12H, LA PLAYLIST – IL MEGLIO DEL 2021
12H è una playlist con i pezzi più interessanti usciti negli ultimi giorni per ogni momento della giornata. Oggi vi proponiamo il meglio del 2021, dal risveglio a prima di andare a dormire
di Carlotta Sisti
Diapositive da un (altro) Natale pandemico: c’è chi si è trovato a dover tamponare il proprio fratello nel parcheggio sotto casa, 15 minuti (ovvero la misura con cui scandiamo le nostre giornate: quella di un test rapido) prima della cena della vigilia, con boccia di prosecco a seguito, cartine, filtri e tutto il necessaire per rendere meno mesta la situazione. C’è chi (contateli voi, io ho rinunciato) ha maledetto o benedetto una quarantena adagiata sui giorni festivi e chi in quegli stessi giorni ha pasteggiato e aperto regali con un parente positivo, che aveva deciso che fosse una bella idea quella di ignorare i sintomi da Omicron e presenziare in casa d’altri senza manco una FFP2.
Mentre gli ultimi stanno, mentre scrivo, infamando tutto il creato, si avvicina Capodanno, e siamo punto e a capo. «Che facciamo, ci tamponiamo?». «Ma quando, il 30 o il 31?». «Solo noi o anche i bambini?». «E dove li troviamo i fai da te che in farmacia sono esauriti?». «Provo io al supermercato, li prendo per tutti e poi passo a distribuirli». Lo dicevo la scorsa volta che questo 2021 è più spietato dell’anno che l’ha preceduto. Trecentosessanta e rotti giorni fa, infatti, avevamo divieti assoluti e zero illusioni, mentre oggi ci siamo trovati davanti a feste annullate, locali chiusi (in teoria fino al 31 gennaio, però dai, chi ci crede più), concerti cancellati e la paranoia del «che faccio, party a casa o pizza a domicilio e a letto alle dieci e mezzo».
Siamo più incapaci di gestire le incertezze che le emergenze, e non siamo mai stati così teneri e patetici, e lo dico con amore. E allora, per rimanere ancorati a ciò che di sicuro c’è, ecco il listone d’obbligo di fine anno delle migliori canzoni di questo 2021, che se in qualcosa è stato generoso, questa è la musica bella, poco pandemica e parecchio consolatoria. Festeggiate come potete, questo è l’augurio migliore che io vi possa fare.
IL RISVEGLIO: ‘WHITE DRESS’ DI LANA DEL REY E ‘VOCE’ DI MADAME
La musica pop che Lana Del Rey sta facendo in questo momento sembra irraggiungibile per chiunque altro, è come se dovessimo semplicemente inclinare la testa e ammirarla attraverso il vetro che ci separa da lei. Chi è questa persona che sta, come qui, usando una conferenza d’affari a Orlando come catalizzatore per una fantasticheria proustiana? Chi è la dea che sta sussurrando questi ritornelli scheggiati, spezzati, che vano così in alto nel falsetto che è impossibile cantarli? Chi sei, Lana? Questa è la domanda che ha perseguitato la sua intera e super prolifica carriera, una domanda a cui le sue canzoni rispondono in modo criptico ma veritiero, a volte con entrambi questi aspetti insieme. Come accade in White Dress, co-scritta da Jack Antonoff, momento clou e delirante del suo album Chemtrails Over the Country Club. Lana, una goth che si veste completamente di bianco, è la nostra melodrammatica guida turistica del suo passato e della sua California. White Dress non spreca nemmeno un secondo dei suoi quasi sei minuti, è un pezzo che ribolle con quelle percussioni leggermente spazzolate e sottili occhi di pianoforte, con una tensione perenne nel testo, nel cantato, insomma è l’incantesimo di Lana Del Rey alla sua massima potenza, ed è qui che vogliamo stare, il più a lungo possibile. «Ho fatto un’altra canzone, mi ricorda chi sono, ho messo un altro rossetto sopra il labbro superiore, l’ultimo soffio di fiato e sarà la voce a essere l’unica cosa più viva di me, voglio che viva cent’anni da me». Madame è cresciuta, nel 2020, ma non si è normalizzata: aveva detto che il rap era solo una parte della sua musica, e con questo brano ci ha chiarito alla perfezione che cosa intendesse. Lei che non assomiglia a nessuna, in un momento in cui non è la sola giovanissima a fare musica che arriva a tutti, anche ai grandi, sa prendersi cura del suo talento, e sta anche imparando a prendersi cura di sé. Sapevamo che era forte, non avevamo capito che fosse così potente.
LA PAUSA CAFFÈ: ‘INTROVERT’ DI LITTLE SIMZ E ‘THOT SHIT’ DI MEGAN THEE STALLION
La musica di Little Simz pesca in profondità nei suoi pensieri più critici e di autoanalisi, e si insinua sottopelle. Nell’EP Drop 6 del 2020 e in Grey Area del 2019, che contiene quella bomba che è Venom, la calda strumentazione dal vivo valorizzava l’abilità e il flow vertiginoso della rapper britannica, che analizzava i temi del burnout, dei traumi e dell’ansia dei vent’anni. Ora Simz torna con Introvert, un ricordo senza fiato dell’anno passato e un deciso appello a liberarsi dai limiti della società. Aperto da una fanfara piena di pathos, cinematografica e orgogliosa, il pezzo è un ritratto elaborato di un tumulto interiore che tocca il tema dell’identità, della vulnerabilità, del conflitto, della politica. Canta Simz che «un giorno sono senza parole, il giorno dopo sono un paroliere / Vicino al successo, ma alla più lontana dalla felicità». Prodotto dalla collaboratrice di lunga data e amica d’infanzia Inflo, Introvert è dettagliato con flauti, archi e voci corali che alla fine fanno traslare il racconto dagli occhi di LS, fino a immagini di corruzione ed ingiustizia sociale. «Guarda oltre la superficie / Non vedere solo quello che vuoi vedere», dice Simz nel momento più edificante della canzone. «Sono una donna nera e sono orgogliosa / Camminiamo con fede cieca non conoscendo il risultato / Ma finché siamo uniti, abbiamo già vinto». E ripete l’ultima parola, come se stesse urlando attraverso un megafono, sollevandola in un grido di battaglia trionfante. Introvert è come l’inizio di una colonna sonora fantastica in cui Little Simz è il messia incaricato di impedire al male di porre fine al mondo.
Questo pezzo suona come se stesse accompagnando e caricando un campione di pugilato mentre fa jogging prima di un match, che, però, si svolge in una cattedrale, al suono dei corni e delle campane. Nel momento esatto in cui Megan inizia a rappare su Thot Shit, la traccia inizia a pulsare. Con un pazzesco video, progettato per respingere il panico moralizzatore montato intorno al pezzo WAP dello scorso anno, Megan passa dall’apprezzare la sua sessualità a trasformarla in un’arma; quando twerka su un bidone della spazzatura, schiacciando un senatore o allarga le gambe sulla sua scrivania, è chiaro che per lei si tratta di un combattimento, di una lotta per abbattere i tabù e le ipocrite. Thot Shit è uno stato d’animo, un modo di approccio al mondo senza esclusione di colpi. Megan prende una parola irriverente usata da e per le donne e la trasforma, come Simz pur in un campo diversissimo (o forse no?) in un altro grido di battaglia.
PRANZO: ‘LA CANZONE NOSTRA’ DI MACE, SALMO E BLANCO
Il producer milanese Mace ha fatto il disco dell’anno che è OBE, e se ve lo siete perso male, perché merita in ogni sua traccia. Mace maneggia da anni, con sapienza e curiosità (che per lui è qualcosa di molto concreto, che vuol dire prendere e andarsene dall’occidente ego-maniaco, per cercare, lontano, nuove ispirazioni) l’arte della musica e in La canzone nostra si sente un nuovo mood, ancora diverso, di un musicista camaleontico e molto, molto divertente. L’intreccio tra le sferzate dell’elettronica, il cantato quasi soave di Blanco e la solita grinta di Salmo ci fanno amare questo pezzo così tanto da perdonare quel video che risveglia con prepotenza la nostra voglia di party.
APERITIVO: ‘GOOD ONES’ DI CHARLI XCX E ‘FACCIA TOSTA’ DI TUTTI FENOMENI
«RIP iperopo?» Così ha twittato Charli XCX questa estate, mentre stuzzicava la nostra curiosità per l’uscita di questa traccia. Più di una mezza provocazione, quella domanda racconta ancora una volta come il punto forte di Charli sia sempre stata la sua profonda comprensione delle volubili correnti della musica pop, e, per questo, proprio quando il suo suono stava iniziando a diventare sinonimo di vocoder e nostalgia di fine anni Novanta/inizio anni Zero, ha lasciato abbandonato la nave per offrire il tipo di hit da dancefloor che fa levitare la tua l’anima direttamente fuori dal corpo, e la fa riflettere nella luce di una strozzo. Charli ha trascorso l’ultimo decennio trasformandosi da hitmaker mainstream a tesoro d’avanguardia e Good Ones la vede intraprendere un altro capitolo, mentre ci fa l’occhiolino lunghe, lunghissime ciglia ricoperte di strass.
Tutti fenomeni è la mia penna italiana preferita, e ogni volta che esce un suo pezzo lo metto in loop e palleggio con i suoi versi, me li mastico tutto il giorno e provo a seguire le immagini del film che sa creare. La cosa che amo di Giorgio Quarzo Guarascio è anche la cosa che, come ho detto più volte ma mai troppe in questo format, si trova meno di frequente in giro, e cioè il talento per l’ironia, la parodia, il sarcasmo. Faccia Tosta è un ritratto dei vizi italiani, e Tutti Fenomeni è il più bravo di tutti a dirci chi siamo.
PRIMA DI ANDARE A DORMIRE: ‘LA CANZONE DEI LUPI’ DEI COMA COSE E ‘HAPPIER THAN EVER’ DI BILLIE EILISH
I Coma Cose che limonano con i Beach House fanno nascere La canzone dei lupi, un pezzo dream pop, vivido di quelle immagini che Fausto e California sappiamo essere così bravi a tratteggiare. Di lei hanno detto: «Volevamo fare una nostra canzone d’amore, per certi versi, “definitiva”. Un punto fermo: fatta questa, potremmo anche non farne più». E hanno ragione, perché qui, anche tra anni, sapremo ritrovare il senso delle storia, della nostra e di tutte, che vorremmo non si addomesticassero mai, come i lupi, ma chissà.
Per gran parte del suo secondo album, Billie Eilish raramente supera un sussurro melodico anche quando sputa giusto veleno su stalker, troll e molestatori. All’inizio, la tentacolare title track del disco sembra fare più o meno la stessa cosa: Happier Than Ever inizia infatti con un ukulele fluttuante, tasti scintillanti e il vibrato accogliente di Eilish, ma l’apertura è così malinconica che quasi ti perdi il suo messaggio sottostante. Ma a metà, l’Alanis Morisette interiore di Billie si risveglia e alza il volume, con un torrente di chitarra fritta e urla smorzate e ci risucchia in un vortice di rock melodico, appassionato, fighissimo. Eilish sa che le sue bruciature rendono i suoi testi e le sue canzoni ogni volta migliori.
BONUS INSONNIA: ‘MONTERO (CALL ME BY YOUR NAME)’ DI LIL NAS X
Chi di noi potrebbe mai resistere a Lil Nas X che cavalca un palo da spogliarellista all’inferno per fare una lap dance davanti al diavolo? Montero (Call Me By Your Name) è stata la sua traccia più esplicitamente queer fino ad oggi, e il video è la prova innegabile che è uno degli artisti più creativi e imprevedibili che lavorano oggi. La canzone in sé è più familiare ma ancora completamente gioiosa: una spirale di desiderio ottimista, elevata a drammaticità da banjo e chitarra flamenca. La bomba con cui chiudere il 2021.
Nella foto in alto: Mace, Salmo e Blanco nel video de ‘La canzone nostra’, uno dei pezzi del 2021 che non ci dimenticheremo
La playlist 12H di WU curata da Carlotta la trovate anche su Spotify, qui sotto il player
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