THE CREATORS | SIMONE FURLAN
Per la seconda puntata di ‘The Creators’ parliamo di styling e art direction con Simone Furlan, creatore dei look che vedete nei video e nelle foto di tanti giovani artisti italiani come Izi, Margherita Vicario, Mara Sattei e Madame
di Futura 1993
Seconda puntata di The Creators, un nuovo format nato per raccontare e approfondire tutte le professioni che fanno parte del mondo musicale e che spesso operano dietro le quinte, risultando spesso fondamentali per la riuscita di un progetto artistico. Per questo episodio abbiamo deciso di parlare di styling insieme a Simone Furlan, giovane stylist che ha collaborato con diversi artisti della scena italiana come Madame, Izi, Mara Sattei ed Hell Raton, membro fondatore di Machete e prossimo giudice di X Factor che, proprio in questa sua nuova avventura televisiva, sarà seguito da Simone. Ecco cosa ci ha raccontato di quando il suo lavoro incontra il mondo della musica.
Qual è stato il tuo percorso formativo e come sei arrivato a fare lo stylist?
Ho fatto il liceo artistico Umberto Boccioni di Milano e, già durante quegli anni, ero molto interessato alla musica, tanto che al quinto anno mi capitò di istituire con insieme ad alcuni compagni il premio musicale della scuola. Ero rappresentante d’istituto e mi ero anche “auto selezionato” come membro della giuria (ride, NdR). In quegli anni, poi, il mio sogno era fare il musical performer e quasi tutti i giorni studiavo recitazione, canto e diversi generi di ballo. Dopo il diploma mi sono trasferito a Londra per seguire il corso di History of Art and Visual Culture presso la Goldsmiths University, una scuola che mi ha davvero aperto la mente. Sempre nella capitale inglese ho seguito anche il corso Art & Fashion presso il Sotheby’s Institute tenuto dai curatori della sezione fashion del V&A Museum, un’esperienza che mi ha dato una sorta di “bussola mentale” per orientarmi in quello che volevo fare in questo mondo. Dopo la laurea ho lavorato con Giuseppe di Morabito a Milano, dove ho approfondito diverse conoscenze tecniche di questo campo e ho avuto la fortuna di entrare in contatto con alcuni degli stylist delle star che ho sempre amato. Nel 2018 ho iniziato a lavorare da freelance come art director e, poco più tardi, anche come stylist.
Cosa vuol dire essere uno stylist che lavora nella musica nel 2020?
Lavoro prevalentemente nell’industria musicale, a contatto con gli artisti, e questo è sicuramente uno dei campi in cui riesco a sognare di più. Allo stesso tempo, all’interno di questo settore, credo che il nostro lavoro debba essere ancora capito nella sua vera e piena potenzialità. Io ci sono approdato quasi per caso: avevo iniziato a fare l’art director, poi un giorno ho provato a fare lo stylist per un servizio fotografico con un cantautore emergente. È una figura che mi ha sempre affascinato e, da quel momento, ho iniziato a lavorare nell’industria musicale. È un lavoro che, a differenza di quanto si pensi, comporta molti sacrifici e le condizioni lavorative migliorano solo con il tempo, se si fanno i passi giusti.
Quanto conta il tuo lavoro nella creazione di un artista?
Sono di parte, ma credo conti molto. La musica necessita di un’immagine e il messaggio musicale può essere esaltato o penalizzato dalla gestione dell’immagine e del posizionamento di un’artista. Facendo un paragone con il mondo della ristorazione, lo styling e l’art direction sono lì per occuparsi di creare il piatto perfetto dove sarà servita la “pietanza” dell’artista, che altro non sono che il suo talento e la sua musica.
Come funziona il processo creativo che c’è dietro alla creazione di uno styling?
Dipende. A volte mi sono proposto o mi è stato chiesto di intervenire come art director o solo come stylist. In generale c’è un input iniziale che può arrivare dall’artista, da me o altri componenti del team come discografici, fotografi e altri. Con il confronto e la ricerca si arriva poi alla formulazione di un’idea comune e la si trasforma in realtà. Ci sono state occasioni, per esempio, in cui il testo o la produzione del brano mi ha guidato verso una direzione stilistica piuttosto che un’altra. Mi interesso sempre a quello che fanno gli artisti con cui lavoro e al loro percorso. Mi impegno a capire il progetto nella sua interezza prima di proporre idee creative e immaginari che non appartengono in nessun modo alla persona con cui sto lavorando. In generale la mia figura serve ad approfondire mondi e culture visive che magari non si sarebbero considerate e che, invece, si potrebbero rivelare proprio quelle giuste per esprimere al meglio il messaggio. Per quanto riguarda il risultato finale è innegabile che, volente o nolente, ci sia anche un pochino del mio.
Sei d’accordo che un’immagine “statica”, stilisticamente parlando, come può essere quella di Billie Eilish sia una scelta giusta o trovi che l’eclettismo sia un’opzione migliore?
Stavo guardando poco tempo fa un post di Instagram in cui venivano paragonati i video social dei red carpet dei Grammy di Billie Eilish e Ariana Grande. Ariana in una nuvola di tulle firmato Giambattista Valli si muoveva facendolo svolazzare, quasi come una eterea coreografia. Billie in un super look era lì ferma che posava, con quello sguardo che sa il fatto suo, sempre pronta a colpirti con un altro pezzone. Alla fine entrambe sono scelte con una loro validità. Credo che per la sua musica ci sia una coerenza di base evidente, anche portata all’estremo con questi look ricchi di dettagli. Meglio sviscerare a pieno un concetto estetico a volte, ancora di più se appropriato, piuttosto che cambiare immagine ogni giorno perdendo la propria per la strada. Poi, se sei Lady Gaga, puoi fare quello che vuoi ogni giorno e va benissimo così.
Ci sono sempre più rapper che abbinano alla loro passione per la musica quella per la moda. Credi che esista un genere musicale, e di conseguenza una tipologia di artisti, con cui è più facile entrare in sintonia?
Ecco, qui bisogna specificare: moda in che senso? Acquistare di tutto e di più da Gucci e Louis Vuitton per poi fare i baracconi senza gusto è, per quanto mi riguarda, un grande no. Non che io non ami l’opulenza, sia chiaro: l’estetica trap, per esempio, in termini di look, mi fa volare a volte. C’è un codice estetico che viene a crearsi quando si sa cosa si sta facendo. C’è uno scopo che viene perseguito anche nell’apparente cattivo gusto, basti guardare come molti rapper sviluppano il loro stile. Alcuni sono iconici fin da subito, altri lo diventano più visibilmente con il tempo, poi dipende dalle persone e dalla loro voglia di capire la moda, lo stile. Che sia un’artista che fa prevalentemente rap, pop o rock non è fondamentale.
Tra i vari nomi con cui hai collaborato c’è qualcuno che per te è stato una sfida maggiore?
È sempre una sfida, una bella sfida. Forse il video di Cometa in cui ho seguito lo styling di Izi e Dosseh è stato più impegnativo del solito. Il mood era post-apocalittico, mi ci sono messo su un po’ prima di sentire mio quello stile e interpretarlo per i look del video. C’è anche una storia divertente che vorrei raccontare. Ero agli inizi ed ero seduto a un tavolo di un bar di QT8 con Ernia. Gli stavo presentando le mie idee per lo shooting dell’album 68. La mia idea era di ispirare tutto lo shooting ai fine Sessanta – inizio Settanta: «Azzarderei con dei pantaloni a zampa!» dico, ed ero mega gasato di questa scelta super controcorrente al tempo. Finisco di esporre la proposta look e sento un suo fan seduto al tavolo vicino fare una battuta del tipo: «Frate se ti metti i pantaloni a zampa non ti ascolterò più». Mi fa molto ridere la cosa quando ci ripenso. In ogni caso, abbiamo usato i pantaloni a zampa (ride, NdR).
Cosa pensi del vintage? Credi che questo fattore possa aggiungere qualcosa in più a un look?
Non saprei. Sicuramente mi fa capire meglio se le scelte sono cosapevoli o random, in generale è una scelta ecologica che approvo. Vedere il pezzo iconico vintage di Prada, per esempio, in uno shooting o in un video fa sempre piacere. Ma prendere quel pezzo solo perché è di quel marchio non ha senso. Se la scelta appare ponderata e risponde implicitamente al “perché proprio quel pezzo”, allora sì, senza nessun dubbio. Apprezzo molto quando del vintage fai uno strumento per dire la tua: con i pezzi di un particolare periodo puoi raccontare una storia che, magari, prima non sarebbe stato possibile raccontare, magari grazie a un mix di epoche diverse che può contribuire a creare un’estetica nuova con accorgimenti e inventiva.
Cosa ascolta Simone Furlan?
Ascolto un po’ di tutto e cerco di cogliere qualcosa dai vari generi. È un approccio che ho amplificato grazie alla possibilità di lavorare con artisti molto diversi tra loro. Nella vita di tutti i giorni guardo chi viaggia controcorrente, chi osa veramente e con intelligenza! Amo l’inaspettato, che sia questo in un pezzo pop o in uno classic rock. Amo lo show – come dicevo volevo fare il musical performer, quindi vi lascio immaginare – la musica per me è anche quello. In questo periodo sto cercando di ispirarmi alla speranza: sto cercando la positività e la voglia di vivere nelle immagini. Ne abbiamo tanto bisogno oggi.
Facciamo un gioco: ti proponiamo cinque brani di artisti con cui hai lavorato, a cui tu abbini uno o più brand li rappresenterebbero al meglio. Iniziamo con 17 di Madame…
Direi Maison Margiela.
Giubbottino di Margherita Vicario.
Si era attivata una collaborazione con MSGM per il video ed è stato super poter lavorare con i loro capi! Quindi non ho dubbi: MSGM.
68 di Ernia.
Abbiamo utilizzato diversi brand per lo shoot del booklet: ricordo un cardigan Missoni, riconfermo!
Nuova Registrazione 402, Mara Sattei.
È subito couture! Quindi Valentino, Schiapparelli e Giambattista Valli.
Dammi un motivo di Izi.
Qui Yamamoto e Rick Owens.
Che sogni ha nel cassetto Simone Furlan?
Ho degli artisti del cuore con cui vorrei lavorare. Molti di loro hanno già dei team splendidi, poi se ci sarà occasione in futuro vedremo, chissà! Nell’ultimo periodo vorrei far sentire di più la mia voce ed espormi in prima persona, questo per me è un obiettivo importante. Ce ne saranno delle belle!
A cura di Filippo Duò e Mariarita Colicchio
Nella foto in alto: Simone Furlan
Simone Furlan su Instagram
Futura 1993 è il network creativo creato da Giorgia e Francesca che attraversa l’Italia per raccontarci la musica come nessun altro. Seguici su Instagram e Facebook!
Dello stesso autore
Futura 1993
INTERVIEWS | 10 Maggio 2022
TREDICI PIETRO – MATURARE NEI SOLITI POSTI, TRA I SOLITI GUAI
INTERVIEWS | 2 Dicembre 2021
GIORGIO POI – DIRE LA VERITÀ
INTERVIEWS | 23 Luglio 2021
CAMERA WORK – MANUEL GRAZIA
INTERVIEWS | 3 Maggio 2021
CAMERA WORK – SIMONE BIAVATI
INTERVIEWS | 29 Aprile 2021
RANDOM – UN PASSAGGIO SULLE NUVOLE