JUNI VITALE – IL FUTURO DELL’ELETTRONICA
Con il creatore di Kappa FuturFestival ripercorriamo la storia di quello che oggi è il festival più partecipato in Italia, cercando di capire quali potranno essere gli scenari futuri dell’entertainment musicale nel nostro Paese
di Stefano Ampollini
L’estate è alle porte e un anno fa di questi tempi molti di noi stavano ballando o si accingevano a farlo nel parco di Villa Arconati, tra i trulli della valle d’Itria, sotto le mura del Castello Maniace a Ortigia oppure al Parco Dora di Torino, la più grande venue per l’elettronica in Italia. Poi è arrivato il Covid e tutto è cambiato. Per molti rischia di essere l’anno zero, a causa di un virus invisibile che ha tolto quel poco ossigeno di cui già godeva il movimento dei festival in Italia. Se c’è però un protagonista di questo mondo che proprio non ci sta a piangersi addosso e preferisce guardare avanti, quello è Maurizio Vitale, per tutti Juni («mio padre si chiamava anche lui Maurizio e, di conseguenza, io ero Junior, quindi Juni»). È lui, classe 1974, a creare nel 2009 a Torino il FuturFestival, diventato in soli dieci anni l’appuntamento di riferimento in Italia, il più grande e con una line up che non ha nulla da invidiare ai più grandi festival europei.
Come è nato il Kappa Futurfestival e quali sono state le tappe principali del vostro percorso?
Nel 2009 visitai una mostra sul centenario del Futurismo ed ebbi l’intuizione di chiamare il mio festival Futur, proprio in onore di quel movimento culturale. Il futuro è ciò che ci doveva guidare nelle nostre scelte. Volevamo avere un approccio innovativo e rivendicare l’aspetto “culturale” della musica elettronica, riconosciuto un po’ dappertutto tranne che in Italia. Il debutto fu la festa di Capodanno del 2010 all’Oval, poi dopo due anni la svolta con l’ingresso di Kappa e il trasferimento al Parco Dora, uno spazio perfetto in periferia a Torino per quella che era la nostra idea di festival. Il Kappa FuturFestival (KFF) divenne il primo festival interamente diurno. Dal 2016 siamo l’unica manifestazione del genere in Italia patrocinata dalla Commissione Europea. Negli ultimi tre anni i numeri sono poi cresciuti esponenzialmente fino alle 60 mila presenze da oltre cento nazioni del 2019. Quest’anno, prima della sospensione, avevano già raccolto 20 mila prevendite.
Come si spiega una crescita tanto rapida del KFF, in controtendenza con la maggior parte degli altri festival italiani?
La cosa più importante è avere una visione e farla crescere attraverso una vera organizzazione imprenditoriale. Dietro certi numeri c’é molto lavoro e soprattutto un approccio nuovo nel nostro mondo: per avere successo bisogna essere un po’ meno “impresari” e un po’ più “imprenditori”. Fare impresa è la cosa più bella del mondo e abbiamo dimostrato nei fatti che si può anche nell’elettronica, nonostante tutto. Oggi per emergere è necessario industrializzare la propria attività, anche nel campo dell’intrattenimento culturale. La tanto citata digitalizzazione deve essere innanzitutto nei processi organizzativi. Il risultato tangibile sarà un livello sempre più alto nella qualità dell’experience vissuta da chi partecipa al festival, dall’accoglienza alle aree riservate, dal food ai servizi, dalla qualità degli impianti alla sicurezza. È lavorando su questi aspetti che lo scorso anno a Ibiza abbiamo vinto il DJ Awards 2019 nella categoria International Music Festival.
Cosa manca in Italia per vedere festival del livello dei grandi appuntamenti europei?
Da una parte è corretto denunciare le carenze e la miopia delle nostre istituzioni, che finora non ci hanno mai riconosciuto come protagonista della scena culturale al pari di altre forme di spettacolo. Dall’altra tutto il nostro mondo dovrebbe innovarsi e imparare a fare sistema. Finora non siamo stati abbastanza qualificati, dobbiamo migliorare le nostre pratiche, avere bilanci certificati per conquistarci una migliore reputation e ottenere più liquidità dal sistema bancario. Per ultimo dobbiamo avere una rappresentanza forte. Qualcosa comunque si sta muovendo: da poco è nata la Club & Festival Commission (CFC), di cui sono Presidente, un’associazione di categoria che per ora conta 30 associati e che punta a rappresentare un mondo che con circa 5 miliardi di volume d’affari pesa per il 20% sull’intero comparto del turismo. Non dimentichiamoci, infatti, l’indotto rappresentato sul territorio dai vari festival in giro per l’Italia.
Come avete affrontato l’emergenza COVID e quali iniziative avete in programma?
All’inizio della pandemia ci eravamo immaginati diversi scenari e ipotizzato nuove date quest’estate. Purtroppo si è materializzato lo scenario peggiore e le dimensioni del nostro festival non ci lasciavano alternative, così il 4 maggio ho dovuto optare per il rinvio al 2021. Altri festival, come il VIVA in Puglia, faranno qualcosa di ridotto e con posti limitati (a sedere, NdR), ma molto dipende dalle ordinanze regionali. Credo che in questo momento ogni iniziativa sia da sostenere, l’importante è che si rispettino le regole. Noi abbiamo scelto una strada diversa. Non potendo replicare in alcun modo le emozioni del KFF, abbiamo selezionato i 18 migliori set della storia del festival e li riproporremo in diretta Facebook in un tributo di 12 ore il 4 e 5 luglio, dalle 18 alle 24. L’evento si chiamerà A Futur Tribute, ci saranno 40 artisti coinvolti e sarà un regalo per tutti coloro che hanno ballato con noi in questi anni.
I dj a cui sei più legato?
Sono molto amico di tanti artisti che sono passati dal Parco Dora e di tutti ammiro la straordinaria capacità creativa. Se però devo scegliere due nomi dico Danny Tenaglia e Derrick May, due vere leggende dell’elettronica.
A Future Tribute
Il 4 e 5 luglio sulla pagina Facebook di KFF
Pagina FB Ufficiale
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