HU – UN PASSO ALLA VOLTA, VERSO LA MUSICA
HU è stata una delle liete sorprese di Sanremo Giovani, nonostante non sia riuscita a entrare negli otto finalisti. Ma, come ci ha detto, è forse la cosa migliore che le potesse capitare
di Futura 1993
HU è il progetto che accompagna Federica Ferracuti dal 2016 e prende il nome da una divinità egizia, personificazione di quello che muove il pensiero creativo e dà agli uomini la facoltà di pensiero e di parola. Ci sembra quasi di riconoscere, oltre alla passione di Federica per l’Egitto, un sincero collegamento con la sua passione per la musica, che studia da quando aveva 12 anni.
Durante il periodo delle selezioni a Sanremo Giovani è stato difficile non rimanere affascinati dalla presenza scenica di HU e dallo sguardo deciso che ha portato sul palco dell’Ariston, dove ci ha fatto sentire un pezzo inusuale per il Festival della canzone italiana: Occhi Niagara.
Occhi Niagara è il suo secondo brano ed è stato preceduto da Neon. Il primo album, nel frattempo, è in lavorazione. Dei sogni di HU – tra cui c’è quello di suonare al Berghain – e del suo percorso ne abbiamo parlato direttamente con lei, che ci ha permesso di entrare nel suo mondo fatto di passione, sorrisi, tatuaggi, tanta sincerità e musica, un sacco di musica.
Come ti presenteresti a chi ancora non ti conosce?
Mi presenterei così: ciao io sono Fede, in arte Hu e condivido il mio tempo con la musica ma soprattutto con la cucina (per non parlare dello swiffer).
Polistrumentista, cantante, produttrice, scrittrice… Come ti sei avvicinata a tutte queste sfere dell’ambito musicale e come ti ci approcci oggi?
Ho iniziato molto presto, ma già comunque tardi rispetto a quando avevo capito che volevo dedicare la mia vita a questo. Non avevo neanche 5 anni e facevo mobbing ai miei perché volevo il pianoforte, ma niente da fare. Ho iniziato a studiare chitarra jazz (meno ingombrante del piano) quando ne avevo 11 e ho proseguito per 10 anni. A 13/14 ho iniziato a girare con qualche band locale (magiche Marche) come turnista e di lì mi sono avvicinata anche a quello che trovavo intorno a me in sala prove, quindi basso, batteria, percussioni, synth, piano etc. Però sapevo che quello che volevo fare davvero, non era diventare una virtuosa di qualche strumento, volevo solo mettere insieme tutti gli elementi, combinarli con la mia voce e farli esistere: così ho iniziato a produrre.
Sembra quasi tu possa già dividere la tua carriera in un “prima Sanremo” e un “dopo Sanremo”: da quello che leggiamo sui social, l’esperienza del festival ti ha regalato persone, sogni e tante emozioni positive. Ti va di parlarne?
Non mi piace pensare a Sanremo come uno spartiacque della mia carriera, sicuramente è un’esperienza che mi ha dato un boost emotivo e ha lasciato un segno sul il mio percorso artistico: sono infinitamente grata per questo. Al di là di vivere la grande macchina, c’è molto dietro a quello che vediamo, ho conosciuto tantissime persone. Ho avuto un supporto inaspettato da parte di Piero Pelù, Luca Barbarossa e Beatrice Venezi, dai miei colleghi di avventure che erano in gara con me, da quasi tutti i tecnici Rai con cui ogni tanto mi sento ancora.
È stata un’esperienza importante…
Si sono create delle connessioni speciali. Ora sorrido e a tratti non ci credo quando dico che la mia uscita da Sanremo, per assurdo, mi ha messa in contatto con artisti che stimo, che seguo da anni e che mi hanno contattata per lavorare insieme. Alcuni di loro che sono tra i big, erano davvero dispiaciuti di non ritrovarmi all’Ariston. Tanti mi chiedono se sono dispiaciuta di essere uscita, invece non poteva andare meglio di così!
Al di là del risultato, grazie a questa prova sembra tu sia cresciuta a livello professionale, ma soprattutto umano. E tu ti senti cambiata in qualche modo?
Credo che tutto quello che viviamo da quando ci svegliamo a quando ci buttiamo sul letto, segna una crescita: dobbiamo solo imparare ad accogliere gli eventi, nel bene e nel male. Non mi ha cambiata, mi ha fatto evolvere.
È senz’altro cresciuto anche il pubblico che ti segue, più numeroso e curioso di conoscere la tua musica. Nel periodo delicato che stiamo vivendo, immagino che questo ti stimoli e ti incoraggi a continuare a lavorare e a concentrarti sulla musica…
Sì! Portare un brano come Occhi Niagara, dove dentro c’è elettronica, neoclassica, una scrittura piena di nostalgia, in diretta tv, è stato un grande traguardo. C’è un pubblico affezionato a cui voglio bene che mi alimenta e mi sostiene ogni giorno. L’arte non avrebbe la la forza immensa che ha se non ci fossero fruitori a goderne ed è importante prendersi cura della forma della comunicazione, quanto di chi ascolta. Oltre questo, è cresciuto anche il mio team e ogni giorno c’ è sempre un pienone di idee e spade laser da voler realizzare. Per questo non ho sofferto il lockdown, mi sono rinchiusa a scrivere, imparare nuove tecniche e fare tanta ricerca musicale.
E i tuoi pezzi come nascono?
In modo istintivo: l’idea potrebbe partire da un suono o da un groove oppure mi metto sul piano e appena trovo un giro melodico o accordi che mi smuovono qualcosa dentro, inizio a scrivere di getto. Quando succede, scrivo testo, accordi e topline in parallelo. Poi chiudo la canzone e se il giorno dopo mi resta in testa, inizio a produrla (se non me la ricordo, la parcheggio in qualche angolo remoto dell’hard disk). Quando parti da un’idea melodica definitiva, la topline determina anche una dinamica intrinseca della canzone e così lavorare alla produzione diventa naturale: tutto si appoggia intorno alla voce.
C’è qualche artista che ti ispira particolarmente, che segui da sempre o che è stato per te fondamentale nel tuo percorso musicale?
Ce ne sono diversi di artisti che mi hanno segnata, per citarne alcuni sicuramente Olafur Arnalds e tutti gli artisti che gravitano nella Erased Tape Records. Poi c’è Woodkid, lo seguo da sempre. Lui è un visionario sia dal punto di vista musicale e sia dal punto di vista di art direction su un progetto che oscilla tra produzione musicale originale, performance live incredibili, innovazione e comunicazione visiva perfetta.
Il 2016 è l’anno di nascita del progetto HU. Qual è stata l’esperienza che finora ti ha dato più soddisfazioni e che ti ha convinto di voler proseguire con il tuo percorso musicale?
Tutto quello che ho fatto, dalle cose più piccole alle cose più grandi, da quelle che mi hanno fatto bene a quelle che mi hanno fatto male, ha contribuito a rendermi quello che sono e a spingermi oltre ogni giorno. Tra le esperienze più significative, oltre Sanremo, sicuramente ci sono alcuni spot pubblicitari su cui ho lavorato e l’esperienza a Berlino con la Jager Music Lab, ma in realtà non mi guardo mai indietro sulle cose che ho fatto, per me sono già passate e lì restano. Ogni giorno trovo le motivazioni che mi spingono ad andare avanti col mio percorso musicale, per questo il mio sguardo è un 30% al presente e un 70% al futuro.
Sei un’artista attenta ai particolari e a dai all’estetica e all’immagine un valore lineare e coerente con la sua musica. Quanto è importante per te questo aspetto?
Sono attenta ai particolari, ma non ho mai pensato troppo al mio aspetto. C’è stato un momento in cui mi riempivo di cose per nascondermi, avevo qualche piercing in più e vestiti sempre larghi. Poi, a un certo punto, mi sono spogliata da tutto: tolto la maggior parte dei piercing, ho iniziato a comprare i vestiti della taglia giusta e rasato i capelli. Avevo bisogno di minimalismo ed essenzialità: ed eccomi qua. Qualcuno mi dice che sembro una raver ma in realtà sono un orsetto. Non so mai cosa pensano gli altri e non ci penso: mi importa solo di sentirmi bene nel modo in cui sono.
Anche il fatto che Occhi Niagara sia nata dalle sensazioni ed emozioni che ha suscitato in te un colore è segno della forza evocativa delle immagini, delle scene, dei colori per te. Raccontaci qualcosa di questo pezzo!
Occhi Niagara è una canzone che ho scritto in 15 minuti. Sono partita dal pantone Niagara, che ho associato al colore degli occhi, ma anche al mare, come qualcosa in cui vorresti lasciarti andare (una nuotata) o per cui vale la pena aspettare. Così ho messo le mani sul piano con questa immagine ed è nata subito. Ho lasciato aperto lo special, perché ho immaginato una sorta di interazione. Occhi Niagara è stata una mia storia ma potrebbe essere la storia di chiunque. Così, quando dico «ma vorrei due mazzi di chiavi per la stessa porta / dividere il caffè e anche la doccia / e ho fatto un salto nel vuoto / nei tuoi occhi Niagara / il tuo nome è… Ma io ti chiamo casa» e lì tu puoi metterci il nome che vuoi.
Cosa desideri per il tuo futuro? E quale sarà il tuo prossimo passo?
Per il mio futuro? Suonare al Berghain! A parte i sogni esagerati, vorrei continuare a fare le cose che amo fare con lo stessa energia e lo stesso amore che ho ogni giorno ed essere sempre la versione migliore di me stessa. il prossimo passo è il secondo singolo, ma ci sono tante altre cose belle che sto progettando insieme al mio team.
Intervista a cura di Marika Falcone
Nella foto in alto: HU, foto di Aydawith
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