IL MAGO DEL GELATO – MUSICA DA GUARDARE
La band milanese che, tra brani intensi e live incendiari, ha costruito un immaginario sonoro e visivo in continua oscillazione tra vibe retrò e freschezza contemporanea. E ora arriva il primo album in studio, Chi è Nicola Felpieri?
di Gian Mario Bachetti
Giri di basso lascivi, synth e fiati vellutati, chitarre affilate, drumming e percussioni erotiche. Questo è Il Mago del Gelato. Band milanese che negli ultimi anni si è fatta notare per live incendiari e un sound che mescola il jazz e il funky con l’afrobeat e lo manteca con un sound che sembra uscito dalle colonne sonore anni Sessanta e Settanta. Giovanni Doneda, Ferruccio Perrone, Pietro Gregori e Alessandro Paolone, a cui in studio si aggiungono Elia Pozzi, Martina Campi, Alessio Dal Checco, iniziano a suonare insieme durante il Covid. Quando Milano era in zona gialla, decidono di vedersi in una sala prove e partono con una jam. La session finisce alle sei di mattina e i quattro sono sicuri di una cosa: c’è una nuova band in città. Anticipato dai brani Granturismo, Tic Tac e In punta di piedi, il 14 marzo è uscito per Dischi Numero Uno, il loro primo disco: Chi è Nicola Felpieri?, prodotto da Marquis e con le collaborazioni di Venerus, Le Feste Antonacci e Mélanie Chedeville.
Togliamo subito l’elefante dalla stanza. Chi è davvero il Felpieri?
Nicola, il Felpieri, è il protagonista inconsapevole che lega il nostro album con una trama costruita dall’immaginazione di chi lo ascolta. Il titolo si pone volutamente con un interrogativo e non dà volutamente una risposta. Ascoltando la nostra musica ognuno di noi può impostare una narrazione e immaginarsi il suo “film” attraverso gli indizi e le suggestioni sparse nei vari brani. Per noi il legame tra musica e immagine è molto importante e ci siamo posti l’obiettivo di incorag- giare l’immaginazione dei nostri ascoltatori.
Sentendovi, si capisce immediatamente che siete un gruppo da saletta. Quanti dei vostri brani nascono da jam session? Qual è il vostro processo creativo?
I nostri brani nascono prevalentemente in sessioni di improvvisazione e scrittura collettiva in studio, con gli strumenti in mano. Segue una fase di arrangiamento e rifinitura in cui viene coinvolto attivamente Marquis, per poi arrivare con la formazione al completo in studio di registrazione. Ci piace lasciare sempre un margine creativo di interpretazione a quelle che sono le idee di arrangiamento, dando spazio alla creatività di tutti i musicisti che collaborano con noi.
Venite da un percorso simile, ma con background diversi. Quali?
Tutti siamo cresciuti in un ambiente stimolante dal punto di vista creativo e musicale, in primis grazie alle nostre famiglie ma anche grazie ad amici e colleghi che ci hanno sempre accompagnato. Alcuni di noi hanno studiato musica insieme, altri si sono trovati nell’ambiente musicale di Milano. Il luogo che ci ha uniti definitivamente come “Il Mago del Gelato” è stato lo studio La Sabbia. Il ritmo afro-beat è stato il denominatore comune, insieme alla volontà di creare della musica che fosse coinvolgente. Condividiamo anche la passione per le colonne sonore dei grandi compositori di musica per film e per il cinema italiano anni Settanta: è stato abbastanza naturale unire queste due ispirazioni. Ognuno, poi, ha portato il proprio gusto e un bagaglio d’esperienza. È stato ed è un percorso: stiamo via via esplorando mondi musicali diversi, che provengono da ognuno di noi oppure che ci affascinano per caratteristiche in comune.

La cover di ‘Chi è Nicola Felpieri’, il nuovo disco de Il Mago del Gelato
Prima di sapere che fosse ispirato a una “storia vera”, cioè il nome della gelateria davanti alla sala in cui provavate, quando ho sentito il vostro nome per la prima volta, ho pensato subito al prog italiano anni Sessanta e Settanta (o comunque a una rivisitazione scherzosa), e anche nelle sonorità mi sembra ci sia qualche eco. È uno stile che vi influenza?
Il prog italiano è sicuramente un riferimento che condividiamo e ci piace. Fa parte della ricerca musicale di alcuni di noi e si può ritrovare nella nostra musica in alcuni suoni e idee di arrangiamento. Questo genere ha rappresentato per tutti di noi una tappa importante nel percorso formativo, anche se in modi e tempi diversi. Alcuni dei musicisti simbolo di quel momento sono di grande influenza e ispirazione.
Tra i vostri riferimenti ci sono l’afrobeat, il jazz e il funk, per quel che possono significare delle etichette così ampie, ma anche le colonne sonore di Piero Umiliani. Se doveste identificare gli elementi più di contemporaneità, quali sarebbero?
I nostri riferimenti spesso appartengono al passato ma abbiamo uno sguardo attento a tutta la musica che ci circonda oggi. E ne siamo fortemente influenzati sotto diversi aspetti: l’approccio alla produzione è situato nel presente, sia nella modalità realizzativa, sia nella forma. Ci piace il suono della voce contemporanea e ci piace utilizzare tecnologie come l’autotune o il vocoder insieme alla voce e ai cori. Percepiamo attuale anche il nostro approccio alla scrittura dei testi e in generale ci percepiamo contestualizzati a pieno nella nostra era.
A proposito di testi: rispetto ad altri progetti italiani sembrano un aspetto secondario del vostro stile, ma lo sono davvero?
I testi non sono un aspetto secondario del nostro stile, anzi, spendiamo molte ore insieme a scriverli. Anche in questo caso nascono insieme, sulla base di suggestioni o idee che in qualche modo devono essere condivise. Spesso ci vuole molto più tempo a scrivere i testi che la musica!
Prima parlavamo di colonne sonore e di immaginarsi il “proprio film”. Da band molto “visiva”, qual è il vostro immaginario cinematografico di riferimento?
La nostra musica è un connubio tra Tarantino, Dario Argento, Lupin III e l’Ispettore Coliandro.
Sempre a proposito del “legame tra musica e immagine”, anche le copertine dei singoli sono tutte molto coerenti tra loro, con uno stile parecchio codificato. Quanto l’impianto grafico è legato alla musica e come?
Tutto l’aspetto grafico dell’album e dei singoli è stato curato da Studio Fon Fon. In questo progetto, c’è stata una particolare sinergia tra noi e loro nel concretizzare l’immaginario e l’estetica che avevamo in mente all’inizio.
Se poteste scegliere un musicista di qualsiasi epoca per jammare, chi sarebbe?
È sempre mancato un trombettista nella nostra formazione e, se dobbiamo proprio scegliere, vorremmo suonare con il king: Miles Davis.
Nelle foto: Il Mago del Gelato, foto di Michele Rossetti e Mattia Chicco