SÌ, VIAGGIARE, NEL FRATTEMPO, VIA INSTAGRAM
Le limitate possibilità di spostamento non ci permettono di riempire la valigia come facevamo prima della pandemia. Stiamo quindi colmando quel bisogno di stimoli visuali, parte integrante dell’esperienza del viaggio, attraverso i social network?
di Alessandra Lanza
Il 2020 ha senza dubbio cambiato il nostro modo e le nostre possibilità di viaggiare. Il weekend last minute con il trolley pieno dell’indispensabile, parcheggiato accanto alla scrivania dell’ufficio in attesa che finisca il venerdì è per ora un ricordo e una promessa, e quel viaggio all’avventura zaino in spalla, senza prenotare nulla, se non il biglietto di andata, sembra ancora rimandato a data da destinarsi. I più veloci, organizzati e fortunati hanno trasformato il remote working in un’occasione per vivere posti nuovi, meglio se lontani dalla grande città sempre più difficile da sopportare, ma la maggior parte di noi sogna la vecchia normalità a base di voli low cost e stories su Instagram con geotag tra l’ostentazione e la genuina voglia di condividere nuove scoperte.
Durante il lockdown o la zona arancione senza aperitivi e dentro il proprio comune, è rimasta almeno la possibilità di viaggiare con gli occhi e la mente, e di usare Instagram anziché come testimonianza come via di fuga. Uno dei profili in questo più efficaci in questo senso è senza dubbio @accidentallywesanderson, progetto che in poco più di tre anni ha raccolto attorno a sé una community di quasi un milione e mezzo di persone e che continua a crescere, come dimostrano il sempre più complesso sito internet, la sua newsletter settimanale e il libro uscito a fine 2020, che raccoglie le migliori fotografie e le storie più interessanti, divise per continenti.
Come spiega il fondatore del progetto Wally Koval, che lo gestisce insieme alla moglie Amanda secondo un piano editoriale che prevede «un post al giorno, tutti i giorni, senza eccezioni», è tutto nato come una lista di luoghi da visitare in un ipotetico prossimo viaggio, diventata poi una sorta di atlante che raccoglie, da tutto il mondo, immagini che sembrano uscite da uno dei film del regista americano. Il segreto di un progetto come questo, spiega, è la community, che grazie ai suoi consigli e alle migliaia di submission mensili offre sempre nuova linfa, portandoci da un angolo remoto tra i ghiacci islandesi agli interni di un museo di architettura o di un teatro a Tokyo, passando per i palazzi di Delhi e le sale bingo di un’isoletta inglese, il tutto con leggerezza, ma anche storie approfondite raccolte nelle caption.
Dalle quattro mura in cui ci siamo abituati a vivere, mangiare, lavorare e che conosciamo a memoria può esser bello perdersi in spazi di design, meglio se vista mare o altri panorami mozzafiato. Tra gli account più riusciti, insieme a @somewhereiwouldliketolive, il cui nome è già uno statement, c’è @worldarchitecturedesign, fondato da Vedran Kustura, architetto croato che seleziona le migliori immagini di architettura e design di tipo mediterraneo, nei cui muri di un bianco splendente e in elementi fatti di ombre, acqua e natura circostante, trova la maggiore ispirazione. «Più in generale, ad attrarmi è quello che potremmo definire edonismo», spiega in uno scambio via mail. Fondato un paio d’anni fa, l’account ha raggiunto 10 mila follower nel primo mese grazie a un sapiente utilizzo degli hashtag, e dopo un anno ha varcato la soglia dei 100 mila. «Con l’inizio della quarantena – racconta – ne ho raggiunti in breve altri 200 mila».
Anche Carley Rudd, fotografa di viaggio di base a Los Angeles, registratasi su Instagram dieci anni fa come @carleyscamera, ha notato con l’avvento del Covid 19 e le conseguenti limitazioni negli spostamenti una decisa crescita in termini di engagement e di follower. «Credo che molte persone – dice – abbiamo trovato nel mio lavoro una sorta di via di fuga mentre erano obbligate a stare in casa». Abituata a scoprire quelle destinazioni meno inflazionate e a scegliere piccoli boutique hotel gestiti dai locali per un’esperienza più autentica o sistemazioni con una particolare attenzione per il design, nel 2020 ha dovuto concentrarsi sul suo materiale di archivio, riassaporando lei stessa vecchi viaggi tra spiagge tropicali, piccoli lodge immersi nel bosco, piscine nel bel mezzo del deserto e camere d’albergo di un bianco purissimo in cui trovarsi in quarantena sarebbe forse più sopportabile.
Le immagini della fotografa tedesca Julia Nimke (@julianimkephotography) con i loro colori vibranti ci riportano a contatto con la natura. Il suo sguardo si concentra con delicatezza su dettagli in grado di far quasi respirare il profumo di frutta, la frescura di una pineta accarezzata dalla nebbia o la salsedine di un’onda del mare che si infrange. È in una coincidenza di forme e di luce che i suoi scatti migliori riescono a catturarci e a riportarci a una dimensione intima del viaggio fatto in solitudine, quasi alla ricerca di sé. L’account dei tre fratelli hawaiani @threeifbysea ci accompagna invece in isole che sembrano paradisi incontaminati e in un mondo sottomarino fatto di delfini e fondali chiarissimi, mentre con Frida, Leo e il loro cane Henry, che gestiscono l’account @somewherewilder, ci si avventura nel foliage autunnale o nella neve dell’alta montagna.
Senza nulla togliere agli account di vere e proprie istituzioni come il magazine National Geographic, la guida Lonely Planet o il canale BBC Travel, è bello perdersi in fotografie meno patinate e capaci di restituire un’atmosfera particolare, anche se si tratta di posti che non esistono e sono frutto di render perfetti dal sapore meta- fisico. Tra gli account più incredibili ci sono quello del designer Paul Milinski (@paul_milinski), designer e artista 3D che mescola ai suoi interni perfetti elementi naturali che li trasformano in oasi di pace, quello del collega Sebastien Baert (@ sebastien.baert) e ancora quello di Alexis Christodoulou (@teaaalexis), autodidatta, che con il suo studio crea progetti in cui tutto è sospeso in una dimensione senza tempo, come sotto l’influenza di qualche divinità. «Ho aperto il profilo nel 2015, o almeno, è nel 2015 che ho trasformato le classiche foto di piatti di spaghetti in render 3D», ci racconta. Durante il primo lockdown anche il suo profilo è cresciuto parecchio e ad aver più successo sono state le immagini più visionarie. «Non vorrei suonare troppo filosofico – dice, quando gli chiediamo delle sue ispirazioni – adoro tutti gli input, l’architettura, i dipinti di paesaggio, gli oggetti di design e la fotografia, ma quello che davvero mi permette di andare avanti e di essere ispirato davanti al mio computer ogni mattina alle sei è quel bambino di dieci anni che costruisce mondi dentro la mia testa». No, viaggiare scrollando immagini su Instagram non sarà mai lo stesso, ma può sempre essere utile per prendere appunti per la prenotazione che aspettiamo con ansia.
Articolo pubblicato su WU 106 (febbraio 2020 – marzo 2021)
Nella foto in alto: immagine dal profilo di Alexis Christodoulou @teaaalexis
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