RICCARDO AZTENI – OLTRE IL TRIBUTO
l giorno in cui Bowie ci ha lasciati Riccardo Azteni era in un bar e ‘Heroes’ passava in riproduzione continua. Una canzone che non avrebbe mai più suonato allo stesso modo per l’illustratore e animatore sardo, che oggi affida ai suoi acquerelli una lettera d’amore per il Duca Bianco
di Marco Torcasio
Nato a Cagliari nel 1981, Riccardo Atzeni è un illustratore, fumettista e animatore freelance. Dalla sua isola costruisce mondi ad acquerello popolati dai personaggi che affollano la sua fantasia. Sono suoi il concept, la direzione artistica, le animazioni e il montaggio dei cortometraggi animati Il Mio Cane si chiama Vento e Strollica, diretti da Peter Marcias. Dopo i festival letterari e teatrali, il 2021 è l’anno dalla sua prima graphic novel con Panini Comics. Si intitola Saetta Rossa ed è un lavoro a quattro mani col narratore Marco Bucci, che ha scritto i fumetti.
Il giorno in cui Samuel, protagonista della science fiction, apprende della morte di David Bowie tutto si ferma per circa un milione di anni. Apparentemente, al suo risveglio nel futuro la realtà non è così diversa, ma libertà e accettazione delle differenze sembrano essere al primo posto. Un’utopia? Se la creatività saprà ancora portare alla luce certi temi, forse il futuro sarà tutto da giocare.
Che genere di percorso ha seguito la tua formazione artistica e come hai incanalato la tua creatività all’inizio?
Sono a tutti gli effetti un autodidatta. Quando avevo 15 anni ho iniziato a collaborare con alcune fanzine locali della città in cui sono nato e cresciuto. Ho mescolato studio e lavoro con un’attitudine amatoriale, poi ho preferito dedicarmi esclusivamente all’animazione, mettendo in standby il fumetto, che ho ritrovato solo da poco lavorando a Saetta Rossa.
Il motore di tutto è il tuo talento da disegnatore, come l’hai perfezionato nel tempo?
Ho avuto le idee chiare sin da subito: il disegno non sarebbe stato qualcosa di marginale all’interno delle mie giornate, ma una costante indispensabile. Ho iniziato quindi a lavorare con l’illustrazione in ambito pubblicitario, realizzando locandine per festival letterari e teatrali. Il percorso intrapreso è stato condizionato dal luogo geografico in cui vivo, che non è un epicentro di creatività, diversamente da città come Milano e Bologna, ma ho imparato a far pace con questo aspetto della mia carriera perché amo la mia terra.
L’attaccamento alle tue radici come valore aggiunto…
Lo vivo più che altro come una sfida. Rimanere nei piccoli centri porta ad avere prospettive per forza di cose diverse. Seguire da Cagliari la direzione artistica di un lungometraggio animato, per esempio, richiede un approccio al lavoro peculiare, persino più stimolante dal mio punto di vista, e mi consente di lasciare delle professionalità su un territorio ancora vergine. Non è poco.
Ci sono stati punti di riferimento costanti nella tua crescita artistica?Ho sempre tratto ispirazione dalla letteratura, dal cinema, dalla musica, dall’arte. Amo la filmografia di Charlie Chaplin e di Buster Keaton, le produzioni in stop motion, l’opera cinematografica di Tim Burton e di David Lynch, che ha profondamente segnato il mio immaginario con la sua estetica rarefatta e inquietante. Nel mondo dell’illustrazione ad acquerello tra i miei modelli d’ispirazione potrei citare l’italiano Igort o il giapponese Hayao Miyazaki. Nel caso specifico di Saetta Rossa sono entrate in gioco anche influenze derivanti dalla moda, dalle arti performative e dal design stilistico legato alla figura di David Bowie.
Venendo appunto a Saetta Rossa, raccontaci come hai lavorato sull’uso del colore…
Comunemente quando si pensa agli acquerelli si immaginano tinte tenui. In Saetta Rossa invece queste assumono cromie palpabili, forti, brillanti. Può sorprendere che un soggetto di fantascienza sia illustrato ad acquerello, da una storia proiettata nel futuro ci si aspetterebbe un supporto digitale super tecnologico, ma credo invece che questa tecnica crei un cortocircuito interessante. Per quanto riguarda l’aspetto cromatico ho attinto da un archivio di immagini di David Bowie. Gli stilisti che hanno lavorato con lui, da Kansai Yamamoto ad Alexander McQueen, hanno creato geometrie dense di colori che ho rappresentato nuovamente.
Saetta Rossa può considerarsi un tributo a David Bowie?
Sì. Io e Marco Bucci non volevamo semplicemente realizzare una storia su di lui, ma scrivergli una lettera d’amore.
Com’è stato lavorare con Marco Bucci? Avete raggiunto subito la giusta sinergia?
Abbiamo lavorato perlopiù a distanza, incontrandoci soltanto al Lucca Comics & Games. Siamo partiti definendo gli aspetti principali della società del futuro in cui vive il protagonista. Poi Marco, che è già un affermato autore di fumetti, ha sviluppato i temi centrali della storia e la sceneggiatura su cui io ho disegnato. Mi ha concesso grande fiducia dandomi la possibilità di aggiungere elementi miei e questo ha rappresentato per me un grande banco di prova. C’è stata molta sintonia.
Che sentimenti ha suscitato in te questa pubblicazione?
Un grande senso di sollievo… Per avercela fatta. Un illustratore è quel tipo di artista che solitamente investe tutte le sue energie nella progettazione di una sola immagine. Nel caso di Saetta Rossa, invece, il lavoro è durato circa quattro anni ed è terminato nel novembre 2020, quando ho consegnato le ultime tavole. È stato difficile non perdere la bussola in un progetto così lungo, ma adesso finalmente provo solo una grande eccitazione.
Saetta Rossa affronta anche la questione dell’accettazione delle differenze di genere. Nel mondo dell’illustrazione come viene decodificata questa tematica?
C’è molta osservazione e voglia di confronto tra gli illustratori per muoversi con sensibilità su un argomento così delicato. Io sono eterosessuale, ma collaboro con ARC (associazione sarda, culturale e di volontariato, nata a Cagliari, che difende e promuove i diritti della comunità LGBTQA+, NdR) perché ritengo sia giusto spendersi per una battaglia sociale di grande importanza.
Quali sono le difficoltà con cui ti stai confrontando in questo periodo?
Il mio lavoro si è rivelato una salvezza perché molto adattabile agli sconvolgimenti. Essendo già abituato a lavorare da casa ho creduto di poter disegnare al massimo delle mie possibilità anche in tempi di lockdown, anche se poi non è andata proprio così. Adesso mi manca soprattutto l’aspetto più divertente della pubblicazione, ovvero poter prendere un aereo e raggiungere Marco a Bologna per una presentazione oppure accoglierlo qui a Cagliari. Mi consola però il fatto che la gente stia ritrovando sempre più la voglia di leggere, che si tratti di romanzi, racconti o fumetti.
Un luogo comune sul fumetto che vorresti smontare?
Quella credenza diffusa secondo cui il fumetto semplifica le cose. Rispetto a una narrazione solamente testuale l’elemento in più dell’immagine non semplifica affatto, è vero semmai il contrario. La lettura delle immagini è una faccenda molto articolata quindi aggiunge complessità anziché toglierla.
I tuoi progetti futuri prenderanno forma all’interno di contenitori nuovi?
Sto lavorando alla direzione artistica del mio primo lungometraggio animato per il cinema. Si chiama Viaggio a Teulada e si tratta di una coproduzione italo-francese, diretta da Nicola Contini. Vogliamo che parte della produzione avvenga in Sardegna e questo mi rende orgoglioso. Racconta la storia di una donna anziana che vive da esiliata, cacciata negli anni Cinquanta dal suo paesino destinato a diventare una base militare. Quanto raccontiamo è realmente accaduto in Sardegna e ci ricorda, tra riflessioni universali su potere e povertà, che ciò che è capitato agli altri può succedere anche a noi.
Intervista pubblicata su WU 106 (febbraio – marzo 2021)
Nella foto in alto: Riccardo Azteni
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