12H, LA PLAYLIST DEL 13 MAGGIO
12H è una playlist con i pezzi più interessanti usciti negli ultimi giorni, perché ci sono sempre nuove e belle canzoni da ascoltare
di Carlotta Sisti
Avevo già scelto i pezzi per questa puntata di 12H, ma poi è successo che Franco Battiato ha lasciato questo mondo, ma per come la vedeva lui certo non l’esistenza, e tutto è cambiato. A volte si dice pigramente che quando muore qualcuno è peggio per chi resta, in questo caso mi sembra davvero così. Avevamo ancora bisogno di lui, l’avremmo trattenuto qui, egoisti e laici, avidi e nostalgici, mentre il suo desiderio, immagino, desidero, magari era proprio quello di partire.
Siamo noi che abbiamo un problema con gli addii, siamo noi, lo sapeva bene Franco, che abbiamo paura, siamo noi che ci dobbiamo far consolare, che abbiamo bisogno di piangere, e lo facciamo, commuovendoci per ciò che scrivono gli altri, per ciò che condividono nei loro feed, nelle loro stories, e chissà con che tenerezza ci avrebbe guardati il maestro, chissà quale sorriso ironico avrebbe tirato fuori, e chissà, mi viene in mente ora, se gli faceva schifo la parola “maestro”.
Stavolta sì, è peggio per noi, che brancoliamo nel buio quando si tratta delle fine della vita, e veneriamo una persona senza imparare davvero qualcosa da essa. Citiamo le sue opere, tiriamo fuori le origini avanguardiste di Fetus, scriviamo la strofa più famosa di Prospettiva Nevski, quella «e il mio maestro mi insegnò com’è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire», che così bene racconta l’ultimo anno e mezzo (e forse ce ne accorgiamo solo oggi), ma in realtà di maestri non ne vogliamo, stiamo nella nostra bolla, e mettiamo cuori alle foto di lui con il colbacco.
Quello che ci sfugge o meglio, quello che lasciamo sfuggire con troppa noncuranza è che la vita spirituale di Franco è stata altrettanto vivace, ispirante, luminosa di quella terrena, e il suo rapporto con la morte qualcosa di lucido e sereno, in una società occidentale che, al contrario, vede nella fine della vita un tabù assoluto, da evitare, di cui non parlare, che ci paralizza quando a fare domande sono i bambini, che ci imbarazza. Morire è imbarazzante, ha detto qualcuno di recente, e ho pensato che è vero, ci siamo ridotti a questo.
Lui sulla morte, invece, ha fatto un film, presentato nel 2014 alla manifestazione “Tre volte Dio”, e che si intitola Attraversando il bardo, ed è una riflessione corale sul tema della morte analizzata da tre diverse prospettive: quella buddista, quella cristiana e quella laica e razionalista dei fisici quantistici. «Io credo nella reincarnazione – disse allora alla presentazione della pellicola – come professano i buddisti e sono assolutamente convinto di essermi più volte reincarnato: ho anche vividi e forti ricordi delle mie vite precedenti. Lo scopo del mio film è educare a una nuova concezione della morte, preparare le menti a viverla più serenamente ad accettarla, senza più la necessità di scongiuri, amuleti, negazione di una delle tante fasi della nostra esistenza, che rappresenta un ciclo continuo di morte e rinascita. In realtà non moriamo mai e non nasciamo mai. Siamo stati capaci di superare qualunque tabù anche quello del sesso, perché non possiamo superare quello della morte?».
Quindi sì, è peggio per noi, oggi, ma è anche vero che dà un po’ di tempo la sensazione che a piangere siano solo i buoni, Perché esistono le fanbase e poi esiste chi ama Battiato, ed è tutt’altra cosa. Lo celebriamo, e troverete sue canzoni che non hanno alcun bisogno di essere accompagnate da parole, ma vorrei tanto che avessimo anche imparato, non solo amato, che anche queste sono cose diverse. E com’è che diceva? «Via, via, via da queste sponde, portami lontano sulle onde».
IL RISVEGLIO: ‘BUSSDOWN’ DI JORJA SMITH FEAT. SHAYBO O ‘LA STAGIONE DELL’AMORE’ DI FRANCO BATTIATO
La divina Jorja ha pubblicato un nuovo lavoro che si intitola Be Right Back e che non è un vero e proprio album ma, come racconta questa 23enne nata in quel di Walsall, cittadina a noi sconosciuta situata nel cuore dell’Inghilterra, “una sorta di sala d’attesa”, prima di essere accolti nella sua nuova era. Elemento di spicco del progetto è questa Bussdown, un brano sexy e intriso di attitude che vede il feat della rapper Shaybo, perfetta contraltare badass della sinuosità di Smith. Il video, poi, gasa tantissimo. «Non appena Jorja ha inviato la traccia, sapevo che doveva esserci un concept speciale – ha detto il regista Fenn O’Mealli – ricordo il momento esatto in cui ho pensato che loro due dovessero essere due meccanici, e non sono sicuro del perché, ma è semplicemente epico vedere due donne molto belle e potenti comandare in un mondo di norma dominato dagli uomini». Tutto funziona e onestamente, solo il dialogo di apertura ci ha convinti che Jorja dovrebbe essere scelta come attrice per qualcosa à la Ocean’s 8.
LA PAUSA CAFFÈ: ‘FERMI ALLA VELOCITÀ DELLA LUCE’ DEI CASINO ROYALE, ‘SETTE VITE’ DI MARCO GIUDICI E ‘PROSPETTIVA NEVSKI’ DI FRANCO BATTIATO
Sono tornati i Casino Royale e hanno scelto di farlo con un pezzo cupo, denso, di grandissima tensione, che anticipa il progetto Polaris. Con la solita classe a cui ci hanno ben abituati, ma con un nervo diverso, più scoperto, più teso, la band di Alioscia, Patrick Benifei, Geppi Cuscito e Ferdinando Masi sta benissimo vestita di questi abiti più scuri, soprattutto perché, all fine, il messaggio racconta di speranza, riscatto, rivalsa verso un futuro più sostenibile e rispettoso. Marco Giudici, insieme ad Any Other/Adele Altro sui in veste di co produttrice, torna con il suo tocco magico che si conferma tale anche in questa Sette Vite. Milanese, classe 1991, Giudici è un musicista e compositore e poli strumentista di rara sensibilità, che sa lavorare di sottrazione e che nella delicatezza trova la sua forma di espressione più potente. Per una pausa caffè sognante.
PRANZO: ‘ETERNAL’ DI JENEVIEVE O ‘UP PATRIOTS TO ARMS’ DI FRANCO BATTIATO
Questa 23enne (che pare ormai essere l’età d’oro delle nuove promesse della musica femminile) di LA si sta facendo conoscere come una delle voci e delle personalità più intriganti del momento. Come il primo singolo del 2020 Baby Powder, anche Eternal è stato prodotto dal suo partner di songwriting Jean Benz, ed è un bop vagabondo e solleticante che rischiara la giornata dalle nubi. Qui, mentre canta della sua divertita ricerca di un nuovo, potenziale partner, la voce di Jenevieve è filtrata attraverso una distorsione traballante, che aggiunge un altro strato onirico alla traccia. Il video, poi, la vede cantare prima in una stanza piena di fiori e poi dalla cima di un grattacielo deserto di Los Angeles, mentre balla con alle spalle lo scintillante skyline della città. Forse dicendoci che la nuova regina della west coast è arrivata.
APERITIVO: ‘CREDO IN TE’ DEGLI 20025XS O ‘IL SENTIMENTO NUEVO’ DI FRANCO BATTIATO
Gli 20025xs sfuggono ad ogni senso, e allo stesso tempo sono tra i più a fuoco del panorama indipendente italiano. La loro follia musicale ti impedisce letteralmente di rimanere distaccato ad ogni loro nuova uscita ed ecco perché li ritrovate di nuovo qui. Credo in te conferma che hanno una firma ben precisa, pur lasciando spazio alla domanda «and now, what?». Mentre aspettiamo di scoprirlo ce li ascoltiamo durante un aperitivo saltellante, con, per altro, il coprifuoco spostato un’ora avanti, perché, cara ripartenza, io credo in te, anche se tu non credi in te.
PRIMA DI ANDARE A DORMIRE: ‘PIETRE ROVENTI’ DI POPULOUS E ‘GLI UCCELLI’ DI FRANCO BATTIATO
Ci voleva Populous per sciogliere i nodi e la stretta in gola di questi giorni, e farci stare tra il filo dell’acqua e l’immersione totale. C’è quel momento, in Pietre Roventi, ma pure quello in cui si esce dall’acqua e ci si sdraia dove la superficie scotta, godendosi il momento dell’unione degli elementi, del distacco da tutto.
BONUS INSONNIA: ‘ASHES’ O ‘HAJAR’ DI IOSONOUNCANE E ‘NO TIME NOSPACE’ DI FRANCO BATTIATO
Forse ha poco senso mettere due tracce di un lavoro che dura un’ora e cinquanta minuti, spalmati lungo 17 brani, quindi fate conto che questo bonus valga per tutto Ira. Anche perché è così che funziona questo disco, che è anche un manifesto, un atto di ribellione, un’opera vera e propria, e cioè con le parti che si uniscono in un tutto che va sorbito senza interruzioni, senza distrazioni. Iosonouncane che uccide Iosonouncane, questo è Ira. C’è anche l’uccisione della lingua, in favore di una sorta di neolingua che quando ti sembra di aver afferrato quale sia, (arabo, inglese, francese, sardo spagnolo?) sfugge e ti semina. C’è l’uccisione delle strategie di mercato, con la lunghezza e la quantità dei brani in scaletta, e c’è lo stordimento del canto, lasciato “sotto” rispetto a un suono che è magma bollente, attraente e pericoloso. «Che cosa ha fatto Iosonouncane?» è la domanda che mi sono trovata più spesso sotto gli occhi dopo l’uscita di un album spasmodicamente atteso, e che cosa abbia fatto è quasi indecifrabile, eppure sappiamo tutti che è gigantesco. Ci sono i dischi che escono, e poi c’è Ira, seguendo la dicotomia dell’intro, e sono anche queste due cose molto diverse.
Nella foto in alto: Claudym
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La playlist 12H di WU curata da Carlotta la trovate anche su Spotify, qui sotto il player
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