WILLIE PEYOTE – RICERCA DI GENERE
Dopo avere salutato l’estate sulle note di Frecciarossa, il suo ultimo singolo, il rapper torinese si prepara a tornare dal vivo con un tour autunnale in tutta Italia, in cui ripercorrerà con il suo pubblico un viaggio musicale lungo più di dieci anni
di redazione di WU
È una delle penne più originali in circolazione, ironico e dissacrante al punto giusto, capace di mescolare con sapienza rap e cantautorato, di essere leggero e incredibilmente profondo al tempo stesso. Willie Peyote, al secolo Gugliemo Bruno, è in sala prove quando lo raggiungiamo al telefono: il 27 ottobre dal Vox di Nonantola (MO) parte infatti il club tour Non è (ancora) il mio genere (nove date fino a ora confermate, a Milano sarà al Fabrique il 7 novembre, a Roma il 27 all’Orion) che semi-cita il suo album d’esordio solista, che quest’anno compie dieci anni.
Frecciarossa, il tuo ultimo singolo, racconta di un amore tossico, una tematica quanto mai attuale e delicata.
In realtà il brano non è il racconto di una relazione specifica o unica, ma ha diversi spunti. Parla in senso ampio di quei rapporti che non sono una relazione costante, che sono meno strutturati, nei quali ci si trova poi a non capirsi del tutto, a tirare fuori il peggio l’uno dell’altro anche per questioni di orgoglio. Quelle relazioni che non si riesce mai a far funzionare: è un tema che ho trattato spesso, mi chiedo spesso perché sia così difficile far durare le relazioni.
Anche la tua precedente canzone Picasso infatti parlava di un rapporto difficoltoso, sotto un altro punto di vista.
Sì, sono due pezzi che affrontano in modo diverso alcuni problemi relazionali, in cui mi sono trovato io o di cui mi hanno parlato amici. Nel caso di Picasso si parla di dipendenza emotiva e affettiva, che è anche una metafora di tutte le dipendenze.
Queste canzoni anticipano un album?
Sul breve periodo no, sicuramente sono tanto in studio in questi mesi, mi è tornata la voglia di scrivere, ho dei pezzi ma non ancora l’idea di un album.
A fine ottobre parte il club tour Non è (ancora) il mio genere.Quanto ti manca suonare dal vivo e il contatto con il pubblico?
Mi manca molto il pubblico, e mi manca stare sul palco con la band, che è sicuramente la parte che mi diverte di più del mio lavoro. Mi piace di più mettere in piedi i pezzi per il live che scriverli in studio. Spero di mancare anche io al pubblico: i concerti sono un servizio diretto che si fa ai propri fan e quindi spero che questa mancanza la sentano anche loro!
Il titolo del tour prende spunto da quello del tuo primo album del 2013, Non è il mio genere, il genere umano. Confermi che l’umanità ancora oggi non è il tuo genere?
Anche se sono passati dieci anni, sotto tanti aspetti le cose sono rimaste uguali. Penso più che altro alle cose intorno, le cose che faccio sono cambiate. Questo titolo era un modo per rimandare all’inizio della mia carriera ma cita anche la frase che chiude il mio ultimo disco Pornostalgia: in UFO infatti dico «Non è ancora il mio genere, scrivilo sulla lapide». È quindi anche un modo per collegare l’ultimo disco al primo.
Quindi questi concerti ripercorreranno tutta la tua storia?
Un mio live lo fa sempre, in verità. Per questo in particolare ci sarà un focus su Non è il mio genere, il genere umano, perché è tanto che non suoniamo pezzi estratti da quell’album, però ovviamente alcuni pezzi non possono mai mancare. Sono dell’idea che è giusto e sacrosanto che se le persone vengono ai concerti gli si suonino i pezzi che vogliono sentire di più, non sono uno di quegli artisti “gelosi” che quindi vuole per forza sottoporre al pubblico quello che preferisce lui. Abbiamo comunque riarrangiato tutto, ci saranno nuove citazioni, nuovi medley… Ogni volta cerchiamo di cambiare un po’ le cose.
A proposito di cambiamenti, con l’esperienza a Sanremo nel 2021 è cambiato anche il tuo pubblico? E, domanda di rito, torneresti al festival?
Ho visto certamente il pubblico cambiare: ci sono quelli che se cambi suono smettono di seguirti e al posto loro se ne aggiungono di nuovi. Certo, con la grande esposizione mediatica di Sanremo, c’è sempre qualcuno che ti scopre, però non c’è stato quel momento di esplosione o rivoluzione totale, anche perché il brano che ho portato in gara era coerente con il mio percorso e la mia discografia. Sanremo è stata un’esperienza bella ma monca, era l’anno in cui era tutto chiuso, sono stato segregato in hotel una settimana! Parteciperei di nuovo per godermi la parte del carrozzone che mi sono perso. Non escludo la possibilità, ma lo farei più per un vezzo di vedere com’è davvero, con il sosia di Pavarotti in giro e queste cose qua (ride, NdR).
Da poco è uscita Vermi, un brano in cui sei insieme a Mobrici e Frankie Hi-Nrg. Anche nel disco Pornostalgia ci sono un sacco di ospiti. Tante volte il feat oggi sembra quasi un passo “obbligato”, ma non mi sembra sia il tuo caso.
Non mi è mai successo di fare una canzone scritta a tavolino, costruita con un “accrocchio”. I feat che ho fatto sono sempre stati con artisti con cui condividevo qualcosa o avevo un rapporto, con cui c’era una comunità di intenti. Per Frankie non c’è bisogno di dire il perché, è uno dei padri fondatori di un certo modo di scrivere rap in Italia, con Mobrici ci conosciamo da una vita, quindi è stato tutto piuttosto naturale, così come anche le volte precedenti, da Fulminacci ai Fask o Ex Otago. Per me è sempre un discorso di rapporto umano prima di tutto. Io vivo a Torino, non vivo l’industria musicale così da vicino da poter finire nel vortice delle collaborazioni da studio.
La fusione tra rap e canzone d’autore, che tu porti avanti da sempre, sta prendendo sempre più piede, ora che anche il rap ha un posto d’onore nel “mainstream”, sei d’accordo?
Vedere il rap andare primo in classifica e nei gusti del pubblico è un piacere, sono contento che abbia acquisito questo ruolo importante come nelle altre parti del mondo accadeva già da tempo. Penso che per forza di cose ci saranno sempre più episodi di sintesi tra rap e altri generi, di fusione con la tradizione della canzone italiana, ma non solo, anche con la musica leggera. Credo sia del tutto naturale, ed è interessante vedere in quanti modi diversi si può declinare questa ricetta.
Intervista pubblicata su WU 122 (novembre 2023)
La foto in alto è di Chiara Mirelli
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