TROPPO IN FRETTA
La fotografa e attivista americana Diane Tuft ha toccato con mano gli effetti del riscaldamento globale. Il suo reportage dall’Artico svela un paesaggio naturale in profondo e drammatico mutamento. Dove prima era solo ghiaccio, ora è acqua
di Marzia Nicolini
«Dal 1998 documento la bellezza e la fragilità dell’ambiente che ci circonda», racconta la fotografa, artista e attivista americana Diane Tuft nella sua biografia. Il suo ultimo progetto ne è la prova: raccolto nel libro The Arctic Melt. Images of a Disappearing Landscape (edizione internazionale di Assouline), è un reportage bellissimo e drammatico. Testimonianza del rapido e preoccupante scioglimento dei ghiacci in corso in tutto il Circolo Polare Artico. Una realtà che Diane ha catturato con la sua macchina fotografica.
La questione, checché ne dica Donald Trump, noto negazionista quando si tratta di cambiamento climatico, è seria e, anche grazie all’opera di fotografi e reporter impegnati come Diane, è oggi sotto gli occhi di tutti: la regione artica si sta riscaldando ben più velocemente rispetto al resto del pianeta (in particolare il periodo più caldo per l’Artico caduto negli ultimi dodici anni, con un picco nel 2016). Diane Tuft non è estranea al tema: la sua precedente pubblicazione, Gondwana: Images of an Ancient Land (sempre di Assouline), era infatti dedicata all’Antartide e agli effetti delle radiazioni ultraviolette e infrarosse sul paesaggio glaciale, ma ancora prima – nel 1998 – era rimasta così affascinata dalle forme perfette e pure di occhi di neve e ghiaccio da dedicargli centinaia di fotogra e, per lo più scattate in Colo- rado negli Stati Uniti.
Con Arctic Melt le intenzioni sono ben chiare fin dall’inizio: documentare in maniera imparziale quel che sta accadendo, rendere noto a tutti lo status quo delle terre più a nord, sfruttando la potenza visiva che solo la fotografia possiede. Nelle sue tappe estreme – prima alle isole Svalbard, note per essere le terre abitate più a nord del pianeta, poi nel mezzo dell’Oceano Artico e in Groenlandia – Diane trova conferma ai suoi timori: il riscaldamento globale sta effettivamente mutando la geografia del luogo, mangiandosi chilometri di ghiacciai millenari, coprendo di acqua tratti che prima erano di solido e impenetrabile ghiaccio. «Sapevo che il ghiaccio del circolo Artico è quello che sta scomparendo più in fretta: volevo immortalare la situazione, l’ho sentito quasi come un dovere», scrive Diane nell’introduzione al suo libro. «Ero già stata in queste terre: penso agli statuari iceberg che avevo visto nel 2007 e che oggi si sono ridotti alla metà della loro altezza. Penso all’acqua azzurra che ora invade le super ci ghiacciate, sempre più sottili e fragili. Questo libro vuole essere una testimonianza visiva del paesaggio effimero e in transizione dell’Artico: una bellezza impressionante e insieme una tragedia sconvolgente. È una situazione che va affrontata subito, sviluppando un movimento ambientalista».
A dire la sua nella parte introduttiva del volume è anche il celebre esperto di clima americano Joseph Romm, inserito da “Rolling Stone” tra le persone destinate a cambiare gli Stati Uniti (in meglio, aggiungiamo noi). «L’evoluzione e la sopravvivenza della nostra società dipendono dalla quantità di ghiaccio naturalmente disponibile», spiega senza giri di parole Romm, da anni attivo nella sensibilizzazione sul tema del cambiamento climatico. «Il nostro uso esagerato di fuoco, benzina, carbone e gas ha un impatto drammatico sull’ecosistema glaciale. Viviamo in un mondo con sempre meno ghiaccio e con mari i cui livelli aumentano sensibilmente, tanto che presto le coste dell’Atlantico saranno irrimediabilmente sommerse». Non si tratta di scenari catastrofisti né di deliri complottisti come alcuni si ostinano a definirli, bensì di dati di realtà con i quali sarebbe auspicabile confrontarsi subito. «In questa fase è cruciale raccontare come stanno le cose, e in questo senso il lavoro di Diane è da ammirare e diffondere – prosegue Romm – nessuna città costiera potrà salvarsi da questa situazione. Nessuna».
Il libro – va detto – è splendido e godibile al di là del forte messaggio politico e ambientalista che lo sostiene. Le fotografie di Diane sono mozzafiato, i contrasti cromatici – bianco, turchese, blu, grigio – restano impressi a lungo, mentre le profonde crepe tra i ghiacci provocano un brivido di paura ed emozione. A inframezzare gli scatti, proposti a pagina intera per non perdere nessun dettaglio degli scorci, una serie di citazioni colte, riservate, ça va sans dire, alla tematica del riscaldamento globale e al delicato equilibrio naturale. «L’Artico è un’istantanea sulla salute dell’intero pianeta», scrive la saggista americana Gretel Ehrlich, da anni ambientalista a tempo pieno e molto nota negli USA. «L’unità della natura è un fragile ponte» (Thomas Ernest Hulme); «Non avremo una società futura se distruggiamo l’ambiente» (Margaret Mead); «Non si può sfuggire alle responsabilità del domani, trascurando il presente» (Abraham Lincoln). Non si tratta di fare la morale a nessuno, ma di prendere coscienza che, come scrive Diane, «il disgelo sta andando avanti a un ritmo più veloce che mai». E a lei e alle sue fotografie non si può che credere.
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