12H, LA PLAYLIST DEL 09 FEBBRAIO
12H è una playlist con i pezzi più interessanti usciti negli ultimi giorni, perché ci sono sempre nuove e belle canzoni da ascoltare
di Carlotta Sisti
Che fenomeno bizzarro, la fine di Sanremo. Arrivi ad invocarla, stremato come nemmeno Gianni Morandi alla quarta puntata quando, durante l’esibizione, ha tirato un sospiro allarmante con sottotitolo: «Sono pieno, raso, ridatemi Jovanotti», e poi ti sale l’horror vacui. Basta, non parliamone più, dici risoluta. Pausa di cinque, dieci minuti, ed è «Secondo te glielo ridanno, ad Amadeus?», «Certo che Achille Lauro non se l’è filato nessuno», «Sono contenta per Dargen, cos’è arrivato alla fine? Aspetta che controllo, poi basta però».
Non ne siamo ancora usciti, ci vorrà del tempo, e non aiuta la canzone vincitrice, quella che canti nella testa mentre scrivi, quella praticamente fuori concorso, cantata da due che nessuno immaginava potessero arrivare ad un tale livello di bravura ma ancora di più di intensità. Non aiuta ad uscire dal tunnel, Brividi, alla quale ci arrendiamo e faccia di noi un dispositivo in loop, che così deve essere. Ma Mahmood e Blanco a parte, sempre che da parte li si riesca a mettere, visto che ci sono entrati negli occhi e lì rimangono (prevedo un’impennata di vendite di mantelli o di affannate ricerche per recuperare quello della nostra rinnegata fase dark) ci sono altri eroi della 72esima edizione appena conclusa che meritano d’essere celebrati.
Primo fra tutti, l’ultimo classificato Tananai, che si è presentato, credo, sul palco dell’Ariston senza aver mai provato il pezzo, al grido di «Come va, va», kamikaze come solo Elettra prima di lui. Hanno steccato entrambi, ed entrambi hanno fatto delle loro performance catastrofiche la chiave per arrivare al nostro cuore. Quella sincerità lì, lo spogliarsi di inutili pretese, ammettere, come Tananai, di aver steccato di brutto quando si era convinti «di aver fatto una figata», stracciano a mani basse, per esempio, uno dei momenti più attesi, ovvero Emma e Francesca Michielin in Baby One More Time.
Perché, che c’entrava, care ragazze, quell’espressione incazzata fissa sulla faccia, con un pezzo che avrebbe dovuto farci ballare sui divani felici nonostante la prigionia? Cos’era quell’arrangiamento lugubre e quel crederci così tanto da farci provare un filo di imbarazzo? Cos’era quell’inclinazione a destra, un memoriale della tragedia della Costa Concordia? Perché non vi siete volute divertire e perché avete armonizzato le voci alla ca..o di cane? Ecco, Tananai invece si è proprio divertito e calato il sipario sul palco dell’Ariston è anche diventato una star di Twitter, facendo una cosa che solo lui e Dargen sanno fare: prendersi per il culo da soli.
Sì, perché anche La Rappresentante di Lista, nonostante abbia tirato fuori una hit fortissima che occupa il restante spazio della mia testa lasciato libero da Brividi, è parsa più calcolata, più affamata di vittoria, più furba ma di quella furbizia che fa sì guadagnare nuovo pubblico, ma fa pure perdere qualche fan della prima ora, e ora starà a loro fare bilanci in merito. Altra meraviglia di cui ho già nostalgia, oltre a Drusilla per la quale il plauso generale mi vede totalmente allineata e della quale ho già diffusamente scritto altrove (piccolo spazio pubblicità), è Sabrina Ferilli, patrimonio nazionale. È arrivata con un vestito che ha preso a sberle l’estetica sanremese millycarlucciana, che se non c’è uno strass, un guanto lungo, un fiocco, perdinci, almeno una balza, è tragedia. Lei in abito cipria senza alcuno degli elementi appena citati sarà stata l’incubo delle stylist del festival e gioia per i nostri occhi fino a quel momento (ad eccezione di Giannetta, che brava, datele un varietà) pieni di Renato Balestra, ha perculato con un maddeché il monologo in cui Diletta Leotta diceva che sì, insomma, la bellezza, che sarà mai, càpita.
«La bellezza càpita, è vero che càpita, ma ce se lavora pure parecchio, non è una cosa così estemporanea. Io sò quattro giorni che magno radici per entrare in ’sto vestito», ci ha svelato Ferilli, seduta sul gradino a farci le confidenze come al liceo durante la ricreazione quando offrivamo sigarette alle più grandi in cambio di consigli. Sabrina, la donna più risolta che abbia messo piede su quel palco, ha detto la frase che renderà la vita difficile, a chi verrà dopo, e come Emma con Britney, senza averne i mezzi avrà la pretese di illuminarci e sconvolgerci la vita: «Ma perché la presenza mia dev’essere per forza legata a un problema?».
IL RISVEGLIO: ‘SENTI’ DI NAVA
Nava ha «un cuore che corre forte» che ha deciso di buttare oltre l’ostacolo, passando dall’inglese all’italiano, in questa sua Senti prodotta da Bawrut. Lei che sa abbracciare il proprio lato dark, senza farlo diventare un mantello pesante che soffochi l’energia della sua musica, è davvero una delle artiste che siamo più curiosi di vedere live, ora che tutto, forse, pare inizia a ripartire.
LA PAUSA CAFFÈ: ‘SESSO OCCASIONALE’ DI TANANAI E ‘HAZY’ DI KYLE DION E TKAY MAZDA
Visto che all’Ariston lo hanno fatto sempre esibire a notte inoltrata, Tananai lo mettiamo qui, nel momento del refill di caffeina, per farvi far riascoltare una canzone super pop che senza stecche è godibile come una fuga al mare durante la settimana. Kyle Dion e Tkay Maidza hanno collaborato per il loro nuovo singolo civettuolo, Hazy che si diverte ad esplorare quel casino che è la storia di due persone sulla linea di confine tra amanti e amici. La traccia incarna la natura nebulosa di questa relazionecon una produzione agile, voci roche e un’atmosfera giocosa.
PRANZO: ‘PARALLEL 34’ DI DARDUST E ‘ANGELS’ DI HAMOND
Fluido, coraggioso, sperimentale, senza generi, senza etichette: così è il suono di Dardust, cecchino delle hit da trilioni di ascolti tanto quanto esploratore appassionato di ogni anfratto che l’universo della musica può offrire. Ha messo in pausa (forse, perché di certezze con questo artista che è il più bravo dei giocolieri nel saper tenere insieme mille progetti senza farne traballare nessuno) il suo lavoro di mago del pop, per tornare all’assenza di vincoli, al volo libero, allo Sturm Und Drang, alle origine che lui definisce “preromantiche” della sua musica. Come ha detto in un’intervista, Dardust nei precedenti album ha «sempre cercato di unire il minimalismo pianistico con l’elettronica, creando un crossover a cavallo tra neoclassica e pop con elementi magici che provengono dalle colonne sonore, da un certo mondo club, dai fantasy movie, dalla musica romantica. Questa volta ho deciso di separare nettamente le mie due anime, di non creare sfumature, di non creare punti d’incontro. Bianco e Nero. Elettronica e pianoforte. Ogni tappa corrisponderà infatti a due singoli, uno dall’anima elettronica e l’altro in piano solo». Con le sue cicatrici in bella vista, riempite, come vuole la tradizione giapponese del kintsugi, di oro, Dario Faini incanta e cura anche le nostre, di ferite. In Angels, l’artista di Houston Hamond accoppia un classico ritmo hip hop a strati di archi in loop, al pianoforte, mentre la sua voce fluttua e trema sulla traccia. Il primo singolo estratto dal suo prossimo progetto di debutto, Angels, è legato alla sensazione di tornare a casa: «Si tratta della sensazione di essere sorvegliati e protetti dalle persone intorno a te, anche quando le cose non sono perfette», dice Hamond, che spiega come quelle stesse persone siano gli angeli terreni di cui canta.
APERITIVO: ‘SKIN TIGHT’ DI RAVYN LENAE FEAT. STEVE LACY
La cantante di Chicago Ravyn Lenae, ha detto che per questo nuovo singolo vellutato, che ha il featuring con Steve Lacy, desiderava far entrare le persone nel mio mondo attraverso i suoni, in modo che potessero capire come mi sono sentita negli ultimi due anni». Skin Tight ha elementi ipnotici, ma è molto semplice, familiare e fresca, quando parla dei momenti della vita in cui una relazione è finita, eppure capisci di avere ancora dei legami fisici e mentali. Lente parla della condivisione dell’energia cinetica con un’altra persona, che continua a vivere, a farsi sentire, e, diciamolo, a rompere le palle con l’attrazione della, direbbe Malika, «maledetta nostalgia».
PRIMA DI ANDARE A DORMIRE: ‘IMPOSSIBLE’ DI ROYKSOPP & ALISON GOLDFRAPP
Una collaborazione di sei minuti e mezzo tra i geni dell’elettronica norvegese Röyksopp e la regina del synth-pop britannica Alison Goldfrapp? Non sorprende che Impossible sia uno flusso che si adagia sulla pista da ballo con voluttuosità, ma non solo: la traccia funziona anche in cuffia, con le sfumature della voce di Goldrapp abbinate alle sinistre correnti sotterranee della brillante produzione di Röyksopp, con il risultato di uno strano, affascinante massimalismo altamente dettagliato.
BONUS INSONNIA: ‘FACES CHANGE’ DI WILLOW KAYNE
La scorsa settimana, l’artista emergente britannica Willow Kayne ha pubblicato il suo EP di debutto di sei tracce, Playground Antics. Tra tutte, è la straordinaria Faces Change a spiccare, perché qui Kayne mette in luce la sua capacità di cavalcare tra i generi, dal pop scintillante al rock ruggente e all’hip hop meditabondo, tutto in un brano lungo 3:36 minuti, con il quale fare pace col giorno appena passato.
Nella foto in alto: Tananai, foto credit SGP
Dello stesso autore
Carlotta Sisti
INTERVIEWS | 24 Aprile 2024
CLAUDYM – AL CENTO PER CENTO
INTERVIEWS | 7 Marzo 2024
ANY OTHER – SCELGO TUTTO…
INTERVIEWS | 9 Marzo 2023
SANTI FRANCESI – GIOIA FRENETICA
INTERVIEWS | 24 Novembre 2022
MEG – BELLISSIMO MISTERO
INTERVIEWS | 29 Settembre 2022
BIGMAMA – NIENTE TRUCCHI