CODY CHESNUTT – SPREAD THE LOVE
Nuovo disco in arrivo per il cantante originario di Atlanta, di cui ci ha dato un’anticipazione nel suo mini tour europeo dello scorso autunno. Un lavoro ispirato a un libro che lo ha rimesso in contatto con la sua spiritualità più profonda e con il “divino amor”
di Enrico S. Benincasa
Incontriamo Cody ChesnuTT in un hotel milanese lo scorso novembre nel giorno delle presidenziali americane. Rompiamo il ghiaccio chiedendogli proprio dell’esito della contesa per la Casa Bianca e ci risponde un po’ abbottonato – «Sono fiducioso che il Paese sia in grado di prendere la decisione migliore per il suo futuro basandosi sui suoi valori» – ma tra le righe si capisce che Trump non gli piace per nulla. Quando iniziamo a parlare di musica e del prossimo disco atteso per la primavera, però, ci racconta tutto senza particolari filtri, a partire da quella sorta di “Vangelo apocrifo” da cui è nato il concetto attorno al quale ruota la sua ultima fatica in uscita in primavera.
Come sono andati questi cinque concerti europei? C’è stato spazio anche per degli inediti immagino…
È stato bello: sto suonando nuove canzoni con una nuova band e ci vuole un po’ di tempo per far funzionare al meglio le cose dal vivo, ma siamo contenti di come sta andando. La risposta da parte del pubblico è stata ottima, c’è grande connessione con chi è venuto a vederci ed che è quello che voglio durante tutto lo show. Questo è un tour di “riscaldamento”, dato che in primavera è prevista l’uscita del tuo nuovo album, My Divine Love Degree, di cui abbiamo già potuto ascoltare due singoli, Bullets in The Streets And Blood e I Stay Ready. Il titolo è focalizzato sull’amore divino, quello più grande, è un invito ad applicarlo alla vita di tutti i giorni, nella relazione con la persona che ami, in famiglia o nella tua comunità. Vorrei che questo concetto fosse d’ispirazione per tutti: ognuno dovrebbe trovarlo nella sua vita e capire poi come diffonderlo nella maniera più autentica.
Il disco si ispira a The Acquarian Gospel of Jesus the Christ, un libro scritto nel 1910 che parla di un giovane Gesù che viaggia per il mondo. Come ti sei imbattuto in quest’opera?
Mi è stato dato da un mio amico, che a sua volta lo aveva ricevuto da sua madre. Sapeva del mio grande interesse per ciò che riguarda la spiritualità e me lo ha donato. Non l’ho divorato, a dire la verità lo sto ancora leggendo. Mi capita spesso di riaprirlo e rileggerne dei brani in particolare quella in cui Gesù sta studiando in Egitto. Ci sono passaggi che mi hanno fatto riflettere molto su come posso elevare il mio grado di “amore divino”.
Ma è venuto prima l’incontro con questo libro o l’idea di fare il disco?
Il libro. Come ti dicevo, continuo a rileggerlo e più ci sto sopra più mi rendo conto di come l’amore divino sia qualcosa con cui sono cresciuto. Ho pensato che a questo punto della mia vita fosse giusto metterlo al centro di un progetto.
Dove hai registrato l’album?
Le registrazioni iniziali le ho fatte in Florida, poi ho fatto programming e mixing con Raphael Saadiq a Los Angeles, che ha suonato anche il basso in alcuni pezzi. Il disco è stato co-prodotto da me e Twilight Tone. Ci siamo incontrati da Kanye West e si è subito creata chimica tra noi. Gli ho chiesto di lavorare all’album e lui ha subito accettato. Ci è voluto un anno, ma sono soddisfatto.
Un’esperienza diversa da quella dei Royal Studios di Memphis, dove avevi registrato il tuo secondo disco con una band di dieci elementi…
Sì, ma con questo album sono tornato a suonare tutti gli strumenti. Per me è stato come ritornare alle origini del mio modo di creare. Ho iniziato questo disco in modalità “tabula rasa”, senza un’idea precisa, con la sola voglia di divertirmi.
Qual è il tuo rapporto con gli strumenti musicali? Siamo abituati a vederti sempre con una chitarra in mano, ma sei un polistrumentista, giusto?
Sì, la batteria è stato il mio primo strumento, poi sono arrivati il piano e la chitarra. Utilizzo sempre la stessa, una Gibson hollowbody. È la mia preferita, il manico è perfetto per la mia mano. Mi piace scrivere e anche cantare al pianoforte, però la maggior parte delle mie canzoni le ho composte con la chitarra, mi è più facile trovare delle progressioni di accordi. Alle volte, poi, le porto sul piano, ma la chitarra è il primo strumento che prendo quando sono pronto.
Che ne pensi del momento attuale della black music?
Anderson .Paak non lo conosco benissimo, ne ho sentito parlare circa un anno fa. Per quello che ho sentito, però, devo dire che ha un sacco di talento ed è very soulful. Inoltre è molto prolifico come musicista. Poi, se si parla di talenti della black music, non si può non nominare Frank Ocean. Mi piace molto anche il disco di Solange, dove proprio Sadiq ha registrato le parti di basso. Vedo una maturazione generale degli artisti che si muovono su territori soul, riescono a essere più “intimi” e a esprimersi a un livello più profondo. Verrà certamente tanta buona nuova musica nei prossimi cinque-dieci anni, non ho dubbi.
Intervista pubblicata su WU 75 (febbraio 2017)
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