I NUOVI GIOCHI DA TAVOLO E LA RIVINCITA DELL’HOMO LUDENS
Da I coloni di Catan a Progetto Gaia, passando per Dixit, i giochi da tavolo vivono un momento di grazia e sono riusciti a conquistare il grande pubblico. I motivi sono tanti, ma uno è più importante degli altri: sono progettati meglio
di Marco Agustoni
Considerati per lungo tempo roba da ragazzini, da abbandonare in età adulta a favore di passatempi più seri, o meri prodotti da nerd, negli ultimi anni i giochi da tavolo sono riusciti a conquistare fasce di pubblico un tempo “ostili”. I perché di questa rinnovata popolarità sono molteplici e fornire un’unica risposta sarebbe riduttivo. Ma ci sono alcuni fattori che hanno contribuito in maniera rilevante.
Innanzitutto, negli ultimi anni film e soprattutto serie tv hanno sdoganato la geek culture, per cui non è più un motivo di onta parlare di Dungeons & Dragons nello spogliatoio di una partita di calcetto, perché ci giocano anche i protagonisti di Stranger Things, così come non è più necessario nascondere il proprio amore per Iron Man, perché mezzo mondo fa la la al cinema per vedere Robert Downey Jr. in costume da supereroe. In secondo luogo, la diffusione dei dispositivi mobili e la pervasività dei social network hanno portato, come reazione, a un bisogno maggiore di occasioni di socializzazione vis à vis. Infine, e forse questo è il nodo cruciale, negli ultimi anni stanno uscendo giochi da tavolo che sono semplicemente pensati meglio.
L’esempio principe è rappresentato dal classico Monopoly, uno dei giochi da tavolo più venduti di sempre, ma che a ben vedere risulta… noioso. Il motivo? È progettato nel modo “sbagliato” sotto diversi punti di vista: punto uno, la sorte ha un ruolo troppo importante, perché a determinare l’esito della partita è soprattutto il tiro dei dadi, il che non consente di elaborare molte strategie; punto due, ci sono alcune scelte (o meglio, immobili) che sono sempre convenienti, mentre un gioco dovrebbe offrire molteplici alternative per arrivare alla vittoria; punto terzo, è un gioco a “vantaggio incrementale”, in cui chi parte bene si ritrova nella posizione di aumentare agevolmente il distacco e ha molte probabilità di vincere, mentre per mantenere vivo l’interesse di tutti i giocatori dovrebbe accadere il contrario.
I giochi da tavolo recenti sono invece progettati per offrire un’esperienza più profonda e longeva. Inoltre, in molti casi sono al contempo facili da imparare e da giocare a un livello “base”, così da essere accessibili pure ai casual gamer, ma consentono anche un approccio complesso, più adatto agli appassionati. Esempi di successo sono Carcassonne, in cui bisogna costruire un tratto di paesaggio medievale comprensivo di città, strade e campagna a discapito di quelli degli altri giocatori, I coloni di Catan, in cui l’obiettivo è la colonizzazione di un’isola, Progetto Gaia, seguito di Terra Mystica dove in palio c’è la conquista di un universo composto da sette pianeti con 14 fazioni in lotta tra loro, e Ticket to Ride, in cui invece si compete per costruire tratte ferroviarie in diversi scenari.
I summenzionati esempi rimangono però piuttosto “classici” nella struttura, mentre di recente si sono diffuse anche tipologie diverse di giochi in scatola. Un filone particolare non fa competere i giocatori tra di loro, ma li spinge a collaborare per combattere contro il gioco stesso. Il più celebre fra questi titoli è senza dubbio Pandemic, in cui una serie di personaggi devono unire le forze per arginare quattro epidemie. E ci sono anche esempi più “tecnologici”, come Xcom, in cui si lotta per respingere un’invasione aliena, le cui dinamiche sono però gestite da una app.
Ci sono poi i giochi di tipo legacy: ancora una volta, un ottimo esempio viene proprio da Pandemic, o meglio Pandemic: Legacy. La particolarità sta nella creazione di una vera e propria storyline unica per ogni singola partita, che consiste in 12 diverse sessioni di gioco, ognuna delle quali ha conseguenze permanenti sulle successive. Non solo. A livello teorico Pandemic: Legacy dovrebbe essere giocato una volta sola, da un lato perché gli spoiler, proprio come in un libro o in un lm, renderebbero differente una seconda fruizione, dall’altro (e qui sta la particolarità) perché alcuni avvenimenti lasciano un segno irreversibile: la ribellione di una città va segnalata sul tabellone con uno stampino, la morte di un personaggio è decretata strappando la sua carta e così via. In questo modo, il coinvolgimento dei giocatori è portato a tutto un altro livello.
Sono molto apprezzati, inoltre, i giochi in cui ci sono poche regole, mentre sono necessari creatività e pensiero laterale. In Dixit, tanto per citare uno dei più noti, il giocatore deve dare una definizione di una carta con un disegno polisemico, che sia abbastanza evocativa e centrata da farla individuare ad almeno un giocatore, ma non così scontata da farla indovinare a tutti quanti. Insomma, è la rivincita dell’Homo Ludens di Johan Huizinga, secondo cui il gioco è alla base di ogni forma di organizzazione sociale. Siamo sicuri che, sbirciando tra gli scaffali di un qualsiasi negozio di settore, lo storico olandese sarebbe contento come un bambino.
Articolo pubblicato su WU 89 (giugno 2018). Segui Marco su Facebook
La foto in apertura è di Mateus Zajda
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