VIENI, TI PORTO FUORI A PRANZO
Il riscatto della “pausa veloce”, che reinterpreta le dinamiche tradizionali della cena. O la merenda alcolica – champagne tea come dicono più elegantemente gli inglesi – che anticipa l’aperitivo. Fotografie di una società che cambia, anche a tavola
di Ida Papandrea
Lunch is the new dinner? Sembrerebbe di sì. Le recenti disposizioni dei vari decreti per limitare il diffondersi della pandemia che, irreversibilmente, ha modificato le nostre consuetudini sociali, hanno previsto tra le nuove regole, la chiusura anticipata di bar e ristoranti. E i ristoratori, già provati dal primo lockdown, si sono trovati davanti a un bivio: chiudere definitivamente o rivedere modalità di consumo e orari di apertura, inventando in alcuni casi anche nuove occasioni per riunirsi intorno a un tavolo.
Quella che fino a poco tempo fa veniva definita “pausa pranzo”, consumata in fretta in bar dai tavoli anonimi o spesso anche in ufficio, si è trovata suo malgrado insignita di una nuova importanza. Si va fuori a pranzo, non così spesso di come capitava per cena proprio perché si esce di meno. Ciò implica, però, la necessità di scegliere con accortezza il “dove”, magari permettendosi, quando possibile, uno sfizio in più. Si è più propensi, quindi, a concedersi un posto upper class che, anche prima della pandemia, aveva per tradizione un lunch menu più abbordabile e smart. E complice uno smart working sempre più diffuso, si può decidere di optare per un giorno che non sia per forza nel weekend, rallentando così i ritmi e concedendo al pranzo più della mezz’ora risicata a cui eravamo abituati.
Da nord a sud dello Stivale, anche gli addetti ai lavori si sono dati da fare per elaborare nuove proposte di ristorazione e la rivoluzione non ha risparmiato gli stellati. Massimo Bottura, autore anche di una recente lettera aperta al Governo con le sue Cinque idee per salvare il futuro della ristorazione in Italia, non si è limitato alla teoria e ha scelto di tenere aperte anche al lunedì le porte della sua Osteria Francescana a Modena. La “sorella minore” Franceschetta58, invece, ha lanciato il nuovo format della merenda e, nel fiorentino Gucci Osteria, è stato prolungato l’orario del pranzo. Decisioni argute, che hanno fatto da apripista a una serie di novità.
Stefano Sforza è il patron del torinese Opera e ha deciso di offrire il servizio di pranzo no stop fino alle 18. C’era anche lui, come ogni anno, alla consueta tavola rotonda che a fine ottobre ha coinvolto diverse importanti personalità del mondo della ristorazione presso la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. «Quest’anno più che mai, era necessario puntare sul fatto che l’unione fa la forza. Il fine dining è una tipologia di ristorazione complicata e dispendiosa: nessuno ha intenzione di fermarsi, ma bisogna procedere con idee valide, per farsi meno male possibile». Nel suo caso, si sono tradotte con un leggero snellimento del menu (che allo stesso tempo ha optato per una svolta all’insegna dell’eticità, eliminando dai piatti specie in via di estinzione e prodotti come il foie gras, per dare ancora più spazio a ortaggi e prodotti del territorio), un pranzo dagli orari dilatati e, gradito esperimento iniziato nel periodo natalizio, una “merenda”, che altri non è che una sorta spin off dello stesso, una pausa dessert da accompagnare a bevande, drink o liquori.
Un approccio, quello di Opera, che ha preso piede: se la chiusura alle 18 impedisce il rito dell’aperitivo, non resta che vedersi prima, senza rimpianti ma con gusti diversi. C’è anche chi pesca nella tradizione: nelle Langhe, l’osteria Cherasco rilancia il rito della merenda sinoira nel weekend. Che si scelga di prolungare il pranzo o anticipare il vecchio aperitivo, l’importante è sfruttare gli orari di apertura in maniera quanto più produttiva possibile. E coloro che a pranzo non erano mai stati aperti, oggi scommettono sulla nuova fascia oraria, cercando di evolvere senza rinnegare la propria anima.
Anche i locali notturni scoprono che il mattino ha l’oro in bocca: A Roma, la terrazza del The Court, il lounge bar di Aroma Restaurant, apre già a mezzogiorno, con una serie di piatti dinamici creati ad hoc per accompagnare i cocktail di Matteo Zed. A Napoli, Salotto Martucci si lancia nel cocktail pairing a pranzo, abbinando i piatti della tradizione partenopea a drink dal tocco contemporaneo: un contrasto che era quasi una scommessa e che invece sta funzionando. Le persone hanno voglia di uscire perché l’uomo, seppur con tutte le precauzioni del caso, resta un animale sociale.
«In assenza del servizio di cena, lo spazio dedicato al pranzo può allargarsi senza che personale di sala e cucina ne soffra lo stress: la cura del cliente resta invariata – ci racconta ancora Sforza – cliente che poi, quando abbraccia questa nuova idea di “pranzo al posto della cena”, si comporta un po’ come se fosse domenica, arrivando anche fuori dagli schemi tradizionali della pausa pranzo e trattenendosi di più». Insomma, il cambiamento inevitabile ha coinvolto entrambe le parti e, quando le due si amalgamano come in questi casi, si procede verso quello che sembra essere il futuro della ristorazione.
Articolo pubblicato su WU 105 (dicembre 2020 – gennaio 2021). Segui Ida su IG
Nella foto in alto: un pranzo a Opera Torino, foto di Davide Dutto
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