MOTUS – LA RICERCA INFINITA
Da anni tra i protagonisti della scena performativa in Italia e in Europa, i due fondatori della compagnia ci raccontano (non solo) del loro ultimo lavoro, dedicato a Frankenstein e a tutti i mostri. Quelli buoni
di Matteo Torterolo
Daniela Nicolò ed Enrico Casagrande sono i fondatori e l’anima di Motus, compagnia nomade indipendente nata a Rimini nel 1991 e da allora protagonista sui palcoscenici di tutto il mondo come una delle (pochissime) realtà capaci di sopravvivere – in splendida forma – in un ambiente ostile al nuovo come quello del teatro in Italia. Li abbiamo incontrati in una fredda mattinata milanese, tra una tappa e l’altra del tour di Frankenstein (A Love Story), loro lavoro più recente che vede protagoniste sul palco Silvia Calderoni e Alexia Sarantopoulou, insieme allo stesso Casagrande.
Motus è sinonimo di ricerca da oltre trent’anni: se doveste scegliere cinque tappe salienti all’interno di questo percorso quali scegliereste per “presentarvi”?
Non è facile isolarne cinque in effetti, anche perché tutte sono concatenate fra loro. Il primo progetto che ci ha portato anche per la prima volta oltreoceano è il Progetto Rooms (2001-2002), composto da diverse derive, tra spettacoli, installazioni e opere filmiche (Vacancy Room, Twin Rooms, Splendid’s e molti altri). Poi, ancora sul dialogo potente e controverso fra cinema e teatro sicuramente il dittico su Pier Paolo Pasolini (2003-2004), composto da Come un cane senza padrone (da Petrolio) con Emanuela Villagrossi e L’Ospite da Teorema con Dany Greggio. Un altro progetto dalle molte sfaccettature, anche rispetto all’utilizzo di spazi non teatrali, è Syrma Antigones (2009-2010) sulla figura mitica e resistente di Antigone, interpretata da Silvia Calderoni, che dal 2005 è stata parte immancabile del nostro percorso. Con Silvia siamo poi entrati nel romanzo di J. Eugenides e abbiamo dato vita a MDLSX (2015), che dopo centinaia di date è tuttora in tournée in tutto il mondo. In ultimo citiamo il recente progetto su Le Troiane, Tutto Brucia, un ritorno alla tragedia che ci ha portato ad altre contaminazioni, con la musica dal vivo di Francesca (RYF) Morello e con la danza di Stefania Tansini. Da questo progetto sono infatti nate due derive performative per spazi non teatrali proprio sul divenire animale: You were nothing but wind e Of the Nightingale I Envy the Fate, che il prossimo gennaio presentiamo a New York.
Qual è il peggior difetto della scena italiana oggi per chi la vive dall’interno?
L’incapacità di creare vere alleanze, fare movimento comune per portare avanti istanze e rivendicazioni necessarie, di cui tutti ci lamentiamo, ma poi alla fine ci richiudiamo nella difesa del poco conquistato senza fare massa critica. Negli anni Novanta, quando abbiamo iniziato, c’era più dialogo e solidarietà fra le realtà indipendenti, ora siamo tutti troppo centrati su noi stessi, e lo dico anche per le giovani generazioni purtroppo…
E il suo più grande pregio?
La capacita resiliente di reinventarsi, di trovare sempre nuovi escamotage per sopravvivere, e lo spirito da indipendenti, almeno per le realtà artistiche che sen- tiamo vicine, reinventando formati e linguaggi e anche sempre nuovi festival e spazi, spesso gestiti da compagnie con le briciole economiche del sistema teatrale. Una specificità tutta italiana che ci differenzia molto anche dal resto dell’Europa.
Il nuovo progetto è dedicato a un classico, Frankenstein, e alla sua autrice Mary Shelley: cosa rappresenta “il mostro” per voi?
I mostri proliferano sui confini, né questo né quello, negli interstizi tra le categorie. Dai margini, ci parlano. La condizione di mostruosità spesso prende la forma dell’esclusione, del respingimento anche violento. Mary Shelley è una figura inventata da zero, a partire dalla sua biografia e miscelando testi di autrici e di Ilenia Caleo, che ci ha affiancato nella drammaturgia. È il primo mostro, mostruosa è la sua immaginazione di adolescente che “inventa” la fantascienza e crea una figurazione che ancora ci parla. Mostruoso è anche il processo stesso di creazione per noi, qualcosa di inspiegabile, come lo è stato per una scrittrice che vive nella società patriarcale dell’Ottocento, un atto contro natura: “Una donna che pensa dorme con i mostri”, scrive Adrienne Rich, poeta e teorica lesbica.
Nel panorama nazionale c’è qualcuno – o qualche luogo – che consigliereste di tenere d’occhio, oggi e nel prossimo futuro?
Qui ci permettiamo un briciolo di essere un po’ “egoisti” e segnaliamo la seconda edizione della Rassegna Supernova che abbiamo inaugurato quest’anno a Rimini (con la collaborazione di Santarcangelo Festival, altra storica realtà da seguire) e che tornerà nel 2024 dal 17 al 21 aprile, abitando i vari spazi della città, dallo storico Teatro Galli al Museo della Città, alla spiaggia, con spettacoli, installazioni, e live music: a dimostrare come oggi i confini porosi fra le arti richiedano di uscire dalle caselle stereotipate in cui sono imbrigliate le creatività di tante realtà artistiche, storiche ed emergenti.
Intervista pubblicata su WU 123 (dicembre 2023)
Nella foto in alto: Motus, foto di Matteo Rinaldini
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