RAPTUZ – TRENT’ANNI DI WRITING
Mentre il writing negli anni Settanta proliferava per le strade di New York, anche l’Italia iniziava ad annoverare i primi proseliti con crew come TDK. Tra i fondatori c’era anche Raptuz che, della sua abilità con gli spray, oltre a fare scuola, ne ha fatto una carriera. Da vandalo a esponente di un movimento artistico ormai planetario
di Monica Codegoni Bessi
Non sempre i writer sono stati considerati artisti. Anzi, il writing – una delle quattro discipline dell’hip hop insieme al mcing, il djing e il b-boying – ci ha messo non poco a raggiungere la legittimità odierna. I subway artist newyorkesi sono stati braccati dalle forze dell’ordine, condannati dalla legge e dal buon senso civico per imbrattare con disegni astrusi e scritte incomprensibili muri della città e vagoni della metropolitana: la strada era scenario dove esprimere la propria creatività agli occhi di chiunque. Ma sono stati anche in grado di destare attenzione per la complessità, la bravura nella cura e la precisione tecnica nella realizzazione dei loro pezzi. Una su tutti Martha Cooper, fotografa americana celebre per aver documentato dal 1975 la scena underground internazionale dei graffiti. A lei la urban culture deve molto: se non se ne fosse interessata, probabilmente molti oggi non potrebbero vivere questa espressione artistica su altri supporti in piena legalità, mostrando il proprio talento con la bomboletta alla luce dei riflettori. Oggi molti writer grazie alla loro visione creativa sono approdati nella comunicazione, nel design e nell’abbigliamento: la tendenza artistica della street art influenza il cinema, la video arte, le tecniche pubblicitarie e la moda. Molti, integrati nel sistema convenzionale del mercato dell’arte, devono il loro valore ad esperienze precedenti, spesso formalmente illegali. Uno di questi, in Italia, è Luigi Maria Muratore aka Raptuz, in mostra alla Avantgarden Gallery di Milano fino al 7 gennaio.
Come e quando hai iniziato?
Nel 1987 abitavo a Rodano e insieme ad Asso, uno dei primi skater di Milano che frequentava il Muretto (luogo storico di ritrovo della scena hip hop milanese, NdR) a causa della mancanza di attività alternative, abbiamo iniziato a “pittare”. Poi, sapendo disegnare e non facendo solo tag, da vandalo a grafico e fumettista il passo è stato naturale: le prime commissioni sono diventate sempre più importanti. Ora lo street artist è un lavoro che attira molti ragazzi, ma all’epoca non era affatto così.
Quindi incarichi per negozi sempre più grossi, i quadri per i clienti, le mostre…
High Frame Rate alla Avantgarden Gallery è la mostra celebrativa dei miei trent’anni di attività. Tra le opere esposte c’è quella del 2013 per la Biennale di Venezia, ma anche una selezione di immagini vintage, tra cui il “primo crimine”. È difficile avere testimonianza dei primi muri: il digitale non esisteva e documentavamo con le macchine fotografiche usa e getta. Un immenso archivio storico è andato perduto. Ora è tutto diverso grazie agli smartphone e a internet. Il mercato dell’arte urbana è globale grazie al web e ho fatto mostre all’estero, a Miami e Strasburgo: la percezione è diversa, c’è più cultura e conoscenza rispetto all’Italia, quindi per molti aspetti preferisco esporre oltre confine.
Come è cambiata nel tempo la tua cifra stilistica?
Sono in continua evoluzione. Da appassionato del Futurismo ho consolidato, scoprendo risultati anche inaspettati, una tecnica esclusivamente mia, altamente riconoscibile, la broken window futurism, caratterizzata dalla scomposizione di forme e colori. Ispirandomi per i soggetti al cinema e ai fumetti utilizzo solo spray, scotch di carta e bisturi. Posso adottare questa tecnica sul muro e sulla tela, che però richiede più tempo. Di conseguenza, realizzare una mostra personale con un numero sufficiente di opere non è cosa immediata.
Ma tu non sei solo artista…
Collaboro inoltre con Loop Colors, brand dell’azienda Italgete che in passato ha realizzato gli spray per il marchio Kobra. A fine gennaio saremo a Creative World a Francoforte, la più importante era di settore per le belle arti: ci si trovano pennelli, tele e ora anche spray per graffiti. Mi occupo di sviluppo prodotto e materiali, eventi e marketing. Siamo tra i quattro top player mondiali per le vendite.
Il writing è quindi “più legale” oggi?
Dipende certo da cosa fai e dove. La percezione comune è cambiata, in passato non avevi spazi e li rivendicavi anche illegalmente. Ora c’è tutto: spazi, promozione e materiali. Non è più necessario fare bombing per mostrarti al mondo, è diventato una sorta di sport estremo di adrenalina. Prima c’erano le fanzine di difficile reperimento, ora con le foto digitali e Internet tutto è in real time. Ci sono molti giovani bravissimi, alcuni più con i social network che a dipingere, e viceversa. Ma ora è più facile imparare, grazie all’evoluzione tecnologica frutto di una ricerca “da NASA”. È un mercato che si evolve velocemente, in crescita esponenziale. La domanda è alta, quindi l’offerta si adegua: gli spray sono di più semplice utilizzo e puoi fare cose impensabili in precedenza. C’è molta competizione: in una scena dei graffiti globale, la sfida è offrire con credibilità il prodotto migliore in qualità al prezzo più basso.
Intervista pubblicata su WU 84 (dicembre 2017 – gennaio 2018)
Dello stesso autore
Monica Codegoni Bessi
STYLE | 23 Luglio 2024
SAKE – ISPIRAZIONE ANCESTRALE
STYLE | 9 Maggio 2024
MARCELLO PIPITONE – METROPOLITAN COUTURE
STYLE | 8 Febbraio 2024
FLORANIA – THE RIGHT APPROACH
STYLE | 14 Dicembre 2023
LAGOS SPACE PROGRAMME – TRA PASSATO E FUTURO
INTERVIEWS | 11 Maggio 2023
TURBOJAZZ – TWENTY AND COUNTING