ladan Tofighi, tra realtà e fantasia, tradizioni e sogni?
Sin da bambina sognavo la libertà e la possibilità di mettere a nudo le mie passioni. Ho iniziato a disegnare da subito, ogni occasione diventava un pretesto per usare matita e pennello. Ma, quando vivi in un Paese come l’Iran, essere te stessa diventa complicato. All’età di sette anni il tuo aspetto cambia, i tuoi abiti si conformano e i tuoi capelli si coprono, senza neanche darti il tempo di scoprire chi sei, e perfino le tue fantasie non sono al sicuro. Io ho scelto di combattere per offrire un porto sicuro alla mia pittura e alla mia immaginazione, anche se questo significava lasciare Teheran e la mia famiglia.
L’Italia, quindi, è una parte importante della tua fase di rinascita personale e artistica?
L’Italia mi ha dato l’opportunità di conoscermi e dipingere le mie storie senza più paura. È così che la mia pittura ha incontrato la narrazione e se ne è innamorata, raggiungendo la sua forma più libera. In Iran disegnavo e dipingevo soffocando le emozioni, adesso mi limito a raccontarle apertamente. Il mio stile si è evoluto non tanto nella tecnica, quanto nei contenuti e nella modalità di rappresentarli: adesso posso lasciare che le donne e tutto ciò che voglio si raccontino attraverso i miei dipinti, usufruendo anche di componenti testuali o di animazioni video.
Sei un’artista poliedrica che esplora l’arte figurativa a più livelli, dal disegno con inchiostro alla pittura più narrativa e animata. In quale dimensione ti ritrovi di più?
Vivo in ogni declinazione della mia arte, da quella disegnata su carta con inchiostro a quella in acquerello, fino a quella più narrativa. E anche in ogni suo supporto, dagli artwork per progetti musicali ai poster per cortometraggi, dal live painting al mural painting, fino alla tela e alla carta da disegno che sono il mio regno privilegiato. La pittura che definisco narrativa è senz’altro la mia comfort zone, perché riesce a dare forma alla mia fantasia visiva e allo stesso tempo alla mia voglia di raccontare storie.
Le tue storie in inchiostro e in acquerello sono animate da tanti personaggi particolari…
I miei personaggi non conoscono barriere e confini, non ho paura di metterli in difficoltà perché so che riusciranno a sopravvivere. Per me non ci sono disegni senza personaggi, sono loro ad accelerare la mia immaginazione e a ispirarmi ogni giorno. E quelle che cerco di raccontare sono storie personali che assumono le sembianze di storie universali, perché offrono a chiunque la possibilità di immedesimarsi.
Qual è il tuo progetto più significativo, quello che offre più riparo e al contempo sfogo a tutti i tuoi aspetti artistici e personali?Sicuramente Iran Stories. È una raccolta di dipinti su carta realizzati in china acquerellata, iniziata due anni fa e ancora in corso, che rievoca scene di vita quotidiana a Teheran e che racconta le mie radici. Per molto tempo è stato solo un infinito sketch- book di appunti e suggestioni, ma una volta in Italia ha avuto la forza di trasformarsi in un progetto concreto, che mi sta liberando di tutto quello che ho avuto dentro per anni. Non c’è quasi mai il colore – a parte qualche nota rossa o viola – perché i miei ricordi iraniani sono tutti in bianco e nero. I personaggi di Iran Stories si muovono in ambientazioni cupe, messi in difficoltà dalla vita e dai loro stessi corpi, a volte impacciati e imbarazzati, ma sono sempre dei combattenti.
Se in Iran Stories dai vita ai tuoi ricordi in tanti personaggi e situazioni, nel progetto Love and Bleed rivivi un momento specifico della tua vita, un rito che accomuna tutte le donne.
In Love and Bleed metto in scena il mio primo appuntamento con il ciclo mestruale, saccheggiando il mio cassetto dei ricordi. Censurato in Iran e tabù in molti Paesi, è un argomento di cui bisognerebbe parlare di più. Sono disegni in acquerello su carta, diventati un libro e adesso un pieghevole per partecipare al concorso Oggetto Libro. Anche qui la palette dei colori è limitata, prevalgono i toni scuri, con un accento sul rosso sangue. Oltre al discorso tecnico, ciò che mi interessa di più è il contenuto perché sento sempre il bisogno di raccontare storie che possano essere d’ispirazione anche a chi le vive senza poterle esprimere. In questo caso la scoperta del ciclo viene rappresentata anche come un momento di gioia e non solo di imbarazzo. La fantasia non deve avere né confini, né freni, e quello che più amo del mio lavoro è proprio la possibilità di liberarla attraverso una pittura che punta a essere onesta.
Intervista pubblicata su WU 101 (aprile – maggio 2020). Segui Chiara su Instagram
Nella foto in alto: Ladan Tofighi
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