FESTIVAL MUSICALI: IL FUTURO È BOUTIQUE
Più intimi, sostenibili e a misura d’uomo. Guida essenziale – e non esaustiva – ai boutique festival di fine estate, in Italia e all’estero
di Dario Buzzacchi
«Nel linguaggio dell’ambiente, un festival viene definito “boutique” quando non mira (per ora) a decine di migliaia di paganti, ma a un pubblico più limitato che vuole vivere un’esperienza meno massificata e più di qualità». A dare la definizione perfetta di boutique festival è Lele Sacchi, dalle pagine del suo libro Club Confidential: l’equivalente, per noi vecchi clubber milanesi, di quello che è l’Infallibile manuale per le Giovani Marmotte di Paperopoli.
Dall’uscita del libro di Lele sono passati quattro anni, e nel frattempo il concetto di boutique festival non solo si è consolidato prendendo sempre più piede, ma è diventato il formato preponderante: i newcomer in giro per l’Europa della Festival Season 2022 corrispondono tutti – o quasi – all’identikit sopra citato. Merito (o colpa) del Covid? Probabilmente sì, o almeno in parte. Certo, in questi tempi incerti e oscuri, può sembrare una pazzia imbarcarsi in un progetto dall’elevato rischio d’impresa come quello di un big festival. E in effetti lo è: chiedere a tutti coloro che ci hanno sbattuto la testa. Prima, dopo e durante il Covid.

Sponz Festival (dall’account IG dell’evento)
Di converso però, a cambiare forse è stata anche la domanda, oltre che l’offerta. Uno dei mantra pandemici è che durante il lockdown “abbiamo imparato a valorizzare meglio il nostro tempo”. Forse allora, ci siamo resi conto che quelle ore passate a cercare la nostra sgangherata Quechua nella tendopoli di Glastonbury – o quelle in coda per una birra al Primavera – le avremmo potute investire meglio gustandoci le eccellenze gastronomiche locali. O ballando in riva al mare, davanti a un dj semisconosciuto, in uno stage per pochi intimi.
Perché, in buona sostanza, è di questo che si tratta: il boutique festival mette al centro l’experience, pentasensoriale e a misura d’uomo, sostituendo gli artisti grossi, “quelli che chiamano gente”, con una lineup più di nicchia e sofisticata. Più passaparola, e meno sponsorizzate martellanti su Instagram: un boutique festival lo devi scoprire. E quando lo scoprono tutti? Beh, non è più boutique…
Ma quali sono ordunque, i festival boutique? Impossibile fare un censimento, anche parzialmente esaustivo, data la natura pulviscolare e in costante evoluzione della materia in esame. Vale la pena però citare qualche esempio, soprattutto di quelli in programma in quest’ultimo scorcio d’estate.

Opera Festival, foto di Bianca Burgo
Partendo da casa nostra, e dal Sud in particolare: dal ColorFest (11-13 agosto) in un agriturismo a Maida, nel Lametino in Calabria; all’Opera (17-21 agosto) ai piedi dell’Etna, in quella Milo amata da Battiato e Lucio Dalla; passando per Sponz Fest (21-27 agosto) in Alta Irpinia, diretto da Vinicio Capossela. Regioni diverse, ma stessa formula: capacity ridotta, lineup di ricerca e grandi scorpacciate, siano esse di ‘nduja, arancini o Cannazze di Calitri.
Oltre confine, il panorama non cambia: in Croazia, patria festivalarum per eccellenza, convivono realtà multitudinarie come Dimensions e Sonus, con micro-festival come Elrow Island: la familia del party più pazzo del mondo, dall’8 all’11 settembre, ha affittato l’intera isoletta Obonjan per un festival intimissimo. Capienza? 800 persone: meno di quante ne entrano nel famigerato club di Viladecans.

Watching Trees
Ancor più esclusiva la prima edizione di Watching Trees (2-4 Settembre) il nuovo format di festival organizzato, nei dintorni di Bristol, dalla label The Ransom Note e da Optimo (Espacio). Three days, two stages, 500 people: con artisti come Joy Orbison, Debonair e Josey Rebelle, non certo gli ultimi arrivati. E poi Oasis Festival (23-24 settembre) a Dakla in Marocco, in una vera e propria oasi in mezzo al Sahara, o il Waking Life (17-22 agosto) sulle sponde del piccolo lago di Crato, nell’entroterra portoghese.
Insomma, il futuro dei festival sembra essere tiny, little, small: e, a conti fatti, non è detto che sia una cosa negativa. Unica raccomandazione: affrettatevi a comprare i biglietti!
Nella foto in alto: Elrow Island, foto di Toni Villen
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