SESSO E MICROFONI
Il sesso è sempre un argomento “rischioso” in Italia, sia nei media sia nelle istituzioni scolastiche. Nei podcast, invece, se ne parla apertamente e spesso sono donne a farlo
di Giorgia Martini
Nel luglio del 1971, a Milano, il collettivo Rivolta Femminile divulgava il testo Sessualità femminile e aborto, che si chiudeva così: «Non si tratterà più di preparare l’incontro fra il sesso di un soggetto egemone e il suo strumento, ma tra due soggetti umani, la donna e l’uomo, e i loro sessi (con ogni prevedibile e imprevedibile fluttuazione nell’assetto eterosessuale dell’umanità)». Il primo febbraio 2024, invece, è uscito How to Have Sex, film d’esordio della regista britannica Molly Manning Walker, che ha vinto il premio Un certain regard all’ultimo festival di Cannes. Il film racconta il rapporto patologico che i protagonisti adolescenti hanno con il sesso, che si esprime nel desiderio morboso di avere un rapporto sessuale per il semplice fatto di averlo avuto e non per il piacere che esso dovrebbe generare per entrambe le parti. Il film è sul consenso, quello che la protagonista verbalmente presta (almeno in un caso), ma non verso un sano incontro fisico con l’altro, quanto verso un modello culturale malato che impone il sesso come atto emulatorio e omologante, sia nella versione predatoria di lui, sia nella versione di presunta emancipazione di lei. Oltre cinquant’anni dopo il manifesto del collettivo Rivolta Femminile, Molly Manning Walker mette in scena esattamente quell’uso oggettivante e strumentale del corpo femminile, molto distante dall’auspicato incontro tra due soggetti umani.
In più di mezzo secolo, la consapevolezza che era già almeno di una parte delle intellettuali femministe non si è mai tradotta in una reale educazione sessuale di massa. E anche in un momento in cui l’urgenza di parlare, educare, discutere liberamente di sesso e sessualità è sempre più viva, continuano a mancare spazi di dialogo e confronto aperti a tutte e tutti. L’educazione sessuale resta quindi un terreno per nulla istituzionalizzato e potenzialmente rivoluzionario, e il podcast sembra essere fra i pochi strumenti eletti per tentare l’esplorazione. Ci sono svariati podcast sul sesso in italiano, alcuni offrono un taglio più tecnico, mentre altri lasciano più spazio alla dimensione relazionale, nella maggior parte dei casi è prevedibilmente impossibile dire quale prospettiva venga adottata.
Sicuramente per tutte le domande specifiche su sesso, sessualità, orgasmi e tutti i modi per avere un rapporto sessuale sano e partecipato, il podcast di Leni, Vengo anch’io è un buon punto di partenza, così che, come lei stessa auspica, “domani sia un sesso migliore”. Gli episodi durano abbastanza per dire di aver imparato qualcosa, senza oltrepassare il limite massimo consentito e valicare la soglia dell’attenzione. Se le domande sono molto puntuali e il tempo è molto poco, Sesso e volentieri di Valentina Pontello e Samantha Anselmo, rispettivamente educatrice sessuale e ginecologa, è una soluzione ragionevole. Il target prende tanto l’adolescente che deve scegliere quale contraccettivo usare, quanto la trentenne che ha domande sul piacere anale. Federica Cacciola con Piacere mio. La storia del sesso ci ricorda come sappiamo tutto «anche del chicco di grano biologico da cui è estratta la farina macinata a pietra dei biscotti biosostenibili che mangiamo la mattina», ma spesso ignoriamo tutto della pratica che ci ha permesso di stare al mondo. Le sue sono interviste di circa un’ora, dove discute con personaggi noti di prime volte, threesome, fantasie erotiche e categorie porno predilette. Non la scelta migliore se a muoverci sono quesiti tecnici, ma sicuramente un buon modo per sfatare miti e tabù. Se il sesso è un argomento che irrigidisce, Ars amandi. Non chiamiamoli preliminari è un buon lubrificante. Tra poesie interpretate e orgasmi felici, il podcast di Violeta Benini e Ivan Schisano è simile a una seduta di mindfulness. Del resto come diceva Patrizia Valduga, sesso e poesie «hanno entrambe una funzione erogena e quindi ansiolitica».
A questi se ne aggiungono altri, con format più o meno simili, ma l’assenza quasi totale di una reale cultura sessuale, almeno nel nostro Paese, apre letteralmente a infinite possibilità di approfondimento. Probabilmente la mancanza di punti saldi e una base di consapevolezza comune su queste tematichè fa sì che l’esplorazione attraverso i podcast resti ampia, nel tentativo arduo di toccare tutti gli argomenti per colmare ogni carenza. Senza quindi commettere l’ingenuità di sottovalutare il potere trasformativo dei podcast, sarebbe forse altrettanto ingenuo credere di poter delegare soltanto a questi creativi il ruolo di Indiana Jones del pianeta sconosciuto della sex education.
Articolo pubblicato su WU 124 (febbraio 2023)
In alto: foto di Sebastian Pandelache da Unsplash
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