TURBOJAZZ – TWENTY AND COUNTING
Dj e produttore di spicco del panorama colto della club culture internazionale, ha appena pubblicato il suo album di debutto, Whateverism. Un viaggio unico tra nu jazz, soul e le più moderne derive elettroniche di house e deep, per marcare una linea tra quello che c’è stato e quello che ci sarà
di Monica Codegoni Bessi
Il suo è un atteso debutto, dopo vent’anni di musica letteralmente “all around the world”. Tommy Garofalo in arte Turbojazz, classe ‘86, veronese di nascita e milanese di adozione, è un dj dalla infinita cultura musicale. I suoi set sono entusiasmanti viaggi a misura di dancefloor tra disco, funk e selezioni sofisticate di house music e techno. Dal 2014 è producer dal gusto ricercato ed eclettico, marchio di fabbrica inconfondibile. Il suo nuovo Whateverism, apprezzato in tutto il mondo, è già un oggetto di culto. «Vuole essere un disco leggero, semplice da ascoltare, mai scontato. Sono rimaste tre copie su Bandcamp, è già quasi sold out», ci ha detto. Ora lo saranno senz’altro, ma «i più fortunati potranno trovarlo nel loro negozio di vinili preferito», luoghi sacri per chi – come Turbojazz – ama la musica.
È il tuo album di debutto, ma celebra una storia ventennale di molteplici influenze musicali, dj set, club e festival in tutto l’emisfero.
Ho iniziato a collezionare dischi e suonare intorno al 2002 con la musica dance e le sue influenze diverse, e l’house music USA. L’approccio al clubbing viene da locali storici della scena italiana come l’Alter Ego, il Mazoom e il Cocoricò. La sensibilità per una vibe più legata al soul e al funk è invece legata alla cultura hip hop di fine anni Novanta, quando da writer, taggando Turbo, mi sono appassionato alle sue discipline (Tommy ha un’invidiabile collezione di Aelle, NdR). La passione per il jazz viene da mio padre: era nell’Aeronautica Militare e, negli anni, si è innamorato della radio americana che ascoltava alla base di Vicenza, dove non a caso è nato il Palladium, tempio della black music.
Milano segna un punto importante nella tua storia, giusto?
Mi sono trasferito a Milano per frequentare l’Accademia delle Belle Arti. Nel 2007 ho iniziato con le prime serate con il dj Sergio Nox, founder del brand Pijama. Dopo la laurea, lo stage a Roma per Raffaele Costantino e il festival Meet In Town all’Auditorium Parco della Musica, nel 2010 mi sono trasferito a New York con una borsa di studio del Dubspot Institute per il corso di Electronic Music Production, cominciando con i dj set di musica elettronica in piccoli club. Nel 2011, tornato a Milano, con Futureground abbiamo promosso eventi con grandi artisti: Gilles Peterson, mr.Scruff, Hudson Mohawke. Abbiamo realizzato la prima Brainfeeder Night con nomi dell’etichetta di Flying Lotus, Dam-Funk, Soulection e Benji B, Madlib e suo fratello Oh No. Dal 2014 in poi abbiamo pubblicato i primi EP di house music e downtempo ma più orientati al dancefloor, con etichette come Local Talk, la storica Defected, la londinese BBE, GAMM. Successivamente, insieme al produttore storico dei Microspasmi Parker Medicine, oggi Goedi, e il pianista Veezo, oggi con me sul palco, abbiamo fondato Jaxx Medicine e fatto un album e tre EP, con live in Italia e un tour in Giappone. Una volta tornati è poi scoppiata la pandemia e così, complice il momento di riflessione, ho cominciato a scrivere il disco.
Cosa puoi raccontarci del titolo?
Viene proprio da quel momento. Un gioco di parole, una filosofia che si riferisce a quando a una domanda non viene data una vera risposta, perché del tutto personale. Durante la pandemia, tutto era possibile ma al contempo anche impossibile. Mi sono interrogato su quale disco volessi fare e ne è uscito Whateverism, ovvero “fai quello che senti, che ti stimola, ti piace e ti rappresenta”.
Cosa rappresenta per Turbojazz questo album?
Whateverism è il disco che avrei sempre voluto fare. Con gli EP precedenti sono stato un po’ più distaccato, perdendomi la parte romantica di questo processo. Forse agire più d’impulso è stato vincente: ho lasciato fluire la creatività e ne è uscito un disco variegato, ma con un filo conduttore a livello sonoro, aspetto più difficile ma anche apprezzato. Mi piace esplorare, sono proiettato al futuro rispetto al passato, con album di ascolto godibile, dal suono moderno. Il disco è la fotografia di questo primo capitolo del mio percorso: un’istantanea dei diversi generi che mi hanno influenzato.
L’album launch party è stato all’Apollo Club di Milano con alcuni dei talentuosi artisti presenti nel disco, tra cui il maestro house Sean McCabe.
Lo show è realizzato con una band, per un pizzico di realtà e perché così nasce la musica. La loro presenza è indicativa dell’impronta del disco. Ogni essere umano porta magia creativa, e lavorare con loro è stimolante ed educativo. La mia musica ha un approccio artistico, cerco di costruirla, dalle strutture all’uso delle ritmiche, determinando la mia impronta. C’è illusione, decostruzione: la funny thing è che il primo brano The Standard sembra registrato dal vivo ma in realtà sono recor- dings realizzati al computer, poi registrati dai musicisti, e riarrangiati da me. Sono contento di questa data zero, è stato diverso dal djing: ti confronti e connetti con il pubblico in maniera più diretta.
Quali sono i programmi per live futuri?
Quest’estate sarò in giro con lo show per Festival come Mercati Generali, Viva! Festival, Jazz:Re:Found. Il disco sta per essere licenziato per il Giappone da Dischi Union, che farà una versione CD inedita e ci porterà a un mini tour a maggio e giugno. Ora sono sulla produzione di nuova musica, e il 13 maggio al Leoncavallo con Lobo, con cui collaboro da sempre. È un progetto oggi decennale che ho visto nascere e crescere sempre più, diventato una delle serate indipendenti più belle di Milano, dal gusto berlinese. Sarò insieme a Jamz Su- pernova, dj di BBC Radio 6.
Cosa puoi raccontarci della tua etichetta indipendente Last Forever Records?
È un canale di sperimentazione nato nel 2019, per dare voce ai produttori incontrati nei tour o che mi mandano brani, appassionati del mio gusto sonoro. Dopo il mio disco è in arrivo l’EP di un artista sudafricano. È un Paese a cui tengo molto, dove ci sono molti talenti. È un progetto a lungo raggio da continuare anche più in là con gli anni, per non perdere la percezione di quel che succede anche nel sottobosco.
Articolo pubblicato su WU 119 (aprile – maggio 2023)
Turbojazz su IG
Dello stesso autore
Monica Codegoni Bessi
STYLE | 23 Luglio 2024
SAKE – ISPIRAZIONE ANCESTRALE
STYLE | 9 Maggio 2024
MARCELLO PIPITONE – METROPOLITAN COUTURE
STYLE | 8 Febbraio 2024
FLORANIA – THE RIGHT APPROACH
STYLE | 14 Dicembre 2023
LAGOS SPACE PROGRAMME – TRA PASSATO E FUTURO
STYLE | 12 Gennaio 2023
SHUTING QIU – CONTRASTI APPARENTI