‘QUEI GIORNI’ PRIMA DEL LOCKDOWN
È stato il lockdown a dare a Matteo Signanini il tempo e il modo di mettere ordine ai suoi scatti. La permanenza forzata tra le mura domestiche gli ha fatto capire che, le foto realizzate nei mesi invernali, descrivevano bene i momenti precedenti al periodo così surreale che abbiamo passato. Nasce così Quei giorni, una serie di immagini in bianco e nero dove il racconto visivo sembra anticipare qualcosa di quel che succederà
di Enrico S. Benincasa
La serie Quei giorni raccoglie scatti che hai realizzato prima del lockdown. È stata la quarantena, poi, a darti tempo e modo di metterli insieme?
Esattamente, mi sono ritrovato durante la primavera in casa e con un sacco di materiale da rivedere. Per mia abitudine fotografo spesso e con tutti i mezzi a disposizione: in pellicola, in digitale e anche con il telefono. All’inizio non intravedevo un filo conduttore tra le foto, poi mi sono messo a fare editing ed è emerso questo racconto visivo dei mesi che hanno preceduto la crisi sanitaria.
Le foto di Quei giorni, quindi, provengono da macchine diverse?
La maggior parte di esse sono state realizzate con una macchina analogica, ma ce ne sono anche alcune fatte con la Fujifilm che ho sempre dietro e con il cellulare. Al di là del mezzo, penso che da ognuna di essere emerga quello che è il mio stile. Le ho scattate tutte a La Spezia, in vari posti della città. In questo momento della vita mi sto dedicando alla realtà che ho intorno, che è il posto dove sono nato e cresciuto.
Quando sono state scattate le prime foto?
Le prime foto sono state scattate verso novembre, poi ho proseguito durante tutti i mesi successivi. Le ultime sono quelle che danno le prime avvisaglie di lockdown, infatti la serie termina proprio con quella che ho realizzato in casa durante il discorso di Conte del 10 marzo.
È stata una sorpresa vedere come queste foto, nate in diversi momenti e per motivi differenti, riuscissero a raccontare una storia?
Sì. Fotografo con la voglia di portare avanti la mia visione personale, penso che un giorno tutti i lavori che sto realizzando e ho realizzato in questi anni daranno un’idea chiara di quella che è la mia fotografia. Mettendo assieme queste foto, ho capito che emergeva qualcosa, ho percepito la sensazione che qualcosa stava per succedere.
In effetti c’è una certa tensione crescente tra la prima e l’ultima foto della serie…
È mia abitudine non guardare subito gli scatti che realizzo. Poi, a distanza di tempo, ci rimetto mano e mi accorgo di cose come queste. Alcuni degli scatti, come quello del video del premier, sono cercati e voluti, ma non i precedenti: prima, come tutti, non avevo ancora idea di quello che sarebbe successo.
Quei giorni è tra i lavori della tappa di luglio di Portfolio Italia di FIAF, giusto?
Sì, partecipo alla tappa di luglio di Portfolio Italia, manifestazione alla quale ho già aderito negli anni scorsi con soddisfazione. Mi piace che la fotografia prenda la sua forma materica, che si possa toccare con mano.
A cosa stai lavorando in questo momento?
Ho diversi lavori in archivio su cui ho cominciato a fare il punto e ho un’idea di come realizzarli. Sto poi portando avanti un progetto con i ragazzi di Zine Tonic per pubblicare un progetto relativo alla mia esperienza di volontario in carcere che conterrà anche scatti di alcuni detenuti. Sarà a due facce: ci sarà la mia visione e quella dei detenuti che hanno seguito i corsi che ho fatto.
MATTEO SIGNANINI Nasce a La Spezia nel 1980. Studia al DAMS di Bologna, dove approfondisce la sua conoscenza fotografica. Dal 2012 collabora con vari blog e collettivi fotografici. La sua prima pubblicazione è 1980, del 2015. Nello stesso anno e in quello successivo partecipa alla finale di Portfolio Italia rispettivamente con US\74 e Via Rebocco. Il suo sito è matteosignanini.com
Intervista pubblicata su WU 102 (luglio 2020)