SOTTERRANEO – L’ESSENZIALE
Sono una delle pochissime certezze nel panorama italiano della ricerca, since 2005. Abbiamo fatto due chiacchiere con Daniele Villa, a poche settimane dal debutto del nuovo lavoro del collettivo al Teatro Fabbricone di Prato
di Matteo Torterolo
(Quasi) venti anni fa erano tra le novità più cool della scena teatrale anni 2000 – quella “generazione T” che comprendeva gruppi come Codice Ivan, Babilonia Teatri, Anagoor. Passati indenni attraverso successive fasi di consolidamento, oggi rappresentano un punto di riferimento essenziale del panorama italiano della ricerca, per la capacità di unire la profondità dei temi con la leggerezza mai banale dell’approccio, e la giusta dose di provocazione. Certo, in un Paese serio sarebbero materia di studio nelle accademie, maestri riconosciuti per le nuove leve… ma questo è un altro discorso. Abbiamo incontrato Daniele Villa, insieme a Sara Bonaventura e Claudio Cirri tra i fondatori di Teatro Sotterraneo (oggi semplicemente “Sotterraneo”), a Firenze in una pausa delle prove per il nuovo lavoro Il fuoco era la cura, che debutterà al Fabbricone di Prato dal 9 al 14 aprile.
Come vanno le prove del nuovo spettacolo?
È una bella sfida: come sempre lavoriamo a una scrittura originale, ma questa volta abbiamo scelto di partire da un testo classico e almeno fino a qualche anno fa celeberrimo come Fahrenheit 451 di Ray Bradbury: un libro che parla, vale la pena di ricordarlo, di un futuro neanche troppo distopico nel quale i pompieri invece di spegnere gli incendi li appiccano, utilizzando come unico combustibile i libri.
Qualche anno fa avete deciso di eliminare la parola “Teatro” dal nome: c’è un motivo o sono il solito complottista?
Diciamo che “Sotterraneo” è il vocabolo che racchiude in maniera perfetta la nostra identità. In più, esistono già un’infinità di gruppi che si chiamano “teatro qualcosa”, il che rischia di creare confusione. Abbiamo deciso di mantenere l’essenziale, la nostra cifra.
Come sta, secondo te, il mondo del teatro italiano?
Purtroppo non bene, o meglio: il sistema soffre per la cronica scarsità di risorse, e per il preoccupante arretramento culturale di questo decennio, mentre per paradosso nelle difficoltà sono emerse e continuano miracolosamente a emergere nuove energie creative. Così capita che gli autori godano di ottima salute (creativamente parlando), mentre il teatro oscilla pericolosamente sulla soglia della sopravvivenza ormai da molti, troppi anni. Il che, appunto, non va bene.
Cos’è oggi Sotterraneo?
Un collettivo artistico che lavora nel campo delle arti performative sperimentando formati differenti: dallo spettacolo frontale al site specific, dal talk show al teatro musicale fino alla regia lirica (Il Signor Bruschino al Rossini Opera festival 2012). Siamo un gruppo che fa ricerca, studio e sviluppo nell’ambito dello spettacolo dal vivo.
Che ne pensi del boom della stand-up comedy? Vi sentite in qualche modo dei “precursori” di questo genere?
(accenna una risata, NdR) Direi di no, ma non mi offendo. Si tratta di un formato molto attuale, che è in grado di coniugare pensiero critico, divertimento ed estrema agilità, ma che proprio per questo riduce tutto troppo all’osso per quanto ci riguarda, sacrificando quasi totalmente (per esempio) l’aspetto visivo. Sicuramente dobbiamo riconoscergli la capacità di rappresentare un momento importante, e piacevole, di esercizio dell’intelligenza collettiva: questo è il grande valore che condividiamo.
Che ruolo ha il teatro oggi?
È innanzitutto uno strumento di cultura condivisa, che dovrebbe far parte del kit di sopravvivenza alla complessità del presente di cui tutti dovremmo essere dotati. Poi rappresenta uno strumento pedagogico insostituibile, perché insegna cose che nessuno può imparare da solo: la relazione con il proprio corpo, con gli altri, con lo spazio condiviso. In più, essendo arte dal vivo chiama a raccolta le persone e quindi è in grado di innescare un tipo di “evento” unico, in un’epoca storica che vive di esperienze mediate. Può essere una nostra impressione, ma nel mondo post-pandemia ci è sembrato di registrare un rinnovato interesse per la scena, in quanto spazio di riflessione comunitaria: se è così, sta a noi teatranti far sì che questo interesse non vada disperso.
Facci tre nomi di artisti emergenti (o anche no) da tenere d’occhio.
Per il teatro nel quale ha centralità la parola ti direi lacasadargilla (compagnia romana che riunisce autori, attori, musicisti, drammaturghi e artisti visivi, NdR), mentre per quanto riguarda il teatro che mette al centro la danza direi Marco d’Agostin (performer e attore, vincitore di due Premi UBU e del Premio Riccione per l’innovazione drammaturgica, NdR). Del resto, entrambi mescolano continuamente i due aspetti, e per questo che li amiamo particolarmente. Fuori dall’Italia, in Catalogna ci sono due collettivi che negli ultimi anni hanno segnato la storia del teatro contemporaneo come Agrupaçion Señor Serrano e El Conde de Torrefiel: sono entrambi piuttosto di casa in Italia, a Milano in particolare, per cui il nostro consiglio è di non farsi sfuggire l’occasione di conoscerli.
L’intervista è stata pubblicata su WU 124 (febbraio 2023)
La foto in alto è di Giulia Di Vitantonio
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