LYNK & CO – LA MIA AUTO, QUANDO SERVE
Lynk & Co non è un car brand tout court, è forse più vicino ai tanti servizi in abbonamento digitali che ci siamo abituati a usare. In un’industria statica come l’automotive, prova a smuovere le acque non dimenticandosi del nostro impatto ambientale
di Enrico S. Benincasa
Per alcuni è la «Netflix dell’auto», ma è una definizione che solo parzialmente rende l’idea di cosa sia Lynk & Co. È in primis un progetto che parte dall’assunto che la maggior parte delle auto siano inutilizzate per oltre il 90% del loro tempo. Perché quindi non dare la possibilità di condividerle? Si entra in possesso di una 01, il primo modello sul mercato, comprandola o con un abbonamento mensile di 500 euro al mese che comprende tutto. Si può recedere in qualsiasi momento e si può offrire l’auto in sharing attraverso una app dedicata, abbattendo così il canone. E in più ci sono i club, dove si entra in contatto con questa realtà in maniera informale e inclusiva. Ci facciamo raccontare il progetto direttamente dal suo ideatore, Alain Visser, oggi CEO di Lynk & Co.
Quali sono stati i tre momenti più importanti della recente storia di Lynk & Co?
Il primo risale al 2015. Lavoravo per Volvo (dal 2010 parte del gruppo cinese Geely, NdR) e mi è stata prospettata una sfida: creare un nuovo car brand. Erano anni che volevo fare qualcosa di diverso in un settore molto statico come quella dell’automotive. Ho scritto l’idea alla base di Lynk & Co su quattro fogli A4 e, dopo un iniziale spiazzamento del management e molte riunioni, nel febbraio 2016 abbiamo approvato il business plan. L’1 ottobre del 2016 ho lasciato il mio posto di lavoro e sono passato dall’avere 4 mila persone che rispondevano a me a… nessuna (ride, NdR). Il 20 ottobre 2016 abbiamo lanciato il brand a Berlino con un evento di un’ora e mezza. L’auto, però, non c’era. L’abbiamo mostrata alla fine, volevamo rendere evidente che Lynk & Co fosse qualcosa di diverso dagli altri car brand. Il terzo momento che seleziono è l’apertura del primo club ad Amsterdam, nell’ottobre del 2020: è stata la realizzazione fisica di un’idea concepita pochi anni prima su alcuni fogli di carta.
I club sono un aspetto importante del progetto. Sono luoghi diversi dai concessionari, dove si entra in contatto con Lynk & Co in maniera informale e distesa. Quali sono state le reazioni dei clienti a questa novità?
Abbiamo cercato di aprire in location importanti in alcune città europee come Amsterdam e Berlino, senza fare troppa pubblicità. Chi è entrato in uno dei nostri club, all’inizio, non aveva idea che ci fosse una relazione con il mondo dell’auto. C’è stato un “effetto sorpresa” per tutti, che è quello che volevamo. Quando vado nel club di Goteborg, ci sono persone che bevono un caffè davanti al loro laptop, c’è un’atmosfera diversa da quella di un concessionario.
Chi è lo user tipo di Lynk & Co?
Penso che il nostro user tipo sia una persona open minded, che ha a cuore la sostenibilità, che dà valore all’estetica, che non vuole seguire per forza i trend. Sappiamo che il nostro value for money è interessante, ma anche che sia più facile, economicamente parlando, che sia valutabile da una persona con una solidità professionale ed economica rispetto a chi ha iniziato da poco il suo percorso nel mondo del lavoro, almeno per quanto riguarda la possibilità di prendere un’auto non solo a noleggio.
È difficile slegarsi dal possesso dell’auto?
Ci sono dei Paesi dove l’auto è uno status – Italia e Germania per esempio – ma nelle nostre ricerche sappiamo che, anche in queste nazioni, c’è sempre un 10% che la pensa diversamente. Attualmente ci sono più di 100 brand di auto che si rivolgono al 90% di questo mercato, noi invece proviamo a parlare al restante 10. Se prendiamo per esempio il mercato europeo, però, è un pubblico certamente interessante.
Una parte importante del progetto Lynk & Co è la possibilità di sharing, che amplia la platea dei potenziali user. Quanto è fondamentale per voi questo aspetto?
Per noi non è importante vendere più macchine possibili, ma usare meglio quelle che mettiamo in strada, anche per un discorso di sostenibilità. Al di là di come un auto sia alimentata, se il business model dell’automotive è solo quello di vendere macchine che sono inutilizzate per oltre il 90% del tempo non possiamo definirla un’industria sostenibile. Lynk & Co ha un business model diverso per fare margine. Condividere l’auto è una win win situation sia per noi, sia per il possessore dell’auto, che può abbattere il canone di abbonamento mensile.
Quanto è sostenibile la vostra auto?
Non posso dire che sia la più sostenibile del mercato, ma cerchiamo passo dopo passo di muoverci in questo senso anche nella costruzione e nella scelta dei materiali. Nella 01 non abbiamo usato pelle per gli interni e molte parti sono realizzate con un materiale tratto dal riciclo delle reti da pesca.
Come funziona il vostro sistema di feedback?
Abbiamo un sistema che si avvicina a quello di Uber, c’è uno scambio di rate tra gli utenti che minimizza il rischio di incappare in situazioni spiacevoli. L’app inoltre dà la possibilità di scattare foto all’interno e all’esterno del veicolo che possono certificare lo stato dell’auto prima e dopo ogni noleggio.
Puntate al 10%: hai notizia di altri progetti interessati a farvi concorrenza?
No. Altri brand offrono oggi forme di abbonamento, ma sono sostanzialmente leasing mascherati: manca la possibilità di recesso immediato e, soprattutto, l’esperien- za che offriamo nei club. Quella non si può copiare.
Quando apriranno i club Lynk & Co in Italia?
Apriremo a Milano e Roma nel 2022, probabilmente prima nella capitale.
Intervista pubblicata su WU 111 (dicembre 2021 – gennaio 2022)
Nella foto in alto: Alain Visser, CEO di Lynk & Co
Lynk & Co su IG
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