SEMPRE CALDA, MA NEL WEB
La radio cambia, ma resiste e negli ultimi anni la sua portata innovativa sembra essersi trasferita soprattutto sul web, attraverso esperienze nuove, in certi casi ancora un po’ pionieristiche ma sicuramente non piatte
di Federico Sardo
La radio è un mezzo antico, eppure vivissimo. Si è trasformato ma non smette di mantenere una sua rilevanza, di resistere e mutare insieme ai tempi che cambia- no. Chi ne aveva pronosticato la fine con l’arrivo della televisione ha sbagliato le sue previsioni. Secondo la celebre distinzione di Marshall McLuhan, si tratta di un mezzo caldo: si concentra sull’esperienza di un solo senso, l’udito, ma lo fa in maniera estremamente coinvolgente.
La sua funzione è molto cambiata da quando si trattava del mezzo per eccellenza attraverso cui il pubblico riceveva le notizie, e ora svolge più il compito di intrattenere e tenere compagnia. In Italia, dopo un momento particolarmente fervido di creatività che è stato quello delle radio libere, concentrato soprattutto nella seconda metà degli anni Settanta e nei primi anni Ottanta, il panorama radiofonico si è sempre più legato alla dimensione dei grandi gruppi editoriali e delle loro scelte, mosse innanzitutto da ragionamenti più aziendali che artistici. Ciò ha portato progressivamente a un appiattimento della proposta musicale e alla sparizione dei programmi veri e propri in favore della cosiddetta radio di flusso. Niente di male in tutto questo, ma per forza di cose resta escluso un pubblico più interessato all’approfondimento oppure a una dimensione più pionieristica e sperimentale della ricerca musicale.
Come tutto quello che riguarda l’universo mediatico, anche la radio non è rimasta estranea all’avvento di internet, ed è proprio questo ad avere creato, negli ultimi anni, la possibilità di fare radio sul web. La differenza principale, tecnica, tra le web radio e quelle tradizionali, è che di fatto le prime non si ascoltano attraverso la radio. Un elemento importantissimo per far crollare un’enorme barriera all’accesso per chi vuole mettere in piedi un progetto radiofonico, soprattutto in un Paese caratterizzato dalla burocrazia come l’Italia.
Abbiamo chiesto a Marco Aimo, co-fondatore della milanese Radio Raheem, che dopo un periodo propriamente sulla strada, sui Navigli, ora trasmette dagli spazi della Triennale, qual è stata la molla iniziale: «L’idea dietro Radio Raheem è semplice: è quella di contribuire a riempire un vuoto culturale che noi vediamo in Italia. Cose scontate in altri Paesi per noi sono tutte da conquistare e da fare. La radio è un mezzo ancora oggi efficace per chi ha voglia di operare in modo indipendente». Ovviamente non è tutto oro quello che luccica, e se non è così difficile mandare in onda sul web un “momento radiofonico”, non è affatto banale riuscire a portare avanti seriamente un progetto strutturato, soprattutto dal punto di vista economico. Si tratta peraltro di un mondo ancora in qualche misura un po’ pionieristico, in cui i modelli di business stanno venendo tuttora sperimentati in corso d’opera.
E qui veniamo a un altro punto fondamentale della questione: come campano le web radio? Tra organizzazione di eventi, sponsorship, membership, partnership e progetti branded le possibilità esistono ma è ancora un campo in fase di esplorazione. È sempre Aimo a dirci: «La sostenibilità economica e la coerenza editoriale sono tra i nodi più importanti da sciogliere. Crediamo che partendo da un prodotto di qualità si possa dialogare sia con brand, sia con istituzioni pubbliche e private, arrivando a un giusto equilibrio per portare avanti iniziative come la nostra. Chiaramente il goal finale è quello di sostenersi soltanto con il supporto diretto dei propri ascoltatori».
Una cosa che accomuna alcune delle esperienze di web radio più interessanti, come la stessa Raheem, la francese Hotel Radio Paris, l’inglese NTS o l’italiana TRX Radio, è la centralità della musica: sia da parte di quelle che hanno un approccio del tutto verticale come TRX, interamente dedicata al rap, sia delle altre che invece effettuano una ricerca più vasta, più o meno senza regole, ma mantenendosi distanti dalla banalità dell’airplay delle radio istituzionali con le loro 50 canzoni più passate alla settimana. Di fatto una delle chiavi più importanti di queste realtà sta infatti nel lavoro di curatela: l’attenzione per una proposta attenta, di qualità, affidata a degli esperti (parte integrante della squadra o chiamati a collaborare), che si rivolge ad appassionati esigenti. Un’altra caratteristica importante di queste realtà è il loro legame con il territorio e le scene locali, un collegamento con le realtà underground delle radio pirata degli anni Novanta che tanta importanza hanno avuto per esempio nello sviluppo della scena hip hop inglese: nei casi più virtuosi le web radio, rafforzate anche dall’organizzazione di eventi, riescono a diventare delle vere e proprie comunità, nelle quali un pubblico si può riconoscere, vivendo momenti di partecipazione anche offline. Niente male per un mezzo ormai ultracentenario.
Articolo pubblicato su WU 112 (febbraio – marzo 2022)
Nella foto in alto: Radio Raheem in Triennale, foto di Gianluca Di Ioia
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