CINQUE COSE CHE POTREBBERO SALVARE IL TEATRO IN ITALIA
Come se la passa il teatro nel nostro Paese? Dopo aver analizzato il bicchiere “mezzo vuoto”, è il momento di vedere cosa c’è di buono oggi
di Matteo Torterolo
Esiste un futuro per il teatro in Italia? O il suo destino inesorabile è quello di trasformarsi in materia da museo? Per evitare di sembrare il solito pessimista, dopo aver individuato le cinque “malattie mortali” che affliggono la scena italiana, ho pensato di provare a mettere insieme altrettante ragioni per le quali (a mio sindacabilissimo parere) vale ancora la pena sperare: cinque motivi che racchiudono, o rappresentano, punti di riferimento vitali nel piuttosto desolante sistema teatro in Italia.
I MAESTRI
Vedere all’opera artisti come Romeo Castellucci, Motus, Kinkaleri, Virgilio Sieni – i protagonisti della ricerca italiana a partire dalla fine degli anni Ottanta – riempie il cuore di speranza: sembra ogni volta di rintracciare nelle pieghe del loro lavoro quel prezioso “quid” che rende unica la materia del teatro, fatta di vita pulsante, qui, ora. Subito dopo, penso che è da troppi che ho questo pensiero, che sarebbe il momento che i grandi punti di riferimento del contemporaneo a teatro trovassero finalmente degli eredi, e che lo facessero al più presto. Eredi che non siano semplici epigoni, categoria mortifera, ma che abbiano la forza di portare avanti il proprio discorso con lo stesso coraggio dei loro Maestri e forse anche di più, visti i tempi che corrono.
I NUOVI AUTORI
Intanto, a partire dagli anni Zero si è affermata nel nostro Paese tutta una serie di artisti capaci di lasciare il proprio segno nel campo, sviluppando un proprio linguaggio originale: Dewey Dell, Marta Cuscunà, Muta Imago, Deflorian/Tagliarini, Anagoor e più recentemente Annamaria Ajmone, OHT, Collettivo Cinetico, Marco D’Agostin sono solo alcuni degli esempi in questione. Tutto bene quindi? Insomma: sempre pochi (tra esperienze chiuse e trasferimenti all’estero i caduti in questi ultimi anni non si contano), sempre poco sostenuti (la politica culturale, questa sconosciuta), sempre troppo chiusi nel sistema asfittico dei teatri (anche se, per fortuna, sempre più spesso capaci di intersecare altri mondi). Comunque la sostanza c’è, eccome.
I FESTIVAL
Dal mastodontico Romaeuropa, oggi probabilmente il più importante evento dedicato al teatro in Italia, a vere e proprie istituzioni come lo storico Santarcangelo dei Teatri, il Mittelfest a Cividale del Friuli, le Colline Torinesi in Piemonte e i (relativamente) più giovani Città delle 100 Scale in Basilicata, Short Theatre nella capitale, Kilowatt in Toscana: lo Stivale continua a essere costellato, da gennaio a dicembre, di piccoli e grandi festival che rappresentano (anche) un’importante vetrina sul mondo, occasione da non perdere per chi non può permettersi di viaggiare continuamente all’estero e rimanere aggiornati sulle espressioni più interessanti del teatro europeo e internazionale. Una risorsa indispensabile per avere un’idea di cosa succede, quando e dove, è il sito trovafestival, che vale la pena conoscere e anche sostenere.
LA PROVINCIA
Si sono moltiplicati un po’ ovunque negli ultimi anni i progetti di rete che partono dalle, o includono al loro interno, piccole realtà fuori dai grandi centri urbani. Che poi, con il tempo, tanto piccole non sono più. Il merito va spesso a istituzioni del territorio particolarmente sensibili e attente: da Fondazione Cariplo in Lombardia, che ha ideato e sostenuto per prima il concetto di Residenza Teatrale in Lombardia (Progetto Être) e progetti innovativi quali il Giardino delle Esperidi di Campsirago, alla Fondazione Compagnia di San Paolo in Piemonte e Liguria (dove vivono e lavorano autentiche eccellenze, vedi gli Scarti a Spezia e Kronoteatro ad Albenga), alla Regione Emilia Romagna, che sostiene esperienze di frontiera come quella de la Corte Ospitale di Rubiera (RE). La provincia ci salverà?
LA BUONA COMUNICAZIONE
Le contaminazioni sono sempre positive. Così, capita sempre più spesso che artisti vicini (o attenti) al mondo dell’arte contemporanea portino con sé un nuovo approccio anche per quanto riguarda la comunicazione, più contemporaneo e meno legato a supporti vetusti rispetto al malcostume imperante: tra le best practice legate a questo aspetto – solo apparentemente esteriore – c’è sicuramente l’esempio di Xing, quello di Alessandro Sciarroni, degli stessi Anagoor o di progetti innovativi come il Manifesto Cannibale di Collettivo Cinetico e Fuori di Silvia Bottiroli per ERT/Teatro Nazionale a Bologna. Il fatto che i nomi si ripetano non è un gran segnale, ma intanto gli esempi virtuosi (anche qui) ci sono: sperando che l’ora del famigerato cambio di passo stia finalmente per scoccare.
Foto in alto: Motus, ‘Tutto Brucia’, foto di Claudia Borgia
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