THE CREATORS | JACOPO ETTORRE E WALTER FERRARI
Per la quarta puntata di ‘The Creators’ approfondiamo il ruolo degli autori in Italia insieme a Jacopo Ettorre e Walter Ferrari, “menti musicali” dietro alcuni dei successi musicali di questi ultimi anni
di Futura 1993
Il ruolo degli autori nella musica italiana, fatta eccezione per pochi casi, è sempre stato poco riconosciuto, nonostante il loro contributo sia stato in molti casi determinante nella realizzazione di canzoni di successo, cinquant’anni fa come oggi. La loro figura si è progressivamente evoluta, adattandosi alle session di scrittura contemporanee, fondate su un proficuo scambio di idee dove ognuno è fondamentale nella creazione di un brano: dal producer all’autore del testo, passando per il topliner.
Oggi sempre più musicisti si affidino al supporto di songwriter professionisti per la scrittura dei loro lavori, grazie ai quali questi ultimi possono guadagnarne in incisività melodica e testuale. Due tra i rappresentanti più interessanti di questa categoria sono Jacopo Ettorre e Walter Ferrari: entrambi hanno una parallela carriera solista – con il nome d’arte rispettivamente di Jacopo Et e I miei migliori complimenti – ma parallelamente sono riusciti a crearsi una solida reputazione da hitmaker con gli artisti più disparati. Benji & Fede, Gaia, Fedez, Samuel Heron, Junior Cally, Shade, Annalisa, Jake La Furia sono alcuni dei tanti artsiti con cui ha collaborato Jacopo, co-autore di uno dei singoli più suonati dell’anno scorso: Dove e Quando. Walter ha contribuito a sua volta a composizioni in grado di imprimersi nell’immaginario con altrettanta facilità, come I Love You e Boogieman di Ghali, ma non solo: il suo apporto è stato decisivo in pezzi di J-Ax, Ivana Spagna, Dandy Turner, Knowpmw e diversi altri.
Abbiamo così fatto quattro chiacchiere con entrambi per approfondire maggiormente il loro lavoro in tutte le sue sfumature: dalla giornata tipo di un autore fino al rapporto con i producer. Ecco cosa ci hanno raccontato.
Come avete cominciato a collaborare con altri artisti nel ruolo di co-autore?
Jacopo: Mah, all’inizio è successo tutto un po’ per caso. Ho sempre scritto canzoni e un po’ di tempo fa, mi pare nel 2013, ho firmato un contratto discografico con una casa molto importante che però è finito nel nulla – non è uscito nemmeno un pezzo e ad agosto dello stesso anno è finito tutto. In quel momento ho totalmente pensato che la musica non facesse per me e mi sono dedicato ad altro. Incredibilmente, due anni dopo, uno dei discografici che mi avevano firmato come artista si è ricordato di alcuni miei pezzi. Aveva un progetto nuovo a cui proporli, si trattava di una scommessa ma non avevo niente da perdere, quei pezzi erano fermi lì… Ecco è li che è cominciato tutto, quando ho scoperto che le canzoni si possono scrivere comunque, anche senza cantarle.
Walter: Nel 2015 una major si interessò al mio progetto artistico, I miei migliori complimenti. Io in quel periodo ero molto prolifico e negli anni precedenti avevo scritto molti brani che non mi sentivo più addosso bene. Li ascoltarono e mi chiesero se mi poteva interessare fare l’autore. Accettai senza pensarci due volte. I brani vennero mandati a diversi artisti e questi artisti mi contattarono per ultimare i brani.
Che ruolo ha oggi questa figura nel processo creativo di un brano?
J:In realtà non credo ci sia una risposta precisa. Tanti artisti al giorno d’oggi fanno una marea di roba oltre a scrivere canzoni – tipo eventi, pubblicità, attività social, ecc. – e quindi circondarsi di persone che invece scrivono solo canzoni dalla mattina alla sera gli può tornare sicuramente comodo. Per quanto ci sia dentro l’ispirazione, penso che scrivere sia comunque un mestiere e, come tutti i mestieri, per portare a casa qualche risultato serve dedizione.
W: Un co-autore deve essere in grado di creare una canzone da zero e di proporla all’artista, ma senza snaturare se stesso. Se ti chiamano a scrivere un pezzo è perché ti apprezzano come scrivi. Non devi copiare i brani vecchi dell’artista per cui stai scrivendo. Devi cucirgli addosso un vestito nuovo. Se volevano lo stesso vestito andavano dal sarto di prima. Magari per quello stile è andato fuori moda e allora è necessario cercare altri sarti. Dall’altra parte un lavoro che faccio spesso come co-autore è quello di intervenire quando il brano esiste già ma ha delle debolezze. Allora intervengo e cerco di colmare le mancanze che può avere.
Come avviene una vostra giornata tipo di session di scrittura? Inoltre, quanto lavorate sul linguaggio e sulle melodie per adattarti al mondo sonoro di chi canterà poi il pezzo?
J: Io di solito inizio dal bar con una brioche, un bicchiere d’acqua frizzante e un caffè (ride, NdR). Scherzi a parte, ci becchiamo in studio e partiamo in vari modi: magari qualcuno ha già una bozza, una melodia, un claim – di solito il titolo del pezzo – o anche solo un’idea di sound. Da lì parte tutto. Preferisco sempre scrivere con una direzione chiara, quello sì – se vado in studio per scrivere una ballad difficilmente finisco sul reggaeton. Sul linguaggio e sulle melodie mi ci fisso parecchio di solito. Penso che ogni artista abbia un suo linguaggio e abbia un certo tipo di melodie nelle sue corde. Credo che scrivere canzoni con e per un artista significhi immaginarsi cosa debba cantare quell’artista a partire da domani, evitando però di copiare tutto quello che ha già cantato.
W: Di mattina si va in studio e si ragiona un po’ su come strutturare il pezzo in termini di produzione musicale, argomento, mood, Si fa brainstorming: a volte si ascoltano delle produzioni già fatte ne si sceglie una su cui scrivere. Io tuttavia preferisco creare anche la musica insieme ai producer se sono presenti alla session. Ho questa idea che se tutto nasce nello stesso momento le cose risultino più figlie di quel preciso istante e quindi più vere. Una volta che si hanno stabilito una serie di cose si va a pranzo. Poi si ritorna in studio e si prova a scrivere il brano. Secondo me, come ho già detto, il modo corretto di lavorare è fare uscire le parole e la musica insieme. Odio lavorare cercando di inserire le parole nelle top line. Mi sembra sempre poco naturale, preferisco fare il contrario.
Quanto è importante il rapporto con il producer con cui scrivete? Si creano sinergie differenti a seconda delle persone di volta in volta coinvolte?
J: Il rapporto è tutto. Scrivere è un mestiere e penso che debba assolutamente rimanere un bel mestiere. Se diventa esser peggio che andare in ufficio conviene andare in ufficio, così magari ti becchi gli straordinari pagati, la tredicesima e la quattordicesima, le ferie e tutto il resto. Noi scriviamo sempre, ci ubriachiamo costantemente di canzoni, quindi immaginati se dovessimo anche farlo con la gente sbagliata. Detto questo i producer hanno un ruolo importantissimo nella scrittura oggi, senza il giusto guizzo di produzione tante canzoni risulterebbero vuote anche se magari non lo sono.
W: Lavoro principalmente con Zef e con i Mamakass. Chiaramente non sono uno che non accetta di lavorare anche con altri producer, anzi, mi piace sempre visitare altri salotti. Tuttavia con loro mi sono trovato molto bene e i fatti mi danno ragione ed essendo fan di “squadra che vince non si cambia” cerco sempre di lavorare con loro. Mi sembra scontato dirvi che entrambi a livello di produzione musicale e ognuno nel proprio ambito a mio avviso siano veramente dei super professionisti e dei grandi artisti. Zef è chiaramente più vicino al mondo della classifica, della hit e la figata di lavorare con lui è che non si limita mai a produrre la musica ma interviene molto anche nella scrittura e stesura del brano a 360 gradi. Sa perfettamente riconoscere se una top line è vincente o no. A volte gli mando dei provini fatti in un modo e lui li rimonta mettendo il ritornello al posto del bridge e viceversa e il pezzo svolta completamente. Ha istinto. Lavoriamo insieme da più di dieci anni. I Mamakass sono dei musicisti con la M maiuscola. In studio con loro vedi la produzione nascere e crescere nelle loro mani mentre suonano praticamente tutto quello a cui riescono a fare emettere dei suoni. Questo mi stimola molto nel processo di scrittura in studio cosa che generalmente fatico a fare. Preferisco scrivere da solo a casa. Fabio (uno di loro due) è anche molto attento al testo ed è in grado di fare emergere tutte le criticità e le debolezze di quello che scrivo. Questa su attenzione chiaramente ci porta ad uscire dallo studio ogni volta con dei brani scritti molto bene anche dal punto di vista testuale. Ciò accade di rado: tante volte si torna a casa dopo una session magari solo con le topline cantate in fake english e quindi senza il testo.
Ritenete che oggi ci sia la giusta considerazione per la figura dell’autore nel mondo della discografia?
J: Diciamo che visto il momento storico forse è il caso di chiedersi se ci sia la giusta considerazione delle professioni musicali in Italia, autori, editori o discografici che siano. Parlando per me, sono cinque anni che appena dico che faccio musica mi chiedono cosa faccio di lavoro. Spazio per varie parolacce. W: Credo di sì. Non mi sono mai trovato in difficoltà nello svolgere il mio lavoro e tutto quello che mi spettava mi è sempre stato riconosciuto. Chiaramente bisogna sempre cercare di non farsi mettere i piedi in testa e cercare di farsi rispettare anche se si lavora da indipendenti. A oggi non ho un contratto editoriale e quindi mi devo occupare personalmente di tutto. Se consideriamo il mercato, la figura dell’autore quasi non esiste. Credo che il 90% degli ascoltatori di musica in Italia credano che le canzoni vengano scritte esclusivamente dagli artisti stessi. Sinceramente però non lo vedo come un problema. A me va bene così.
La crisi sanitaria ha influito in qualche modo nel vostro lavoro?
J: Penso di sì, anche se noi abbiamo tutto un meccanismo strano e vediamo i compensi relativi al diritto d’autore con quasi un anno di ritardo. Quindi te lo dico meglio a luglio dell’anno prossimo.
W: Sullo svolgimento del mio lavoro devo dire di no. Anzi, ci ha dimostrato che si possono benissimo anche fare le session da remoto. Ne ho fatte alcune e mi sono trovato abbastanza bene anche se ovviamente preferisco ancora la presenza fisica. Chiaramente influirà economicamente sui rendiconti dell’anno prossimo. Quest’anno non ci sono stati eventi dal vivo e quindi tutta quella fetta di diritti non esisterà.
Walter, entrando più nello specifico di alcune tue collaborazioni: parlaci un po’ del lavoro fatto con Ghali in alcuni suoi pezzi (I Love You, Boogieman, 22:22). Oltre a lui so che hai lavorato anche con J-Ax, Benji e Fede, Dandy Turner, ecc, hai qualche aneddoto curioso da raccontarci?
W: Con Ghali ci conosciamo da tempo. Io vengo dal rap, poi ho abbandonato la barca, ma sono sempre stato fan della scena anche da lontano. Credo che quello che si sia creato con lui è una sorta di rapporto con l’amico che torna da un lungo viaggio – io – in una terra lontana – l’indie – dove ha imparato cose nuove e ha voglia di raccontartele. Gliele ho raccontate, gli sono piaciute e il resto lo sapete. Sono sicuro che faremo grandi cose ancora in futuro. Invece nel brano con Dandy Turner, in realtà, ho dato una mano a Biondo a scrivere la sua strofa. L’avevo conosciuto la sera prima al Rocket perché avevamo un amico in comune. Ero bello su di giri e gli proposi di beccarci il giorno dopo a scrivere. Il giorno dopo, tutti “hangoverati”, abbiamo fatto quella strofa.
Jacopo, hai anche una carriera parallela da cantautore, che ti ha portato un anno fa alla pubblicazione del tuo primo EP. Quanto la tua attività solista e l’aspetto autorale per altri artisti si influenzano reciprocamente? Sono due ambiti totalmente separati o ti è capitato che una situazione potesse intersecarsi con l’altra?
J: Ho sempre cercato di tenerli separati a dir la verità. Quando faccio l’autore cerco di essere il più utile possibile al progetto che mi ha coinvolto. Cerco di spogliarmi dei miei gusti personali, perché credo che fare l’autore sia principalmente una questione di scrivere la canzone più giusta possibile per l’artista che te la sta chiedendo. Fare l’autore non vuol dire fare il cantautore e dare le canzoni scarse da cantare agli altri. Fare l’autore significa spaccare con qualsiasi artista che ti coinvolga. Fare l’artista invece, almeno per me, oggi, è una cosa molto più personale. Cioè se domani voglio scrivere un pezzo che parla del bar di San Ruffillo dove sono cresciuto lo scrivo e magari lo pubblico, anche se l’ascoltano in tre (me compreso).
a cura di Filippo Duò
Nella foto in alto, da sinistra: Jacopo Ettorre e Walter Ferrari
Jacopo Ettorre su Instagram
Walter Ferrari su Instagram
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