SEPOLTI NELL’IPERNICCHIA
La convergenza fra algoritmi che propongono contenuti su misura e intelligenze artificiali generative sembra puntare verso un futuro in cui ognuno di noi vivrà in una nicchia fatta di prodotti culturali rivolti a un unico fruitore
di Marco Agustoni
«Assistente, crea una serie tv secondo i miei gusti». Al momento una frase del genere potrebbe sembrare tratta da un libro (o una serie tv, per l’appunto) di fantascienza, ma a breve potrebbe trasformarsi in realtà. Dopotutto, viviamo in un presente sempre più ritagliato su misura, grazie agli algoritmi via via più sofisticati che regolano i social network e le app in modo che si adattino in ma- niera automatica alle nostre preferenze. TikTok, il “re social” del momento, deve una buona parte della sua fortuna proprio all’efficienza nel proporre contenuti ritagliati su ogni singolo utente. E i feed di notizie ci propongono solo le news di nostro interesse, preferibilmente allineate rispetto alla nostra visione della società e del mondo.
Insomma, riceviamo a domicilio solo quello che ci piace, con tutti i pro e contro del caso. Da un lato è come se potessimo indossare un abito tailor-made di una comodità irraggiungibile per i modelli standardizzati. Dall’altro, ovviamente, non vediamo oltre l’orizzonte della nostra personale bolla. Fin qui niente di nuovo: è da alcuni decenni che ci stiamo abituando alla frammentazione e personalizzazione della fruizione culturale. Ma con la prepotente entrata in scena delle intelligenze artificiali generative, in grado di creare contenuti specifici (testi, immagini, video…) di buona qualità in pochi secondi, il processo rischia di subire un’accelerazione inaspettata.
Certo, per il momento le funzionalità di ChatGPT, MidJourney e compagnia sono ancora limitate, e non sempre i risultati sono ottimali. Anzi, spesso i detrattori delle AI si divertono proprio a sottolineare l’inaffidabilità di questi strumenti. Ciò di cui però non si rendono conto è che molti di questi tool sono ancora in una “fase Beta”, per cui hanno dispiegato solo una piccola parte del loro potenziale. Nei prossimi anni (anzi, mesi) assisteremo a un sostanziale incremento nella potenza generativa delle intelligenze artificiali. E a un’estensione del loro raggio d’azione. Al momento, per esempio, per quanto riguarda i video le AI sono solo in grado di creare filmati piuttosto semplici, ma è possibile prevedere che in un futuro molto prossimo saranno in grado di produrre in poco tempo interi film. E magari anche altri tipi di prodotti culturali complessi, come i videogiochi.
Accoppiare una simile potenza creativa con la capacità di individuare e assecondare le preferenze di ogni singolo utente significa creare uno scenario in cui diventa possibile generare in poco tempo prodotti culturali su misura per tutti. «Assistente, sviluppa un videogioco sparatutto in prima persona con i personaggi dei miei cartoni preferiti». «Assistente, produci una serie thriller autoconclusiva con una protagonista femminile ambientata in Nuova Zelanda». Se internet e poi i social network hanno permesso a persone in connessione da tutto il mondo di trovare la propria nicchia, superando le limitazioni di una modello generalista, che proponeva a tutti quanti (quasi) gli stessi contenuti, impostati per forza di cose su una “media ponderata” dei gusti collettivi, ora i nuovi sviluppi tecnologici ci hanno permesso di andare oltre le nicchie. Stiamo per entrare nell’era delle “ipernicchie”, in cui ognuno è una “nicchia individuale”, basata esattamente sui propri gusti. Ancora una volta, con i pro e i contro del caso.
Seguire Beverly Hills in televisione, per chi è cresciuto negli anni Novanta, solo perché non c’era di meglio a disposizione, poteva risultare frustrante. Molto più allettante avere un menu di infinite opzioni fra cui scegliere. Se poi queste opzioni sono modellate esattamente sui nostri gusti, meglio ancora. Tuttavia, è proprio la fruizione dei medesimi prodotti culturali a creare un senso di identità e di comunità fra le persone. Se vengono meno i riferimenti condivisi, vengono meno anche i punti di contatto con gli altri. La capacità di parlare la stessa lingua. Nel discutere dell’episodio di Twin Peaks andato in onda la sera prima, a scuola eri sicuro di essere compreso, di creare una forma di comunicazione con qualcuno. Già attualmente questa garanzia è compromessa dai tempi asincroni dello streaming, ma quantomeno nelle settimane successive alla pubblicazione dello Squid Game di turno puoi infiltrarti facilmente in un flusso comunicativo di portata collettiva.
Più ci chiuderemo su noi stessi, più questa possibilità verrà meno. Perché nessuno ti comprenderà quando parlerai della settima stagione di Serie animata cerebrale alla Bojack Horseman, ma con i personaggi che sono dei sassi parlanti, confezionata apposta per te dalla tua AI dedicata all’intrattenimento. Con il venire meno di un’esperienza collettiva, rischierà di venire meno il già compromesso senso di comunità. E ci ritroveremo tutti a vivere felicemente sepolti nell’ipernicchia.
Nella foto in alto: foto di Pexels da Pixabay
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