ARIETE – MUSICA PER ME
Ariete è la nuova scommessa di Bomba Dischi nell’arco di un anno si è affermata come uno dei nomi più promettenti del panorama italiano. Suoni e parole capaci di arrivare dritti al cuore, con la potenza della sincerità di chi fa musica prima di tutto per se stessa
di Giulia Zanichelli
Stile semplice e diretto, testi immediati e specchio di emozioni quotidiane che si sciolgono in un sound intimo, essenziale e di una leggerezza potente. Ariete è Arianna Del Ghiaccio, viene da Anzio, classe 2002. Con i suoi primi due EP, Spazio e 18 anni, entrambi pubblicati nel 2020 e ora raccolti in un vinile in edizione limitata, è riuscita a conquistarsi un posto nella scena musicale italiana con il suo cantautorato “da cameretta”, schietto e autentico. E ha la determinazione e il talento per tenerselo stretto.
Come ti sei avvicinata alla musica?
In realtà non so bene nemmeno io come ho cominciato a suonare e cantare, nessuno in famiglia l’ha mai fatto. Mio padre però ascolta tantissima musica, quindi fin da piccola sono sempre stata accompagnata dalle canzoni di Pino Daniele, Lucio Dalla, De Gregori, Guccini… Ed essendo cresciuta con loro, mi sono affezionata molto anche al mondo della musica.
Quando hai capito che volevi che quel mondo diventasse il tuo mestiere?
Da una parte, forse, l’ho sempre saputo e voluto. Dall’altra me ne sono resa conto quando ho visto che le persone con cui mi confrontavo, a cominciare da quelle incontrate a scuola, apprezzavano quello che producevo. Lì ho pensato: «Ok, forse devo iniziare a farci qualcosa».
E nel 2020, Ariete, è arrivata in casa Bomba Dischi.
Tutto è dovuto più o meno a essere arrivata lì, mi hanno guidata in questo mondo. Per assurdo, sono loro che sono arrivati a me. Marco degli Psicologi, mentre stavano tornando da una data, mi ha ascoltato per caso su YouTube, gli sono piaciuta e ci siamo conosciuti. L’idea iniziale era di farmi aprire il loro concerto al Rock in Roma, che poi non si è fatto a causa della pandemia. Noi però siamo rimasti amici e oggi lavoriamo e scriviamo tanto insieme, soprattutto con Marco. Di conseguenza sono rimasta in contatto anche con Bomba Dischi, e a marzo 2020 ho firmato con loro.
A proposito di scrittura, ti racconti in modo molto onesto, i testi sembrano scritti di getto.
Sì è così, sono scritti di getto. Quando decido di scrivere una canzone, se in tre minuti non mi esce almeno una cosa che mi convince chiudo tutto e mi dico che non è il momento o il giorno giusto. Non mi piace lavorarci troppo sopra perché per me è una cosa così profonda e sentimentale che deve essere d’impulso, quasi irrazionale.
Anche a livello di sound resti molto essenziale. Ti rivedi nella definizione “bedroom pop” che ti è stata data?
Vorrei rivedermi in nessuna definizione. Quello che ascolto, che mi piace, lo prendo come influenza e lo voglio rifare. Non mi interessa se è indie, se è trap, se è rock. Voglio fare tutto quello che mi passa per la testa e fortunatamente la mia etichetta mi permette di farlo.
In meno di un anno sono usciti due EP di Ariete. Come mai non un unico disco?
Nessuno si aspettava che il mio progetto partisse così bene, sono sincera. Con il primo EP volevo presentarmi nella parte più essenziale di me e vedere come andava. Un album, poi, vuol dire doppio lavoro, doppi pezzi, e se va male è molto peggio che se floppa un EP, anche a livello pratico. Se un EP non raggiunge i risultati sperati puoi inventarti qualcosa dopo, se va bene significa che la formula funziona e puoi farne uscire un altro. Perché la gente dovrebbe avere l’impulso di ascoltare 12 pezzi di un super emergente? Forse è meglio farsi conoscere in maniera più leggera, passo dopo passo, e questo modo di procedere può aiutare.
Invece ti sei fatta conoscere molto velocemente. C’è qualcosa che ti spaventa della rapidità con cui il tuo nome è diventato noto?
Sicuramente c’è un senso di responsabilità maggiore. Hai la consapevolezza che la canzone non la scrivi più solo per te, ma che sarà ascoltata da milioni di persone. Ma non voglio pensarci troppo, perché più me la vivo in modo poco naturale, più penso che ho un milione di ascoltatori su Spotify, più rischio di finire a fare musica più per gli altri che per me. Per me è importante scrivere per me stessa, riconoscermi in quello che faccio. Alla fine deve esserci solo Arianna che canta, e Arianna ha 19 anni, vuole stare tranquilla e vivere la musica senza stress, non in maniera ossessiva. Voglio che sia un lavoro, ma leggero. Non voglio alzarmi la mattina pensando: «Devo fare la hit estiva sennò non dormo la notte», mi sembra poco stabile per me, senza dubbio dal punto di vista mentale.
Le tue canzoni d’amore sono esplicitamente indirizzate a donne, non ci sono molti altri esempi di ragazze che lo facciano. È ancora un tabù parlare liberamente della propria sessualità quando si fa musica?Assolutamente. In Italia un sacco di cose sono ancora un tabù, per esempio penso al fatto che un ragazzo può parlare senza problemi di quante tipe si fa ogni sera e una ragazza no. Ho apprezzato tanto Madame, che ha scritto Clito, l’ho trovata stimolante. Il mio obiettivo è farlo essere sempre meno un tabù, senza esaltarlo ma parlandone normalmente, proprio come ho fatto con miei genitori quando gli ho detto: «Guardate, ho una ragazza», e basta. E così voglio “educare” il mio pubblico. Non faccio canzoni in cui annuncio di amare le donne, ma semplicemente anziché dire “non sei mio” dico “mia”: ho avuto storie con ragazze, perché non dovrei.
Intervista pubblicata su WU 106 (febbraio – marzo 2021)
Nella foto in alto: Ariete, foto di Simone Biavati
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Giulia Zanichelli
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