CAMERA WORK – ROBERTO GRAZIANO MORO
‘Camera Work’ è una serie di interviste ai fotografi italiani più attivi in ambito musicale come Roberto Graziano Moro, protagonista di questa terza puntata
di Futura 1993
In questi ultimi anni Roberto Graziano Moro è stato senza dubbio uno dei fautori della nuova immagine della musica italiana, soprattutto in ambito rap e hip hop, grazie alla creazione di immagini iconiche capaci di avvicinare la nostra scena all’immaginario statunitense, tra crudezza e potenza simbolica. È realmente difficile che non abbiate visto un suo scatto: Salmo, Francesca Michielin, Sfera Ebbasta, Mace, Marracash, The Bloody Beetroots, Massimo Pericolo sono solo alcuni degli artisti con cui ha lavorato negli ultimi tempi.
La sua ricerca estetica è fortemente cinematografica e influenzata dal mondo della strada, con un efficace alternanza tra bianchi e neri, colori intensi e saturi e pellicole dal fascino vintage. Che sia per uno shooting promozionale del team Machete, per la copertina di un disco o per un live report, Roberto Graziano Moro investe passione quotidiana in ciò che fa, ottenendo risultati estremamente personali e riconoscibili.
Abbiamo così deciso di coinvolgerlo in questa nuova puntata di ‘Camera Work’ per scoprirne segreti e passioni, reference e tecniche. Ecco cosa ci ha svelato.
Raccontaci un po’ come ti sei avvicinato al mondo della fotografia.
Sin dall’adolescenza ho sempre dipinto e disegnato – ho frequentato il liceo artistico – ma non mi ero mai avvicinato seriamente al mondo della fotografia. Ero però il classico amico che, in compagnia, aveva la sua “compattina” per immortalare i momenti passati insieme. Fino a quando, nell’aprile del 2013, un mio caro amico deejay della mia zona mi disse che un suo amico, organizzatore d’eventi di una discoteca locale, stava costruendo un nuovo staff dedicato agli eventi di musica elettronica e stava cercando un fotografo. Ho iniziato a scattare durante queste serate, dove principalmente venivano deejay della scena techno italiana e artisti esteri. Da lì in poi non ho più smesso di fotografare.
Quali sono state le tue più grandi influenze visive?
Ho sempre passato più tempo fuori con gli amici che a casa, e credo che le prime situazioni che hanno influenzato la mia visione a livello prettamente personale siano state le dinamiche che vivevo in quegli anni: la strada, lo skate, la pittura, le riviste di musica nell’edicola di quartiere, le prime cover degli album e sicuramente la musica. Dovendo pensare, invece, a quali fotografi mi hanno ispirato maggiormente a livello visivo, faccio fatica a individuarne uno in particolare. In generale, direi che con il passare degli anni mi sono reso conto che Chi Modu, Estevan Oriol e Glen E. Friedman hanno attirato molto la mia attenzione: la loro fotografia così grezza e diretta mi ha fatto capire che era quello che cercavo di raccontare anche io nelle mie fotografie.
E cosa ti ha spinto, in seguito, a dedicarti principalmente alla fotografia musicale?
Non c’è un motivo particolare che mi ha spinto a seguire la musica, è arrivata da sé. Piano piano ho avuto l’occasione di scattare e conoscere sempre più persone che facevano parte del mondo della musica, dai live punk hardcore al rap, e tra un servizio e l’altro mi ci sono ritrovato dentro. Devo ammettere, però, che ho sempre avuto una passione per i live e, quando all’inizio mi si è presentata la possibilità di iniziare a seguirli in veste di fotografo, ho colto la palla al balzo.
Sei particolarmente noto in ambito rap e hip hop: cosa ti affascina di quell’estetica e di quell’immaginario?
Arrivando da un immaginario legato prettamente ad artisti americani degli anni Ottanta/Novanta sicuramente il modo di vestire, i contenuti così real e grezzi dei testi, oltre che alle sonorità di questo genere hanno contribuito molto a legarmi a questo mondo.
Sono rimasti particolarmente impressi a tutti i tuoi lavori con Salmo. Che rapporto hai con lui?
Negli anni si è creato un ottimo rapporto di amicizia oltre al lavoro, abbiamo condiviso assieme diversi momenti importanti della sua carriera e a oggi abbiamo un bellissimo rapporto. Lavoriamo ancora assieme e ne avremo ancora per un bel po’.
C’è qualche aneddoto curioso delle vostre avventure che ti piacerebbe raccontare?
Eravamo a Bologna al Sonic Park, una delle tappe del tour estivo di Playlist nel 2019. Inizia il concerto e tutto sembra andare molto bene, fino a quando Salmo non fa un salto più alto del dovuto e atterrando si fa male al ginocchio. In quel momento, ero sotto al palco e trovandomi la scena davanti sono riuscito ad immortalare l’attimo nel quale era ancora in aria. Nonostante il terribile atterraggio Mauri si è alzato dolorante, è stato costretto ad interrompere momentaneamente lo show e a farsi visitare, dopo di che ha recuperato del ghiaccio e una sedia e ha ripreso il concerto. Quello scatto è poi diventato la copertina del disco Playlist Live.
Mi ha colpito il progetto visivo da te curato per l’uscita di OBE di Mace: come avete lavorato? Da che concept siete partiti?
Il progetto con Mace è nato in maniera molto spontanea. Un giorno ero in studio con lui e tra una chiacchiera e l’altra è uscito il discorso del suo nuovo disco e abbiamo pensato di svilupparlo assieme. Il disco si chiamava Out of Body Experience e Mace mi disse che gli sarebbe piaciuto realizzare degli scatti dove si potesse percepire visivamente l’anima della persona come se si stesse staccando dal corpo stesso; così, la prima cosa che ho pensato, è stata quella di realizzare degli scatti con lunghe esposizioni così da poterne estrarre dei movimenti che richiamassero quel trip. È stato un lavoro di un mese e mezzo, questo perché riuscire ad organizzare 30 mini shooting non è stato così semplice. Abbiamo quasi sempre raggiunto gli artisti a casa propria girando l’Italia, anche se in qualche caso abbiamo scattato all’interno dello studio di Mace. È stato un periodo in cui ci siamo sentiti ogni giorno, è stato un bel gioco di squadra in cui tutti, da Universal agli ospiti di OBE, hanno contribuito attivamente.
Ti muovi con agilità tra bianco e nero e colori più intensi: come avvengono le tue scelte di resa visiva dell’immagine?
Non ho una regola o uno schema che rispetto, avviene tutto molto spontaneamente. In base a come mi immagino il lavoro in questione decido come sarà lo scatto finale, se a colori o in bianco e nero. Riesco a immaginare la scena ancora prima di scattarla, questo mi aiuta già molto a capire rapidamente che tipo di scelta prendere.
Quali elementi compongono la tua attrezzatura abituale?
Mi muovo dal digitale all’analogico con le mie Canon e uso spesso il medio formato, utilizzando ottiche grandangolari.
Quanto è importante per te, in fase di set, la fase preparatoria?
La fase di preparazione è sicuramente importante, soprattutto per un lavoro commerciale, ma non così determinante nella mia fotografia. Se lavoro in sala di posa la ritengo quasi indispensabile, se invece mi trovo a lavorare in esterna tendo a concentrarmi molto di più sulla valorizzazione degli elementi presenti nel contesto e ad adattarmi alla luce che trovo nell’ambiente circostante. Il tipo di fotografia che sto seguendo da diversi anni tende molto a documentare momenti di vita reale dove styling, trucco e luci non ci sono, questo perché ho una propensione ad immortalare ciò che avviene nel momento presente senza pianificare troppo lo scatto.
Hai un occhio molto vicino a quello del mondo fashion: quanto ti ha influenzato quest’ultimo? Vorresti approfondirlo maggiormente in futuro?
In passato ho fatto diversi lavori legati al mondo della moda, quindi credo che qualche influenza sia dovuta anche a questo. A oggi musica e moda viaggiano allo stesso passo, e indirettamente si tende già a documentarne anche questo lato.
Hai qualche progetto futuro che vorresti anticiparci?
Sto lavorando ad alcuni progetti personali che richiederanno un po’ di tempo per essere realizzati e conclusi, però non vorrei parlarne finché non cominceranno a prendere realmente forma. Ho in programma di tornare a lavorare all’estero, alla ricerca di nuovi stimoli e storie da raccontare, creando delle nuove connection oltre che dei nuovi spunti per crescere. A oggi sono di base a Milano, vediamo cosa succederà con il passare del tempo.
Testo di Filippo Duò
Nella foto in alto: Roberto Graziano Moro, foto di Scatto Bros
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