THE FEELING ONLY WE KNOW
Stephan Lucka ha passato anni a immortalare con la sua macchina fotografica i ragazzi delle associazioni scout tedesche, cercando di catturare l’essenza del, cifre alla mano, più grande movimento giovanile del mondo
di Enrico S. Benincasa
Il movimento scout nel mondo è diffuso in 170 Paesi e può contare su un “esercito” – virgolette assolutamente necessarie – di oltre 50 milioni di membri. Queste cifre provengono dell’associazione World Scouting, che raggruppa tutte le più importanti realtà a livello continentale e nazionale. È difficile pensare a un movimento giovanile organizzato più grande di quello scout, soprattutto così capillarmente diffuso in tutti gli angoli del globo.
Siamo infatti abituati a pensare allo scoutismo come a un fenomeno essenzialmente occidentale, ma l’intento e il messaggio del fondatore Lord Baden Powell, nel corso degli anni, hanno abbattuto barriere culturali e religiose tanto che oggi, per esempio, la maggior parte dei membri, sempre secondo i dati di World Scouting, proviene dalla macroregione Asia-Pacifico (ben 35 milioni).
Sono stati scout in gioventù celebrità come Barack Obama, Michael Jordan, Bill Gates, Neil Armstrong, Nelson Mandela, Hillary Clinton e Dario Argento e l’elenco potrebbe continuare. Molti di loro, diventati adulti, hanno spesso ricordato la loro esperienza in questo movimento, come del resto ha fatto spesso il nostro ex premier Matteo Renzi, anche lui con il fazzoletto al collo in gioventù. «Una volta scout, sarai sempre uno scout» è una frase che ben fotografa l’approccio di chi ha fatto parte di questo movimento nel corso della vita.
Anche il fotografo tedesco Stephan Lucka è stato uno scout e, a partire dal 2015, ha deciso di iniziare un lavoro fotografico dedicato a questa realtà: «La molla che mi ha spinto a iniziare è stata inizialmente di matrice emotiva: volevo rivivere, seppur in maniera diversa, le esperienze che avevo fatto quando ero più giovane», ci ha detto Stephan. «Poi, nel corso del tempo, a questa motivazione se ne è affiancata un’altra ovvero cercare di capire che cosa vuol dire essere liberi quando si è all’interno di una comunità come questa».
Come tante osservazioni partecipate, l’esperienza di Stephan si è scontrata con la necessità di guadagnarsi la fiducia delle persone ritratte, ovvero i giovani scout di oggi: «Avevo il vantaggio di essere stato uno scout e di conoscere l’ambiente, ma come sempre, quando fai un lavoro del genere, devi entrare in sintonia con i soggetti che fotografi. Dopo un po’ di tempo assieme, i ragazzi hanno smesso di pensare al fatto che ci fosse una camera». Il fatto che tutti i giovani di oggi, scout compresi, hanno spesso in mano uno smartphone e sono abituati al rapporto con questo mezzo, ha pesato fino a un certo punto: «È una regola non scritta quella di non usarli durante le attività. D’altronde si è molto impegnati con cose come montare una tenda o cucinarsi il pranzo che a quell’età non si fanno tutti i giorni, non c’è molto tempo di occuparsi di altro. Gli scout però non sono tecnofobici, tant’è che anche in qualche scatto di questo lavoro ci sono “tracce” di tecnologia. Semplicemente, può capitare in questa comunità di riscoprire anche il piacere di non essere connessi digitalmente». Ma come sono questi ragazzi? «Rispetto a quando sono stato scout io», continua Stephan, «non ci sono molte differenze. La struttura è la stessa, così come l’organizzazione. C’è sicuramente meno omologazione a livello di provenienza, con ragazzi e ragazze con background culturali e origini diverse».
Il movimento scout tedesco è uno dei più importanti in Europa a livello numerico – siamo abbondantemente oltre 200 mila – e, a differenza di quello italiano, è meno connotato dal punto di vista religioso, con sigle aconfessionali che si affiancano a quelle di stampo cattolico e protestante. Anche in Germania le sigle cristiane raccolgono la maggioranza dei membri, ma le proporzioni sono diverse rispetto all’Italia, dove la cattolica Agesci, stando agli ultimi dati pubblicati sul sito della FIS, ha il 90% degli iscritti. La particolarità maggiore della realtà tedesca, però, riguarda le origini: nata come tanti movimenti scout nazionali all’inizio del 20esimo secolo, si è subito legata al German Youth Movement, un movimento culturale ed educativo che si contrapponeva al conservatorismo della società tedesca di allora e promuove- va tutte le iniziative, come lo scoutismo, che avevano a che fare con la libertà.
L’esperienza di Stephan si è conclusa da poco ed è stata raccolta in un libro che si intitola Das gefühl das nur wir kennen (The Feeling Only We Know). Il motivo del titolo è chiaro per Stephan: «Per molte persone lo scoutismo è un’esperienza che ha un forte impatto sulla propria vita, ed è stato così anche per me. Il signifi- cato di essere stato parte di questa comunità lo capisci spesso quando ti capita di guardarti indietro. Alla domanda: “Cosa vuol dire per te essere parte di questo movimento?”, molti scout ed ex scout rispondono con le parole che ho scelto come titolo di questo volume. Sai cosa vuol dire, ma non riesci a esprimerlo facilmente a parole. Con la fotografia, invece, riesci a far venire fuori meglio la rappresentazione di questo sentimento che noi scout conosciamo».
Articolo pubblicato su WU 118 (marzo 2023)
Tutte le foto nella pagina sono di Stephan Lucka